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È geotermico l’impianto CCS dall’aria più grande al mondo, ma i costi restano elevati

Costruito nei pressi della centrale di Hellisheiði, promette di catturare 4mila ton di anidride carbonica all’anno

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By Sigrg - Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=73839064

Costruito nei pressi della centrale di Hellisheiði, promette di catturare 4mila ton di anidride carbonica all’anno


Dopo quattro anni d’intenso lavoro, gli sforzi congiunti della start-up svizzera Climateworks e i ricercatori islandesi del progetto Carbfix – co-finanziato dall’UE – sono riusciti a dar vita a ORCA: il più grande impianto di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) direttamente dall’atmosfera.

Si tratta di un impianto a scala commerciale, in grado di catturare 4.000 tonnellate di CO2 all’anno per poi essere stoccata nel sottosuolo con la tecnologia Carbfix in vicine formazioni rocciose basaltiche, per essere trasformata permanentemente in pietra, senza dunque impattare sul cambiamento climatico in corso.

Si tratta del primo impianto del suo genere, dove la geotermia svolge un ruolo centrale. ORCA – che prende il suo nome dalla parola islandese energia, orka che significa energia – è stato realizzato vicino alla centrale geotermoelettrica Hellisheiði, ed è alimentato completamente dall’energia rinnovabile.

Inoltre, la stessa tecnologia sviluppata da Carbfix nasce per la cattura e lo stoccaggio della CO2 che si sviluppa naturalmente nel sottosuolo e viene rilasciata attraverso le centrali geotermiche (una condizione che rende meno complessa l’operazione rispetto alla cattura di CO2 direttamente dall’aria), e che adesso sta sviluppando nuovi step attraverso il progetto finanziato dall’UE, Carbfix2.

Quello compiuto in Isalnda è un grande passo avanti dal punto di vista dello sviluppo tecnologico, offrendo un’arma in più da poter aggiungere allo strumentario per contenere la corsa della crisi climatica, ma restano ancora molti passi avanti da compiere. Soprattutto sotto il profilo dell’efficienza economica.

Come sottolineano infatti da Bloomberg, 4mila tonnellate di CO2 corrispondono pressappoco alle quelle emesse mediamente ogni anno da solo 250 cittadini statunitensi, mentre la costruzione di ORCA si stima sia costata dai 10 ai 15 milioni di dollari.

Non solo: i clienti interessati a compensare le emissioni di CO2 delle proprie attività impiegando ORCA, possono pagare fino a 1.200 dollari a tonnellata, un prezzo enormemente più alto rispetto al prezzo del carbonio attualmente fissato nel mercato ETS del carbonio, pari a circa 73 dollari (62 euro), anche se questo dato si attende in crescita. Climateworks punta a migliorare notevolmente su questo fronte, abbattendo i prezzi attorno ai 200-300 dollari per tonnellata di CO2 entro il 2030, fino ai 100-200 dollari entro il 2035.

A quel punto, la tecnologia potrebbe essere effettivamente conveniente, ma nel mentre il riscaldamento globale corre veloce e l’UE ha fissato la deadline per raggiungere le emissioni nette zero al 2050. Sarà importante seguire gli sviluppi di ORCA, ma al momento la soluzione più promettente per l’impiego dell’energia geotermica resta la stessa praticata in Italia da oltre un secolo: produrre energia e calore.