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Geotermia: il rapporto con le emissioni di CO2 sull’Amiata spiegato da nuove ricerche

Sbrana (UNIPI): «La produzione di energia elettrica non interviene sul bilancio delle emissioni naturali di gas serra in atmosfera, anzi. Nel tempo riduce le emissioni climalteranti con la reiniezione nei serbatoi di acqua priva di gas»

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Sbrana (UNIPI): «La produzione di energia elettrica non interviene sul bilancio delle emissioni naturali di gas serra in atmosfera, anzi. Nel tempo riduce le emissioni climalteranti con la reiniezione nei serbatoi di acqua priva di gas»


Le 34 centrali geotermoelettriche presenti in Toscana non sono a “impatto zero” sull’ambiente, come del resto ogni attività umana, ma assicurano in modo sostenibileattraverso l’impiego di una fonte rinnovabile come la geotermia – la copertura di circa il 30% del fabbisogno elettrico regionale, oltre a fornire importanti quantità di calore in modo diretto per cittadini e imprese.

Le emissioni di inquinanti rilasciate in atmosfera dalle centrali vengono regolarmente monitorate dalle autorità competenti (in primis l’ARPAT) certificando il costante rispetto delle normative vigenti.

Ma per quanto riguarda la CO2?

Quella rilasciata dalle centrali è da considerarsi sostitutiva rispetto alle emissioni naturali dal suolo, oppure aggiuntiva?

Il tema è sempre stato molto dibattuto sul territorio toscano, in particolare quello amiatino, ma adesso tre nuove ricerche pubblicate (qui, qui e qui) su prestigiose riviste scientifiche internazionali offrono una spiegazione di dettaglio su questa dinamica.

Co-autore di due ricerche su tre, Alessandro Sbrana – docente al dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa – ne ha sintetizzato i contenuti con un’ampia intervista, spiegando in che relazione stanno le emissioni rilasciate dalle centrali e il naturale degassamento della CO2 dal suolo che avviene nei territori geotermici dell’Amiata.

I nuovi risultati scientifici si basano su una campagna di misure effettuate direttamente sul territorio (condotta su di un’area di 280 Km2 con 3208 misure di flusso), che è stata progettata per circoscrivere le aree di anomalia di flusso elevata di CO2 dal suolo.

In particolare, nell’area dell’Amiata sono state delimitate 4 aree di degassamento molto elevato: Bagni San Filippo e Campiglia d’Orcia, Fiume Paglia, Piancastagnaio e Bagnore.

«Il valore totale del flusso naturale di gas dal suolo su 280 Km2 di area investigata è stato stimato in 17.934 t/g (tonnellate al giorno) con un flusso di CO2 profonda di 11.037 t/g; le centrali veicolano dal serbatoio geotermico alla superficie 1418 t/g. L’emissione dalle centrali rappresenta quindi soltanto il 7,9% del flusso totale in atmosfera di gas. Quindi in sintesi il primo risultato molto importante per il dibattito in corso sulla geotermia è che, se teniamo presente lo stato naturale delle emissioni dalla crosta terrestre in quest’area, l’emissione dalle centrali appare essere quasi irrilevante. D’altra parte l’Amiata è parte integrante di una delle aree a maggiore flusso di CO2 del mondo», spiega Sbrana.

Non solo: «Dove i pozzi profondi estraggono il fluido geotermico, compresa la CO2, il flusso naturale viene drasticamente ridotto e con esso l’immissione naturale in atmosfera di gas. Questo è l’effetto dell’utilizzazione dei fluidi per produzione di elettricità: si osserva una sostituzione delle emissioni naturali superficiali da parte di quella dei pozzi che viene rilasciata dalle centrali geotermiche. Inoltre, come noto, la gestione sostenibile del serbatoio geotermico viene realizzata con la reiniezione della condensa (acqua) del vapore geotermico privo di gas che rientra in circolazione nel serbatoio. Questo progressivamente riduce il rapporto tra gas incondensabili e vapore, aspetto molto evidente nell’area tradizionale di Larderello dove la geotermia è attiva da oltre un secolo. Il risultato è che progressivamente la quantità di CO2 emessa in atmosfera nelle aree geotermiche in utilizzazione diminuisce e diminuirà ancora nel tempo».

La conclusione più rilevante di queste ricerche per il futuro della geotermia toscana è, secondo il prof. Sbrana, che «la produzione geotermoelettrica deve essere considerata ad emissioni zero perché non produce nuova CO2 nel ciclo produttivo, ma semplicemente movimenta CO2 generata in buona parte dal magmatismo profondo al di sotto dei campi geotermici e l’emissione dalle centrali è largamente compensata dalla diminuzione nell’emissione naturale dai suoli. La produzione di energia elettrica con il ciclo produttivo attualmente utilizzato induce la diminuzione drastica delle emissioni di gas serra».

In particolare, in Amiata l’emissione delle centrali in “operation” «bilancia la mancata emissione naturale di gas profondo dal suolo. Altre ipotesi non sono basate su dati o modelli di emissione numerici. Ritengo che l’affermazione che il degassamento dal suolo sarebbe più lento non sembra avere una valenza scientifica», precisa Sbrana chiarendo un punto spesso dibattuto sul tema.

«La produzione di energia elettrica – conclude dunque il professore dell’Università di Pisa – non interviene sul bilancio delle emissioni naturali di gas serra in atmosfera anzi, nel tempo riduce le emissioni climalteranti con la reiniezione nei serbatoi di acqua priva di gas, che progressivamente diluiscono i gas presenti nei serbatoi. La geotermia è una risorsa geotermica rinnovabile carbon free, perché non incrementa le emissioni di gas serra; anzi nel tempo contribuisce alla diminuzione delle emissioni naturali dovute al degassamento complessivo del nostro pianeta. Inoltre, le risorse geotermiche profonde presenti nel sottosuolo della nostra regione nell’area vulcanica amiatina e nell’area di Larderello sono talmente estese da consentire il raddoppio della produzione geotermoelettrica toscana al 2050, consentendo di coprire il 60% del fabbisogno stimato per quell’epoca senza sostanziali impatti ambientali. Abbiamo dimostrato che nelle aree geotermiche le emissioni di gas serra non incrementano, anzi diminuiscono. Anche nel caso della geotermia è necessario dare fiducia alla scienza e alla ricerca e offrire alla popolazione della regione i risultati ottenuti che rispondono alle informazioni errate che hanno purtroppo rallentato lo sviluppo di questa risorsa energetica cosi preziosa».