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Voci a confronto sulla geotermia toscana: la parola a a Adele Manzella (CNR) e Roberto Barocci (SOS Geotermia)

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Quali benefici, quali impatti e quale futuro per la coltivazione di quest’energia rinnovabile? Le risposte in un’intervista doppia rilasciata al quotidiano ambientale Greenreport che riprendiamo integralmente

Fonte: Greenreport.it

Autore: Luca Aterini

La geotermia rappresenta da sempre una risorsa rinnovabile indigena della Toscana, impiegata per la produzione di energia elettrica sin dagli albori del ‘900.

Ancora oggi nel nostro Paese l’industria geotermoelettrica è riuscita a sbocciare soltanto in Toscana, con coltivazioni attive all’interno del territorio di 16 comuni geotermici suddivisi su due aree di sviluppo: quella storica, situata attorno a Larderello, e quella dell’Amiata.

Con quali benefici, quali impatti e quale futuro? L’abbiamo chiesto a due interlocutori: di seguito pubblichiamo l’intervista a Adele Manzella, geologa e Primo Ricercatore all’Istituto di Geoscienze e Georisorse (IGG) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e a Roberto Barocci, ex docente dell’Istituto di Istruzione Tecnica di Grosseto, sezione Geometri, oggi voce di spicco di SOS Geotermia e Rete NO GESI.

Nel 1904 è stata ottenuta elettricità da geotermia per la prima volta al mondo, in Toscana: oggi sono 34 le centrali geotermoelettriche presenti sul territorio, che riescono a soddisfare il 30,78% della domanda regionale di elettricità oltre ad alimentare una filiera del calore da 311 GWh. Quale ruolo crede la geotermia dovrebbe esercitare al 2050, entro quando la Regione si è impegnata a produrre energia elettrica solo da fonti rinnovabili?

Adele Manzella: Nessuna risorsa rinnovabile può arrivare, da sola, a produrre tutta l’energia necessaria. La giusta combinazione di risorse rinnovabili, unita all’efficienza energetica, permetterà di soddisfare il fabbisogno energetico. Grazie alla sua capacità di produrre calore e fornire energia elettrica con continuità, la geotermia può giocare un ruolo importante, soprattutto in Toscana dove la risorsa geotermica è tra le meraviglie del mondo: solo pochissime altre aree hanno risorse altrettanto preziose. La produzione è già elevata, ma si può fare molto di più. L’uso della risorsa geotermica dovrebbe essere considerato per qualunque uso termico, da quello domestico fino ai grandi processi industriali: è soprattutto di calore che abbiamo bisogno, e la geotermia può soddisfare una larga parte di questi. La produzione elettrica da geotermia dovrebbe essere potenziata al massimo, a garantire la richiesta di base con la necessaria continuità. Per quanto non ci siano stime esatte, io credo che la geotermia può arrivare a fornire la gran parte della richiesta termica e almeno la metà di quella elettrica, in Toscana, al 2050.

Roberto Barocci: «Abbiamo presentato alle Commissioni Parlamentari, Attività Produttive e Ambiente, le conclusioni di un’analisi Costi/Benefici tra diverse forme di produzione energetica da rinnovabili, dalle quali emergeva che la produzione di calore da pompe geotermiche nelle abitazioni, accoppiata al fotovoltaico sui tetti, da noi sostenuta, avrebbe prodotto reddito e occupazione 10 volte maggiore delle centrali ad alta e media entalpia, a parità di investimenti. Le Commissioni in seduta congiunta hanno votato all’unanimità una Risoluzione che impegnava il Governo a modificare le norme che concedono i contributi pubblici per favorire lo sviluppo e la diffusione della geotermia a bassa entalpia, ossia ad impianti che sfruttano il calore a piccole profondità…”. Ma i Governi Renzi e Gentiloni non hanno rispettato il Parlamento, tutelando altri interessi».

Si stima che il sottosuolo italiano custodisca ancora risorse geotermiche «importanti e poco utilizzate», pari a circa 500 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio. Due anni fa il ministero dello Sviluppo economico ha pubblicato le linee guida per la coltivazione della geotermia ad alta e media entalpia, mentre la Regione Toscana si appresta a concludere l’iter per la definizione delle ‘aree non idonee’ alla coltivazione, oltre a proporre una nuova legge e un nuovo Accordo con Enel Green Power per migliorare le ricadute della coltivazione geotermica sui territori. A quali obiettivi pensa dovrebbero guardare questi nuovi indirizzi normativi?

