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La grande scommessa della geotermia

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L’utilizzo della risorsa geotermica a bassa e media entalpia risulta una delle pratiche più promettenti nel mondo della sostenibilità e del risparmio energetico

Fonte: Rinnovabili.it

Autore: Francesco Zarlenga

Nell’immaginario collettivo la parola “geotermia” evoca inevitabilmente i sistemi geotermici per la produzione di energia elettrica tipo Lardarello, tuttavia la risorsa geotermica, intesa sia come fluidi caldi sia come calore terrestre trova larghe applicazioni anche per usi non direttamente elettrici. Tuttavia un sistema geotermico non sempre è utile per la produzione di energia elettrica, per esserlo, infatti, deve presentare caratteristiche idrogeologiche e termiche che assicurino fluidi caldi utilizzabili industrialmente; solo in tal caso si parla di campo geotermico ed è per questo che in tutto il mondo se ne conoscono soltanto una decina. Tuttavia se per la produzione di energia elettrica sono necessarie precise e molto rare condizioni geologiche e idrogeologiche, le moderne tecnologie sono oggi in grado di sfruttare anche il semplice calore geotermico che s’incontra dai 15-20 metri di profondità, una volta superata la zona di aereazione, e che aumenta di tre gradi ogni 100 m di profondità nelle regioni stabili della crosta terrestre. Nelle regioni instabili invece, ovvero caratterizzate vulcanesimo e tettonica recente, il gradiente geotermico è molto maggiore. Attualmente l’attenzione della ricerca è mirata all’utilizzo delle rocce calde secche ed una “road map” dell’IEA indica i modi come utilizzare la risorsa, quali i risultati attesi e quali saranno gli investimenti in R&S nel settore da parte dell’Unione Europea fino al 2050. Le rocce calde, infatti sono una potenziale risorsa in quanto possono generare vapore e quindi energia elettrica soltanto immettendo acqua in pozzo scavato ad hoc, che riscaldandosi produrrebbe vapore in grado di generare energia elettrica mediante una turbina. Allo stesso modo la tecnologia consente di utilizzare in campo industriale e agricolo o, comunque, a scopi produttivi, sia i fluidi a bassa e media entalpia e pertanto introdurre risparmio energetico, che direttamente il calore. L’utilizzazione ottimale del calore geotermico avviene generalmente mediante sistemi a cascata, sfruttando il calore residuo in più impianti a decrescente richiesta termica. La risorsa geotermica a bassa e media entalpia può essere utilizzata nei seguenti settori, riguardo alle condizioni termiche, idriche e di sistema:

  • Per teleriscaldamento;
  • Per riscaldamento e/o raffrescamento domestico di piccole e medie utenze;
  • Per usi agricoli e zootecnici;
  • Per usi industriali;
  • Per uso termale.

Attualmente usi non elettrici dell’energia geotermica sono sviluppati in 58 paesi, mentre nel 1995 il loro numero era limitato a 28 e a 24 nel 1985. L’uso non elettrico più diffuso nel mondo, come potenza installata, è rappresentato dalle pompe di calore (34,80%), seguito dalla balneologia (26,20%), dal riscaldamento di ambienti (21,62%), dalle serre (8,22%), dall’acquacoltura (3,93%) e da impieghi industriali diversi (3,13%). In Europa, nel 2007, l’uso diretto di energia geotermica è stato di circa 160.000 TJ/anno, con una potenza termica installata pari a 14 GWth, ripartita tra le diverse applicazioni, mostrate in tabella 1. In Europa è la Svezia che ha maggiormente sviluppato l’utilizzo delle pompe di calore con 3,8 GWth (con l’utilizzo di 36.000 TJ/a di energia geotermica), seguita dall’ Islanda con 1,8 GWth (24.500 TJ/a) e dalla Turchia con 1,4 GWth (24.000 TJ/a). L’Italia, al quarto posto su scala europea, ha un potenziale installato di 0,65 GWth, (8.000 TJ/a di calore geotermico impiegato per usi diretti). Il ricorso agli usi diretti della geotermia nel 2007 è all’incirca raddoppiato rispetto agli anni 1999-2000, caratterizzati da una potenza installata di appena 0,33 GWth ed un impiego energetico di 3.800 TJ/a. Non essendo disponibili dati aggiornati sulle singole applicazioni dirette del calore geotermico in Italia, i valori di riferimento attuali sono quelli relativi alla fine del 2006.

