Il progetto toscano “Profumi divini” punta a valorizzare scarti come le vinacce grazie all’energia geotermica, mentre il connubio tra calore della terra e litio attende di essere esplorato
La geotermia, grazie alla capacità di produrre contemporaneamente – e costantemente – sia elettricità sia calore, è una fonte rinnovabile che si presta particolarmente a sostenere una diversificazione economica nei territori che la coltivano.
Dal comparto turistico a quello agroalimentare gli esempi sono molti, e grazie alla ricerca possono ampliarsi ancora.
Ad esempio sul territorio è in corso, grazie al co-finanziamento garantito dalla Regione Toscana nell’ambito del POR FESR 2014-2020, il progetto Profumi divini – Produzione di profumi innovativi mediante distillazione di vini del territorio utilizzando risorse energetiche a basso costo.
Con capofila la Speziali Laurentiani e partner che spaziano da Geo Energy Service al Polo Tecnologico Magona, all’Università di Pisa, il progetto punta a trasformare scarti dell’industria del vino – come le vinacce – in enoprodotti di rilevante interesse commerciale (estratti polifenolici, olio di vinaccioli e alcol etilico), per i quali risultano ottime prospettive nel mercato della biocosmesi e dei prodotti per la sanificazione degli ambienti.
«Profumi divini – dettagliano dal Polo Tecnologico Magona – è finalizzato alla dimostrazione pre-commerciale di un processo innovativo di valorizzazione degli scarti della filiera vitivinicola, mediante uso di energia rinnovabile geotermica. A supporto dello sviluppo pre-commerciale, una fase di sperimentazione su impianto pilota permetterà di ottenere quantitativi di prodotti adeguati per valutazioni di qualità e di mercato, e di definire gli aspetti più innovativi del processo, in particolare quelli relativi al condizionamento degli scarti (necessari per consentirne una lavorazione non stagionale), all’interfaccia impianto/fluido geotermico, all’integrazione di operazioni con dinamiche molto diverse, alla loro automazione e controllo con tecnologie abilitanti per Industria 4.0».
Al contempo, la Regione Toscana ha co-finanziato il progetto SE2030 – che anche in questo caso vede la collaborazione scientifica del Polo Magona –, con la capofila Locatelli Saline di Volterra SpA che «intende introdurre importanti innovazioni nel proprio processo produttivo con il duplice scopo di diminuire il consumo dei reagenti e di energia ed ottenere prodotti con qualità incrementata e quindi maggior valore aggiunto (sale energetico, sale farmaceutico).
Un ulteriore obiettivo del progetto è l’introduzione nel proprio portafoglio prodotti di carbonato di litio (prodotto la cui domanda è in forte crescita in quanto materia prima fondamentale per la produzione di batterie per il settore automotive o elettronico), da estrarre dalle acque madri derivanti dalla produzione del sale, di cui rappresentano uno scarto, in linea con il modello dell’economia circolare».
Qui la geotermia non c’entra, ma in realtà il progetto rappresenta un’ulteriore testimonianza delle potenzialità che le aree geotermiche toscane presentano per la produzione di litio in modo sostenibile.
Sostenere la transizione ecologica, con la massiccia diffusione di impianti industriali per la produzione di energia rinnovabile e la rapida crescita della mobilità elettrica, significa rivedere in profondità le catene di fornitura di molteplici materie prime.
Ad esempio, a livello globale la Banca Mondiale documenta che – se vogliamo mantenere il riscaldamento globale entro il +2°C rispetto all’era pre-industriale – saranno necessari oltre 3 miliardi di tonnellate di minerali e metalli, con la sola produzione di litio che dovrà crescere di quasi il 500% molto prima del 2050.
A livello europeo, la Commissione UE stima invece un fabbisogno di litio in crescita di quasi 60 volte entro il 2050, e ha inserito questo metallo tra le materie prime critiche per lo sviluppo del Vecchio Continente.
«Non possiamo permetterci di sostituire l’attuale dipendenza dai combustibili fossili con la dipendenza dalle materie prime critiche – osserva il vicepresidente della Commissione Europea, Maroš Šefčovič – La semplice verità è che dipendiamo in gran parte da materie prime non sostenibili, provenienti da paesi con standard ambientali e sociali molto più bassi, meno libertà o economie instabili».
Sotto questo profilo, la geotermia rappresenta non solo una fonte di energia rinnovabile, ma anche una fonte d’approvvigionamento sostenibile per il litio.
Anche a Larderello sono già stati individuati giacimenti non convenzionali di litio geotermico, una chance per lo sviluppo industriale del territorio che attende di essere esplorata: «Il litio geotermico – spiegano al proposito dal Consiglio Europeo per l’Energia Geotermica (EGEC) – differisce dal litio estratto in maniera tradizionale in quanto ha un impatto ambientale quasi zero, e comporta un utilizzo marginale di acqua e suolo. I metodi di estrazione tradizionali fanno affidamento su processi di evaporazione per produrre questo prezioso metallo. Negli impianti geotermici, invece, la brina ricca di litio viene pompata in superficie direttamente dai pozzi geotermici. Il calore trasportato dalla brina viene utilizzato per produrre energia rinnovabile, mentre la brina, al netto del litio, viene reiniettata nel pozzo. Un singolo impianto di energia geotermica può, dunque, produrre elettricità, riscaldamento, raffreddamento e materie prime come il litio, con un processo a zero emissioni di carbonio. Un quadruplo vantaggio, sia in termici economici che ambientali».