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Le rinnovabili italiane pensano all’estero

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Mentre il mercato italiano è in stallo, causa quinto conto energia fotovoltaico e decreto rinnovabili elettriche, gli imprenditori nostrani dell’energia pulita iniziano a guardare ai mercati esteri. Tra i più interessanti Sud Africa e Brasile ma anche altri più vicini, come Turchia e Romania. Se n’è parlato ieri a un convegno a Zeroemission Rome

Fonte: Qualenergia.it

Autore: Giulio Meneghello

Con il quinto conto energia in vigore, in Italia il mercato del fotovoltaico è praticamente bloccato, almeno fino a che non sarà raggiunta l’agognata grid parity, che non è lontana ma dalla quale ci separano più che altro alcune barriere normative, come le limitazioni di taglia sullo scambio sul posto o la mancanza di regole chiare per creare modelli di business “dietro al contatore” come i SEU. Anche per diverse delle altre rinnovabili elettriche, dopo i tagli e i nuovi lacci burocratici introdotti con il relativo decreto, la situazione è in stallo. Ecco che molti operatori stanno guardando all’estero con sempre maggiore interesse. I mercati promettenti infatti non mancano e spesso sono relativamente vicini e accessibili per le imprese italiane, che in questi anni hanno accumulato un bagaglio invidiabile di know-how. Se n’è parlato ieri pomeriggio in un convegno a Zeroemission Rome.
Molto invitanti sono Paesi come Sudafrica e Brasile. Paese emergente quest’ultimo – ha spiegato Federico Rubini di Roncucci & Partners – in cui sono molto interessanti gli investimenti in eolico e biomasse (mentre per il fotovoltaico sembra che lo sviluppo ci sarà solo in grid parity e con lo stand alone). C’è poi chi guarda più vicino, verso Sud. L’area del Nord Africa e del Medio Oriente, come ha spiegato Michele Appendino di Solar Ventures, ha diversi aspetti positivi per chi fa rinnovabili e solare in particolare: nazioni giovani e in crescita economica con una grande fame di energia e un’irradiazione che in alcune aree tocca i 2.200 kWh/kWp. Ma investire in gran parte di questi Paesi – ha spiegato il manager – non è ancora facile: i prezzi dell’elettricità sono spesso stracciati e, nonostante il grande bisogno di energia nelle ore di picco diurne, per sanare il quale il solare sarebbe l’ideale, nei confronti delle rinnovabili “c’è ancora una certa resistenza psicologica, data – spiega – dalla troppa vicinanza alle grandi risorse di idrocarburi”. Non è un caso, commenta Appendino, se progetti come il piano Desertech ancora stentino a decollare. Solar Ventures per ora sta cercando – con difficoltà – di far partire progetti in Arabia Saudita, Paese con grandi disegni per il solare (vedi Qualenergia.it), mentre ne ha già avviati in Giordania e in Turchia.
Proprio quest’ultimo Paese è al momento tra i più interessanti per chi vuole investire in rinnovabili all’estero, come è emerso dalla presentazione di Carlo Sinatra, dell’omonimo studio legale, sulle opportunità di investimento nei Balcani e areee limitrofe. Una presentazione che ha toccato i vari aspetti critici per chi vuole investire in quell’area (Albania, Grecia, Romania, Serbia, Slovacchia, Turchia). Le misure incentivanti innanzitutto (riassunte in una presentazione che è visionabile qui, pdf), che però, anche se importanti, sono pur sempre mutevoli e passano in secondo piano rispetto ad altri aspetti, sottolinea Sinatra. Per esempio la rete elettrica che, se in generale in bassa e media tensione funziona abbastanza bene, in alta tensione in questi Paesi può dare grossi problemi.
Altro punto fondamentale la bancabilità: per esempio per investire in Bulgaria, Paese che ci ha abituato a cambi repentini di normativa, è molto difficile farsi finanziare dalle banche, anche in Albania la bancabilità è scarsa. Meglio va in Turchia e in Romania, nazione quest’ultima dove sono molto attive anche banche italiane come Unicredit e Banca Intesa, assieme a molte altre tedesche e austriache.
Quali dunque i Paesi più interessanti dell’area? La Romania ha incentivi molto attraenti, che saranno ridotti dal 2014. Qui è una buona idea investire in progetti anche piccoli di biomasse e fotovoltaico e potrebbe esserlo anche nell’idroelettrico con l’imminente privatizzazione di questi impianti. Realizzare parchi eolici, al contrario, spiega Sinatra, è problematico per via della rete in alta tensione inadeguata. In Albania invece al momento rende bene l’idroelettrico ma, con la normativa attesa per fine dicembre, novità positive dovrebbero arrivare anche per le altre fonti.
Il Paese che offre il miglior contesto per le rinnovabili però, come detto, sembra essere la Turchia. Qui è un’ottima idea investire in biomasse, eolico e revamping di impianti idroelettrici, ma anche per il fotovoltaico – per ora ancora poco sviluppato – la situazione è interessante, data l’irradiazione. Ad attrarre non sono tanto le tariffe incentivanti, quanto le agevolazioni fiscali regionali che rendono vantaggioso creare imprese locali. “Una forma di incentivazione che stimola una logica non speculativa ma industriale” commenta Sinatra. Spinta da un bonus sulle tariffe per componenti “made in Turkey” la sua stessa società, con un partner, sta pensando di aprire nel Paese una fabbrica di moduli fotovoltaici.
Che certe forme di protezionismo possano riuscire ad attrarre investimenti stranieri lo mostra poi anche l’esperienza canadese del produttore di silicio e moduli fotovoltaici padovano Silfab, raccontata al convegno dal suo fondatore Franco Traverso. Stimolata dalla legge dello stato dell’Ontario, che impone di usare componenti prodotte in loco, l’azienda padovana ha avviato lì uno stabilimento per produrre moduli ad alta efficienza (linea produttiva da 180 MW e produzione effettiva di 90). Oltre ad avere come sbocco i mercato canadese, che non guarda molto al prezzo dei moduli ma più all’efficienza, lo stabilimento vuol essere un trampolino di lancio verso il mercato USA. Interessante che ora un produttore cinese come Trina, per evitare i dazi antidumping USA, stia facendo produrre moduli per il mercato americano propio nello stabilimento canadese di Silfab.