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ARPAT, anche nell’anno della pandemia le centrali geotermiche con irregolarità sono lo 0%

Nell’area del monte Amiata si registrano dati sul mercurio spesso paragonabili ai livelli di fondo naturale. In caso di picchi, si arriva a valori normalmente registrati in città

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Nell’area del monte Amiata si registrano dati sul mercurio spesso paragonabili ai livelli di fondo naturale. In caso di picchi, si arriva a valori normalmente registrati in città


L’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana (ARPAT) ha pubblicato l’Annuario 2021 dei dati ambientali, mettendo così a diposizione del grande pubblico, in modo oggettivo e comprensibile, i dati che ogni giorno raccoglie attraverso la propria attività.

L’Annuario contiene circa 100 indicatori, suddivisi in 6 aree tematiche: Aria, Acqua, Mare, Suolo, Agenti fisici e Sistemi produttivi, tra i quali spiccano le centrali geotermoelettriche toscane.

Nonostante l’emergenza Covid-19, i tecnici ARPAT hanno destinato alla geotermia la consueta attenzione, e hanno effettuati 9 controlli alle emissioni su 7 stabilimenti diversi; quattro controlli hanno riguardato l’intero stabilimento (filtro AMIS + torre refrigerante), mentre i rimanenti si sono concentrati sull’impianto di abbattimento per mercurio e idrogeno solforato (i già citati filtri AMIS, installati in tutte le centrali toscane).

Inoltre, ARPAT ha sottoposto a controllo anche gli impianti di abbattimento dell’ammoniaca presenti nelle centrali di Bagnore 3 e Bagnore 4.

A valle di questi controlli, ARPAT documenta che gli impianti geotermoelettrici con irregolarità sono lo 0%, come già confermato nel corso di precedenti rilevazioni.

«Nei 9 controlli effettuati su 7 impianti diversi, non si sono riscontrati superamenti dei valori limite di emissione per i parametri autorizzati (mercurio, acido solfidrico e anidride solforosa). Anche l’efficienza dei sistemi di abbattimento dell’ammoniaca e dell’acido solfidrico per i tre gruppi di Bagnore è risultata superiore al valore limite (minimo) di cui agli specifici Atti autorizzativi», spiegano dall’Agenzia.

Scendendo più nel dettaglio dei vari inquinanti monitorati, da ARPAT mostrano che il 100% degli impianti presenta valori inferiori al limite di emissione di acido solfidrico (H2S): «Ad oggi tutte le centrali sono dotate di un sistema di abbattimento di mercurio e di acido solfidrico presenti nei gas incondensabili, denominato AMIS, in grado di abbattere fino al 99% dell’acido solfidrico che si ripartisce nel gas in uscita dal condensatore. La parte restante di acido solfidrico si ripartisce, anziché nel gas, nelle condense, e una quota di essa viene emessa allo stato aeriforme dalle torri refrigeranti causando, talvolta, il superamento della soglia di percezione olfattiva», ovvero 7μg/m3, valore comunque molto al di sotto del limite di attenzione sanitaria stabilito dalla linea guida dell’OMS (150 μg/m3 come media nelle 24 ore).

In altre parole, avvertire il cattivo odore non significa che esista un rischio sanitario.

Anche per quanto riguarda il mercurio (Hg), ARPAT certifica che il 100% degli impianti presenta valori inferiori al limite di emissione, con un’attenzione particolare dedicata al contesto amiatino: «Le determinazioni dei livelli di esposizione da mercurio della popolazione della zona del monte Amiata, dovuti alla somma dei due contributi, componente naturale (in presenza di una significativa anomalia geologica) più la componente emissiva delle centrali geotermoelettriche, dimostrano valori molto lontani dal valore limite di cautela sanitaria stabilito dalle linee guida internazionali (WHO, ATSDR, EPA), che è di 200 ng/m3 mediato su base annua. Nell’area del monte Amiata si registrano dati spesso paragonabili ai livelli di fondo naturale, ovvero per lo più compresi fra 2-4 ng/m3 con alcuni picchi a
8-20 ng/m3».

Vale la pena osservare che questo valore limite superiore (20 ng/m3) è quello normalmente registrato in aree urbane, ovvero le emissioni di mercurio cui sono sottoposte le popolazioni dell’Amiata sono – al massimo – quelle rilevabili in media in una qualsiasi città.

Infine, il biossido di zolfo (SO2): anche in questo caso le centrali con valori inferiori al limite di emissione sono il 100%, mostrando comunque in modo assai pragmatico che l’impatto zero sull’ambiente non esiste per qualsivoglia attività industriale umana.

«La formazione di SO2 è una conseguenza dell’abbattimento dell’idrogeno solforato (H2S), a seguito della sua ossidazione catalitica, all’interno dell’impianto AMIS – spiegano infatti da ARPAT – Per evitare che il biossido di zolfo venga emesso in atmosfera, prima di uscire dall’impianto di abbattimento, viene fatto passare nella colonna di lavaggio “C2”. Qui contatta, in controcorrente, l’acqua di condensa mantenuta a condizioni di pH basico; in tal modo la SO2 si solubilizza nella condensa che rientra nel circolo di impianto».