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Cibo, Acqua, Energia: Con La Poderina Toscana la CCER protagonista per la sostenibilità idrica

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L’azienda grossetana, membro della Comunità del Cibo a Energia Rinnovabile, al centro del progetto Terra&Acqua per promuovere la consapevolezza dell’importanza della risorsa idrica nell’economia locale

Fonte: Rinnovabili&Territorio

Autore: Redazione

Terra&Acqua, il progetto pilota nato su iniziativa di Water Right Foundation per promuovere l’importanza della sostenibilità idrica nelle filiere vitivinicole e olearie, ha valutato l’impronta idrica di tre aziende del territorio, con l’obiettivo di valorizzare la produzione di eccellenza rendendola anche più sostenibile: i risultati dello studio –condotto da giovani ricercatori della Scuola di Agraria e la Scuola di Ingegneria dell’Università degli Studi di Firenze– sono stati presentati a Firenze durante una conferenza stampa organizzata da Water Right Foundation, CERAFRI (Centro per la Ricerca e l’Alta Formazione per la prevenzione del Rischio Idrogeologico, società partecipata dall’Università degli Studi di Firenze) e QuàlitaMagazine.

Tra le aziende protagoniste anche La Poderina Toscana, che della sostenibilità ha fatto un tratto distintivo: iscritta tra i membri della CCER –la Comunità del Cibo a Energie Rinnovabili fondata da CoSviG, Slow Food Toscana e Fondazione per la Biodiversità di SlowFood, La Poderina nasce sulle pendici dell’Amiata nel 1996, da un’idea di Fausto Borselli, che, rilevando dei terreni adibiti a fieno e a grano, li trasforma in oliveti e vigneti; da subito tutti i prodotti dell’azienda seguono le regole dell’agricoltura biologica certificata, e oggi l’azienda ha in dote anche un impianto fotovoltaico da 20 kw e un impianto a biomassa che recupera i noccioli di scarto derivanti dalla lavorazione delle olive producendo preziosa -e sostenibile- energia elettrica e termica.

Insieme alla Poderina hanno collaborato al progetto la Fattoria Lavacchio, che porta avanti la produzione aziendale di uva, olive, grano e prodotti dell’orto secondo i dettami dell’agricoltura biologica e La Querce con i suoi quarantadue ettari coltivati a vigna e olivo nei colli fiorentini del Chianti.

«Abbiamo valutato l’impronta idrica delle tre aziende –hanno spiegato i ricercatori dell’Ateneo fiorentino– e il dato finale per la produzione di vino è in linea con i valori ottenuti da altri studi a livello europeo (un impronta idrica di circa due litri d’acqua per ogni litro di vino, ndr). Nel caso della produzione di olio, invece, si tratta di una delle prime valutazioni effettuate in assoluto».

È il caso, appunto, de La Poderina, dove l’analisi del processo produttivo ha mostrato un’impronta idrica pari a 20 litri d’acqua per ogni litro d’olio.

«Per tutte le tre aziende –spiegano ancora i ricercatori– il consumo maggiore è concentrato nella fase di lavorazione del prodotto». Una differenza particolarmente marcata proprio nel caso dell’olio: solo il 5,12% dell’impronta idrica è assorbita in fase agricola, il resto in quella di produzione (defogliazione, frangitura, imbottigliamento, packaging, etc).

Obiettivo principale della ricerca è rendere la quantità di litri di acqua che servono per produrre un litro di vino o di olio, la cosiddetta Water Footprint, un punto di partenza per promuovere la consapevolezza dell’importanza della risorsa idrica nell’economia locale. Mauro Perini, presidente di Water Right Foundation, particolarmente soddisfatto del successo dell’iniziativa, dichiara: «Siamo riusciti a porre l’attenzione sulla necessità di creare alleanze strategiche tra diversi soggetti del settore, non limitate al rapporto tra produttori e consumatori. Diventa sempre più evidente, infatti, il ruolo fondamentale di chi svolge funzioni di governo e di programmazione del territorio. Inoltre –aggiunge Perini– siamo convinti che l’intuizione che ha messo in moto il progetto ‘Terra&Acqua’ proseguirà nella direzione di attribuire valore aggiunto a quelle produzioni riconosciute come produzioni virtuose».