Gli usi industriali e agricoli

Per quanto riguarda gli usi industriali esistono molteplici applicazioni soprattutto nei processi a caldo quali evaporazione, essiccamento, distillazione, sterilizzazione, lavaggio, decongelamento ed estrazione di sostanze chimiche. Esempi specifici sono: la pastorizzazione del latte, la disidratazione di prodotti agricoli, il recupero di sostanze chimiche e della CO2, l’essiccamento della diatomite e la produzione di borati e acido borico. L’utilizzo in campo agricolo e zootecnico è praticato in circa 30 paesi e quello maggiormente in uso è il riscaldamento delle serre. Sono inoltre diffuse, anche nel nostro Paese, le applicazioni in acquacoltura, in zootecnia, sui suoli agrari e negli usi civili per lo scioglimento del ghiaccio e lo sbrinamento delle strade. Un utilizzo singolare ma di notevole rilievo è quello del riscaldamento di singoli edifici, soprattutto alberghi, molto diffuso in aree caratterizzate da importanti anomalie termiche, come ad esempio nell’area dei Colli Euganei e nell’isola di Ischia.

 

Il teleriscaldamento

Da un punto di vista generale i sistemi di teleriscaldamento urbano sono composti da una rete di trasporto e da una centrale di produzione di calore, che può utilizzare anche tecnologie cogenerative e/o fonti rinnovabili, entrambi messi entrambi al servizio contemporaneamente di più edifici. Il calore, distribuito con i sistemi di teleriscaldamento urbano, deriva da impianti a produzione semplice (solo calore) e combinata (calore + energia elettrica). La rete di distribuzione è la parte più costosa dell’impianto di teleriscaldamento: si stima che il suo costo possa incidere sull’investimento complessivo per una quota compresa tra il 50% e l’80%. Il sistema di distribuzione può utilizzare diversi tipi di fluidi, anche se la tendenza in Italia è quella di utilizzare acqua calda (80-90°C) o leggermente surriscaldata (110-120°C).  Sistemi di teleriscaldamento sono stati sviluppati a Ferrara, nell’area geotermica toscana (Castelnuovo V.C., Larderello, Monterotondo Marittimo, Pomarance) e a Bagno di Romagna. Il riscaldamento di singoli edifici, soprattutto alberghi, è diffuso nell’area dei Colli Euganei (Abano Terme, Battaglia Terme, Galzignano, Montegrotto) e nell’Isola d’Ischia. Nelle aree termali (Abano Terme, Ischia, Montecatini Terme, Saturnia) l’utilizzo predominante delle acque calde geotermiche è il riscaldamento di stabilimenti e piscine.

Il riscaldamento e/o raffrescamento domestico di piccole e medie utenze e le pompe di calore

Il sottosuolo è un immenso serbatoio termico dal quale estrarre calore d’inverno, e al quale cedere calore d’estate, tale scambio termico è possibile mediante le pompe di calore abbinate a sonde geotermiche verticali, che assicurano un elevato grado di rendimento durante tutto l’anno e che hanno con un fabbisogno di energia elettrica assai contenuto rispetto alle prestazioni. Gli impianti di climatizzazione a sonde geotermiche verticali, sono integrabili con qualsiasi fonte energetica rinnovabile; è possibile alimentare le pompe di calore geotermiche con pannelli fotovoltaici o con microturbine idroelettriche. Il termine pompe di calore geotermiche è utilizzato in maniera generale per indicare una varietà di sistemi che utilizzano come scambiatori di calore il terreno, l’acqua sotterranea o l’acqua superficiale, ma anche l’aria. I sistemi a pompa di calore sono costituiti da tre componenti: un sistema di scambio geotermico; una pompa di calore; un sistema di riscaldamento/refrigerazione collocato all’interno di un edificio. Lo scambio di calore con il terreno avviene tramite la sonda geotermica, installata con un sondaggio del diametro di pochi centimetri, perforato accanto all’edificio.