A.M.: La transizione energetica che investe tutti i paesi industrializzati, Europa in testa, sta richiedendo notevoli cambiamenti che la società fa fatica a metabolizzare. Abbiamo paura: abbiamo bisogno di energia ma abbiamo paura che qualunque nuovo impianto sia un rischio per la nostra salute, il nostro territorio, e rappresenti un vantaggio solo per operatori e gestori. Le nuove norme dovranno mirare a dare garanzie ai cittadini rinforzando la normativa ambientale (in Italia e in Toscana già molto estesa), sia censendo e normando qualunque aspetto ambientale e sanitario che possa emergere da dibattiti scientifici o pubblici, sia imponendo la pubblicazione di dati e la possibilità, per ciascuno, di verificare come si svolgono le attività, e la possibilità di intervenire qualora si individuino criticità.

Occorrono, del resto, anche norme e una organizzazione che permettano la raccolta e la pubblicazione di tutti i dati connessi all’indotto geotermico: ad es. numero di impiegati nel settore (diretti e indiretti), entrate finanziarie (dirette ed indirette) degli operatori e del territorio, risparmi energetici e ambientali.

La normativa dovrà al contempo garantire lo sviluppo della società attraverso la produzione ottimizzata di energia elettrica e calore: iter autorizzativi chiari, da svolgere in tempi brevi qualora non ci siano dati oggettivi che indichino criticità; una definizione di idoneità dei territori basata su criteri che tengano conto degli interessi delle diverse parti.

R.B.: Essere arrivati a distanza di oltre 100 anni dalle prime centrali realizzate, ad accettare la necessità di definire le aree non idonee, come da anni sosteniamo, è la dimostrazione più evidente della pochezza scientifica e della dipendenza culturale degli amministratori pubblici toscani nell’aver voluto invece generalizzare le condizioni idrologiche, le qualità chimiche dei fluidi geotermici…, che invece variano da zona a zona. Così come variano le scelte di sviluppo socio economico che le comunità locali si sono già date. Quindi si debbono rispettare le volontà delle comunità locali.

Gli ultimi due studi coordinati dall’Agenzia regionale di sanità (Ars) «non hanno fatto emergere problemi significativi sulla salute delle popolazioni amiatine» riconducibili alla coltivazione dell’energia geotermica. Lo stesso può dirsi per il noto studio del 2014 firmato da Basosi e Bravi. In ogni caso, l’Ars sta svolgendo una nuova indagine epidemiologica sul campo, InVETTA: quali pensa siano i fattori di rischio più meritevoli di attenzione?

A.M.: Quelli che più spaventano i cittadini e dei quali si è parlato e scritto in varie occasioni: mercurio e arsenico nelle acque; emissioni di H2S e elementi nocivi; interazione con le falde idriche potabili; sismicità. In moltissimi casi le norme esistono e i controlli sono già in atto, al CNR le abbiamo descritte in due pubblicazioni, una in italiano e disponibile in rete, una recentissima e più aggiornata e disponibile sulla letteratura scientifica (Geothermics, Manzella et al., 2018). I controlli sanitari citati sono importanti e si stanno intensificando. Ma per alcuni la norma e il dato non sono ancora sufficienti.

R.B: Quanto affermato nella domanda non corrisponde alla realtà documentata dallo Studio del CNR di Pisa del 2010 commissionato da ARS, molto più esteso rispetto a quelli citati, in cui si documenta nell’Allegato 6 ben 54 (!) relazioni nei residenti dei comuni geotermici, statisticamente significative, tra incrementi di malattie, spesso mortali, e concentrazioni crescenti di diversi inquinanti presenti nelle emissioni geotermiche e misurati nelle matrici ambientali di quei comuni. Quindi tali concentrazioni di inquinanti sono in una relazione certa con gli incrementi di malattie. Pertanto per la legge transitiva della Logica, è certo che l’incremento delle malattie e della mortalità registrate sull’Amiata (+13% di mortalità nei maschi, centinaia di morti in più) è dovuto anche alle emissioni delle centrali geotermiche.

