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Ricerca nel settore geotermico

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In Nevada si punta alla caratterizzazione del potenziale geotermico del paese, in Italia a sistemi alternativi per sfruttare il calore geotermico.

Fonte: Geotermia News

Autore: Redazione

In Nevada un gruppo di ricercatori dell’Università statale sta conducendo un progetto di ricerca per la caratterizzazione del potenziale geotermico che investe circa 500 siti in tutto il Grande Bacino, una regione che occupa quasi interamente lo stato del Nevada e la parte occidentale dello Utah.

Un progetto che -sostiene un rapporto del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (Doe) che ne è il finanziatore- potrebbe dare un contributo significativo in termini di conoscenza per l’intero settore geotermico: dall’industria delle tecnologie a quella della produzione di energia.

Il progetto è nato nell’University’s Bureau of Mines and Geology in the College of Science, a Reno (Nevada), grazie ad un finanziamento di un milione di dollari ottenuto dal Doe, attraverso il Recovery and Reinvestment Act del 2009.

Adesso è in atto la seconda fase che prevede l’approfondimento in alcuni dei 250 siti oggetto della prima ricognizione, ovvero quelli che si sono dimostrati i più interessanti per l’eventuale fase di perforazione e di sfruttamento ai fini energetici.

In alcuni di questi siti è inoltre prevista l’acquisizione di immagini tridimensionali che serviranno agli operatori a comprendere meglio i processi geotermici e a identificare i punti adatti per la trivellazione.

«Dei 463 siti geotermici presi in esame- ha detto Jim Faulds, il geologo dell’Università del Nevada a capo del team di ricerca- ne abbiamo studiato e caratterizzato più di 250 l’anno scorso, utilizzando sistemi di ricerca già esistenti o analisi in loco. Continueremo a studiare di più i siti in modo da poter meglio sviluppare metodi e strumenti per l’esplorazione geotermica».

La ricerca ha come obiettivo quello di fornire una serie di elementi strutturali particolareggiati, avvalendosi di tecniche innovative per l’analisi, così da aiutare a migliorare le metodologie di esplorazione e ridurre i rischi di perforazione di pozzi non produttivi.

«La maggior parte, circa i due terzi, delle risorse geotermiche nel Grande Bacino – ha spiegato Jim Faulds- sono “ciechi”, vale a dire che non ci sono sorgenti calde superficiali in grado di far capire cosa ci sia 1500 piedi sotto la superficie».

Per questo una migliore caratterizzazione dei sistemi geotermici è fondamentale per implementare l’utilizzo delle risorse presenti nel sottosuolo.

«L’industria geotermica non ha lo stesso livello di conoscenza per la fase d’esplorazione come le industrie minerarie e del petrolio – ha detto Faulds – Queste attività conducono da anni ampie ricerche per individuare e caratterizzare i siti dove effettuare le perforazioni. Nel caso della geotermia, studi come quello che stiamo conducendo qui forniranno una base per le attività esplorative del futuro».

In Italia i progetti di ricerca nel settore geotermico si stanno muovendo principalmente su due fronti, come ha illustrato il presidente del CNR, Luciano Maiani, in un suo recente articolo che riassume lo stato della ricerca scientifica impegnata sul fronte del settore rinnovabili e i progetti sui quali, a livello nazionale ed europeo, si sta maggiormente investendo.

Il primo fronte riguarda il tentativo di estendere anche ad altre applicazioni l’utilizzo di acque geotermiche che vengono esclusivamente impiegate nei processi di riscaldamento.

Il secondo fronte di ricerca punta alla realizzazione di impianti per la produzione di energia elettrica o di cogenerazione, attraverso la combinazione della geotermia con altre fonti o con usi a cascata del calore. In questo modo, scrive Maiani, gli attuali valori di potenza elettrica geotermica istallata e di consumo di calore potrebbero rispettivamente raddoppiare e decuplicare.