Il numero delle sonde geotermiche e la profondità d’installazione (da 50 a 150 metri) variano in funzione dell’energia termica richiesta.  Ogni sonda è formata da due moduli, ciascuno dei quali è costituito da una coppia di tubi in polietilene uniti a formare un circuito chiuso con un tubo di “andata” e uno di “ritorno”. All’interno dei tubi, collegati in superficie ad un apposito collettore connesso alla pompa di calore, circola un fluido glicolato, costituito da una miscela di acqua e anticongelante non tossico. La pompa di calore è una macchina in grado di trasferire calore da un corpo a temperatura più bassa a un corpo a temperatura più alta,  che rappresenta un processo  inverso rispetto a quanto avviene spontaneamente in natura ed è dovuto al fatto che viene fornita energia elettrica alla macchina che “pompa calore”. Il principio di funzionamento che sta alla base della pompa di calore è un ciclo termodinamico, chiamato ciclo frigorifero, o ciclo motore inverso, ed è analogo a quello di un comune frigorifero e, nel caso in cui la pompa produca sia riscaldamento, sia raffrescamento, si dice “reversibile”. La tecnica di prelevare calore con una sonda geotermica è affidabile e fa ormai parte dei modi convenzionali di riscaldamento, specialmente in tutto il Nord Europa e negli Stati Uniti. A titolo di esempio, una pompa di calore collegata a una sonda geotermica inserita a circa 100 m di profondità estrae dal suolo una potenza geotermica sufficiente per riscaldare un’abitazione unifamiliare standard. In Europa da una decina di anni il mercato delle pompe di calore ha registrato una rapida crescita e nel 2009, il numero di pompe di calore geotermiche censite in Europa è stato di 903.012, con una potenza termica complessiva di 10.661,9 MWt.

Negli ultimi cinque anni, anche in Italia, il mercato delle pompe di calore ha subito un indicativo incremento, nel 2009, infatti, la stima del numero di PCG installate è stata di 12.000 unità, per una potenza termica di 231 MWt. Un aspetto di particolare importanza per promuovere la diffusione di questi dispositivi è quello della riduzione dei costi iniziali d’installazione, che possono essere suddivisi in costi di terreno e d’impianto. I primi sono quelli correlati all’esplorazione di superficie, alla perforazione, agli studi correlati, mentre i secondi sono quelli relativi alla progettazione, ai materiali impiegati, ai collegamenti idraulici e all’installazione vera e propria. Il costo d’investimento per un sistema di PCG è normalmente più caro del 20-40% di un sistema convenzionale di climatizzazione, tuttavia, a fronte di costi d’installazione maggiori, i costi di gestione sono nettamente più bassi, rispetto a quelli tradizionali. Nel caso in cui un impianto a PCG sia utilizzato sia per il riscaldamento, sia per il raffrescamento, il tempo di ritorno dell’investimento può variare da 3 a 5 anni; questo tempo si allunga fino a 10 anni se il sistema viene utilizzato unicamente in una delle due modalità. In un’abitazione grande, o in una media isolata, il costo annuale stimato del riscaldamento potrebbe corrispondere a 795 € (Pompa di calore), a 1.020 € (Caldaia condensazione), a 1.110 € (Caldaia standard). In realtà il rendimento delle caldaie, anche a causa della manutenzione non ottimale o dell’usura, spesso non è ai livelli teorici qui considerati. Se poi si considera il costo di altri combustibili, più elevato rispetto al metano, la convenienza è ancora maggiore.

 

Un esempio storico italiano: l’utilizzo della risorsa a scopo termale

L’Italia possiede un’industria balneologica particolarmente fiorente che si colloca al 4° posto nel mondo, dopo Giappone, Cina e Germania, e vanta pure un’antichissima tradizione. In Italia si contano 2.300 gruppi di sorgenti e pozzi idrotermali distribuiti in 326 Comuni, con 390 aziende termali, il cui giro d’affari raggiunge 2 miliardi di euro all’anno, con 65.000 addetti, di cui 50.000 nell’indotto.

La capacità termica complessiva disponibile per una T> 15 °C è di 376 MWt (di cui 251 nel distretto euganeo, 100 ad Ischia, e 25 altrove), pari al 4% della capacità termica totale di tutte le stazioni termali del mondo. Pertanto, l’energia complessiva sostituita è dell’ordine di 150.000 tep/anno.

Per poter utilizzare i fluidi a scopo termale è importante l’accertamento di alcune caratteristiche che rendono un’acqua termale realmente utilizzabile a fini industriali, ovvero la costanza nel tempo della portata  e le caratteristiche chimico-fisiche e biologiche. Le possibilità d’impiego in questo settore sono molteplici, spesso due o più contemporaneamente, a seconda delle indicazioni terapeutiche: balneofangoterapia, idropinoterapia, tecniche inalatorie, irrigazioni, ma anche altri impieghi. Fra questi l’imbottigliamento e la commercializzazione, ma grande interesse economico riveste attualmente  l’utilizzo di estratti ad attività farmacologia, derivati dalla microflora vivente in simbiosi con i fanghi o le acque stesse da utilizzare nelle tecniche di fisiocinesiterapia.

di Francesco Zarlenga- ENEA, CRE-Casaccia, UTRINN, Roma