Vero che le conclusioni sintetiche di tali studi hanno espresso valutazioni rassicuranti, ma sono conclusioni ritenute errate da molti autorevoli ricercatori , tra cui Tomatis, già Direttore dello IARC di Lione. Infatti, tali ricercatori hanno segnalato come errori, a volte voluti, sia l’aggregazione di valori relativi a uomini e a donne, in quanto notoriamente le risposte agli stessi inquinanti ambientali variano in base al sesso, sia quella di popolazioni diversamente esposte agli inquinanti. Tale errore è avvenuto nonostante che siano ampiamente documentate nello stesso Studio CNR/2010 (Sez.A) le diversissime esposizioni delle popolazioni alle emissioni geotermiche delle aree del pisano (nord della Toscana), rispetto a quelle dell’Amiata (sud della Toscana). E’ molto inquietante che i dirigenti di ARS Toscana, di nomina politica, non abbiano voluto aggiornare l’Allegato 6 dello studio del CNR/2010 e che, a distanza di almeno 10 anni dalle prime allarmanti segnalazioni, non sappiano indicare le cause certe dell’eccesso di mortalità registrata in Amiata, ma, ciò nonostante, insistano ad escludere le emissioni delle centrali flash e abbiano acconsentito alla realizzazione di altre centrali.

Vedi la seguente bibliografia: S.Parodi, V.Gennaro, M.Ceppi, PL.Cocco Comparison bias and dilution effect in occupational cohort studies. Int J Occup Environ Health 2007; Apr-Jun: 13 (2): 143-52; Hernberg. ”Negative” results in cohort studies: how to recognize fallacies.SJWEH.1981; 7:121-6 ; V.Gennaro, P.Ricci, AG.Levis, P.Crosignani. Epidemiology’s and epidemiologists’ vice and virtues. Vizi e virtù dell’epidemiologia e degli epidemiologi. Epi & Prev 2009; 33 (4-5), supp 2:49-56; N.Pearce. Corporate influences on epidemiology. Int J Epidem 2008; 37(1):46-53; V.Gennaro, L.Tomatis. Business bias: How epidemiologic studies may underestimate or fail to detect increased risks of cancer and other diseases. Int J Occup Environ Health 2005;11:356–359.

Ad oggi in Toscana sono oltre 30 i milioni di euro che vengono destinati annualmente ai territori oggetto di “concessioni per la coltivazione geotermica”, un’attività che dà inoltre lavoro diretto a circa 740 dipendenti Enel Green Power più a un altro migliaio nell’indotto, oltre ad alimentare una filiera agroalimentare di qualità – come nel caso della Comunità del cibo a energie rinnovabili nata nel 2009 da un’intesa tra CoSviG e Slow food – e ad attrarre oltre 60mila turisti all’anno. Eppure secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Osservatorio Nimby «il 3% circa delle opere contestate» in tutta Italia ha a che vedere con la geotermia: cos’è auspicabile fare per migliorare l’accettabilità sociale della coltivazione nei territori coinvolti?

A.M.: Nel corso della mia attività mi sono resa conto di quanto poco si sa di geotermia in generale. Laddove la geotermia si utilizza, come in Toscana, il cittadino si è dovuto attivare per sostenere il dovere di effettuare i monitoraggi e i controlli. Molti abitanti dei territori geotermici non sono pienamente consapevoli delle opportunità offerte dalla geotermia. Chi lo è, non è attivo nell’esprimere l’apprezzamento (e perché dovrebbe?), e il messaggio del passaparola è sempre e solo quello negativo.

Prima ancora dell’accettabilità ci vorrebbe l’incontro, più che lo scontro, di interessi. L’operatore fa l’impianto per fornire energia, necessità primaria per il Paese e il territorio, ma solo se ne ha un guadagno economico al netto delle spese. Il cittadino e il territorio è infastidito dall’impianto: lo accetta solo se ne vede un vantaggio per sé, oltre che per il Paese, e se è sicuro che non comporti rischi all’ambiente o alla salute.

Il ruolo del cittadino diventa attivo e il suo parere essenziale, un argomento di grande rilievo in Europa. I pochissimi studi fatti su questo tema non indicano ancora soluzioni chiare e consolidate, ma credo che in Italia occorra partire dal ricostruire la fiducia nelle istituzioni preposte alla organizzazione, gestione e controllo, e intensificare le occasioni di incontro e dibattito costruttivo. Ampliare il rapporto tra ricerca e società, e aiutare i cittadini a distinguere i fatti, basati su dati oggettivi, dalle opinioni.

R.B.: Vale per le ricadute economiche quanto detto nella prima risposta. Perché Enel, Regione o Governo non producono analisi comparative Costi/Benefici tra le diverse forme di energie rinnovabili da incentivare per stabilire cosa convenga alla collettività? Il danno annuo comunque accertato da Basosi per le emissioni dalle centrali dell’Enel nella sola Amiata e per la sola Ammoniaca, che produce le PM2,5, è tre volte maggiore di quanto Enel lascia a tutti i territori toscani. Ma parlare di compensazioni in euro, quando si tratta di centinaia di morti in eccesso, ci sembra veramente non adeguato.