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Geotermia, eolico e solare a confronto: LCA, quali perfomance per le energie rinnovabili?

Uno studio toscano incentrato sull’analisi del ciclo di vita mostra che nessuna rinnovabile è a impatto zero, ma che la geotermia «è una buona opzione per lo sviluppo sostenibile»

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Uno studio toscano incentrato sull’analisi del ciclo di vita mostra che nessuna rinnovabile è a impatto zero, ma che la geotermia «è una buona opzione per lo sviluppo sostenibile»


La nostra società è legata a doppio filo coi flussi di energia che l’attraversano e la mantengono in vita, ma non c’è modo di produrre elettricità o calore a impatto zero: l’unica energia pulita al 100% è quella che viene risparmiata, puntando sull’efficienza.

Eppure di energia abbiamo bisogno, e, anche quando si parla di energie rinnovabili, è necessario pesare vantaggi e impatti ambientali per trovare la quadratura del cerchio.

In quest’ottica l’approccio LCA – l’analisi del ciclo di vita che permette di analizzare le ricadute ambientali di un impianto dalla culla alla tomba – è uno strumento prezioso, affidabile e molto potente, ed è quello impiegato da un folto team di ricercatori toscani (Riccardo Basosi, Roberto Bonciani, Dario Frosali, Giampaolo Manfrida, Maria Laura Parisi, Franco Sansone) per confrontare geotermia, energia eolica e solare.

I sei autori della ricerca Life cycle analysis of a geothermal power plant: comparison of the environmental performance with other renewable energy systems, affiliati alle Università di Siena e Firenze, dal CSGI e da Enel Green Power, hanno messo a confronto il mix energetico nazionale con tre impianti di dimensioni comparabili (circa 20 MWe) e tutti gestiti da EGP in Italia: la centrale geotermica Chiusdino 1, il parco eolico di Pietragalla e la centrale solare fotovoltaica Serre Persano Difesa Servizi (DS).

Insieme hanno cercato di capire quali sono gli impatti ambientali per ogni kWh di elettricità erogata alla rete, ipotizzando una durata di 30 anni per tutte le centrali elettriche esaminate.

Per farlo hanno incrociato due diverse strategie di analisi LCA, sia midpoint (indagando 18 categorie d’impatto, ad esempio in termini di cambiamenti climatici, tossicità umana, particolato atmosferico, acidificazione, etc) che endpoint (tre le categorie di danno, salute umana, qualità dell’ecosistema, risorse).

Per l’analisi LCA a livello midpoint sono stati impiegati i metodi ILCD 2011 Midpoint + e Recipe 2016, mentre a livello endpoint sono stati normalizzati e ponderati i dati ReCiPe 2016.

Per quanto riguarda in particolare la geotermia, lo studio spiega che si tratta di «un’importante risorsa energetica che contribuisce ampiamente a limitare l’uso di combustibili fossili sia nella produzione di elettricità sia di calore».

Una risorsa che «può essere considerata rinnovabile se gestita correttamente», ovvero quando la dimensione degli impianti è adeguata rispetto a quella dei serbatoi geotermici di riferimento, e quando la fonte viene coltivata (tramite re-iniezione dei fluidi) anziché semplicemente sfruttata.

Per Chiusdino 1 sono tre gli scenari analizzati: Geo (quello reale, che tiene conto dell’impianto AMIS che abbatte la maggior parte delle emissioni di idrogeno solforato e di mercurio) e gli ipotetici scenari Geo_Na (senza AMIS) e Geo_As (dove si assume che il 40% delle emissioni provenienti dalla centrale raggiungerebbe comunque l’atmosfera sotto forma di emissioni naturali).

Nel suo complesso, lo studio mostra come i vari impianti analizzati abbiamo performance ambientali migliori o peggiori a seconda dei parametri osservati.

Ad esempio, gli impatti dominanti per quanto riguarda la centrale geotermica sono l’acidificazione terrestre, la formazione di polveri sottili (nello scenario Geo_Na), consumo di acqua, ecotossicità marina e d’acqua dolce.

Per il solare e l’eolico spiccano invece l’ecotossicità terrestre e marina, mentre lo scenario Nem (quello che osserva gli impatti del mix energetico nazionale nel suo complesso) evidenzia grandi impatti in termini di consumo di acqua, sugli ambienti marini e quelli di acqua dolce, sull’uso del suolo e per il consumo di risorse.

Uno scenario inevitabilmente complesso, che i ricercatori hanno reso di più facile approccio elaborando un indicatore sintetico che può essere utilizzato per confrontare le prestazioni ambientali dei diversi sistemi di generazione di elettricità.

Da questa prospettiva la tecnologia eolica è risultata la migliore in termini di impatti ambientali, con una performance di 0.0012 Eco-point/kWh, un risultato in linea con le altre analisi LCA presenti in letteratura.

La centrale geotermica analizzata ha una performance peggiore ma vicina a quella fotovoltaica (rispettivamente 0.0177 Eco-points/kWh e 0.0087 Eco-points/kWh), ma in ogni caso con impatti molto inferiori a quelli del mix energetico nazionale (0.1240 Eco-points/kWh) condizionato da un ampio ricorso alle fonti fossili.

Al di là dei singoli risultati, lo studio pone l’accento sull’utilità di integrare tra loro fonti rinnovabili diverse, a seconda del contesto locale analizzato.

Eolico e solare rappresentano fonti intermittenti – ovvero dipendono dalle condizioni meteorologiche –, mentre la geotermia in genere viene impiegata come risorsa energetica in grado di coprire sempre il carico di base (grazie alla sua altissima produttività e alla possibilità di produrre energia h24, 7 giorni su 7), emergendo dunque come «altamente complementare alle fonti rinnovabili intermittenti» e in grado di «rappresentare un supporto molto prezioso».

Più in generale i risultati dello studio sull’impatto ambientale (sempre non nullo anche per le energie rinnovabili), secondo i ricercatori, «dovrebbero essere abbinati alla reale disponibilità locale di fonti rinnovabili (la geotermia si coltiva dove la risorsa c’è, come l’eolico e il solare richiedono condizioni ambientali adeguate, ndr) e all’analisi della redditività economica».

In ogni caso, confermano che la geotermia «è una buona opzione per lo sviluppo sostenibile».