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Geotermia, Usi Diretti: La lezione geotermica di EniScuola

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Tra le “storie geotermiche” proposte dal portale del progetto formativo di ENI spicca l’esperienza toscana

Fonte: GeotermiaNews.it

Autore: Redazione

Eniscuola è un progetto nato trent’anni fa con l’obiettivo, sempre attuale, di «formare insegnanti e ragazzi sul mondo dell’energia e dell’ambiente». Rafforzato da un protocollo d’intesa siglato col Miur nel 2010, oggi «il punto di forza del progetto è il portale eniscuola.net», dove l’ultima lezione dedicata a “energia e ambiente” –dal titolo Racconti geotermici: cosa ce ne facciamo dell’acqua calda?– offre una panoramica sulle varie possibilità offerte dal calore della Terra, proponendo quattro “storie geotermiche” come per mostrarne in concretezza i possibili impieghi.

Uno dei casi studio proposti affonda le proprie radici nella Toscana in quella che è nota come “Area Geotermica Tradizionale”, dove, alla metà del XIX secolo, ebbe inizio l’avventura industriale di questa fonte energetica rinnovabile.

Nel cuore della Toscana, nel Comune di Monterotondo Marittimo, a pochi chilometri da Larderello,” leggiamo infatti “la tradizione casearia e la tradizione geotermica hanno unito i propri sforzi nell’azienda agricola San Martino, che produce i suoi formaggi con il latte di pecore massesi allevate allo stato brado nel raggio di 300 chilometri, per un totale di 50 mila quintali di latte, 40 mila forme di pecorino e 20 mila ricotte”.

“Considerando che i processi di produzione, stagionatura e conservazione dei formaggi richiedono ingenti quantità di energia tanto per scaldare quanto per raffreddare –spiegano da eniscuola– l’azienda ha pensato di ridurre i propri costi di produzione approfittando della presenza della centrale geotermoelettrica che porta lo stesso nome: San Martino. Nel processo di produzione di elettricità attraverso le turbine azionate dal vapore, le centrali geotermiche hanno come sottoprodotto una discreta quantità di calore residuo che spesso non viene utilizzato. Ed è proprio questo calore che l’azienda San Martino ha deciso di utilizzare, riducendo così le proprie spese per il consumo di energia, spese un tempo pari a 10 mila euro (8-9% del costo complessivo di produzione)”. Un calore che arriva attraverso un vapordotto appositamente realizzato.

Eppure, per quanto possa essere incredibile, quest’azienda non è un caso isolato, ma solo una delle esperienze imprenditoriali che fanno uso delle fonti rinnovabili -e della geotermia in particolare- per rendere maggiormente sostenibili i propri prodotti.

Molte di queste aziende si sono unite nella CCER-Comunità del Cibo a Energie Rinnovabili della Toscana, dotandosi di un marchio e di una filosofia che solo apparentemente sembra in conflitto con i moderni criteri di produzione così diffusi oggi nelle filiere agroalimentari industriali.

Il progetto, infatti, nasce dall’iniziativa di alcuni imprenditori agricoli che -sostenuti da CoSviG-Consorzio per lo Sviluppo delle Aree Geotermiche, SlowFood Toscana e Fondazione SlowFood per la Biodiversità ONLUS– hanno compreso come i processi produttivi potessero essere maggiormente sostenibili se alimentati da energie rinnovabili.

Ad oggi la CCER conta oltre 20 soci (tra Produttori e Sostenitori), vanta premi e riconoscimenti a livello nazionale e partecipazione a fiere di livello internazionale, collaborazioni didattiche con scuole di ogni ordine e grado, e, ancora più importante, è realizzazione concreta e vitale di una nuova filosofia nel produrre: “Buono, Pulito, Giusto…e Sostenibile”.