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Energia oceani, Ue leader su tecnologie per onde e mare

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Prima farm in Scozia nel 2016, in Italia test Toscana e Sicilia

Fonte: Ansa

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L’Unione europea oggi è leader mondiale sul fronte dello sviluppo di tecnologie che producono energia elettrica dal mare. Nel Vecchio Continente si trovano il 51% e il 45% degli ‘sviluppatori’ rispettivamente nel campo dell’energia dalle maree e dalle onde. A fare i conti è il JRC, il centro ricerche della Commissione europea, secondo cui l’Europa dovrebbe arrivare ad installare i primi 66 MW entro il 2018, l’equivalente dell’energia elettrica consumata da una città di circa 100mila abitanti (come Ancona o Vicenza). Gli impianti saranno localizzati principalmente fra Gran Bretagna, Normandia, Olanda e Irlanda del nord, Svezia e Portogallo. Anche l’Italia è in pista nella ricerca, specie sul moto ondoso, con test in Toscana e Sicilia.

"A questo ritmo, stimiamo ci sarà una buona presenza di impianti dal 2030 in acque europee" racconta Davide Magagna, ricercatore del JRC e autore dello studio. La tecnologia è in fase di ricerca e sviluppo, che sta riprendendo slancio dopo il rallentamento dovuto alla crisi. Attualmente le aree di studio sono sostanzialmente quattro, ma ad essere in pole è quella sulle correnti delle maree, specie in Scozia e Normandia. "In Scozia stanno sviluppando la prima ‘farm’, che entro il 2016 conterà su quattro turbine da 1.5 MW ciascuna e altri progetti hanno ricevuto finanziamenti Ue, per altri 18 MW in totale" spiega l’esperto. Ulteriori 20 MW sono attesi in Normandia, nel giro di tre anni.

Sul fronte dell’energia da moto ondoso la ricerca è più diffusa a livello mondiale, con delle ‘farm’ in sviluppo in Svezia e Australia. "Mentre per il moto dalle correnti la tecnologia è standardizzata (simile alle pale eoliche) – racconta l’esperto – per le onde sono ancora allo studio diversi sistemi". É sulle onde che si concentra la ricerca in Italia in diverse università, "fra cui il Politecnico di Torino, Università di Firenze, Seconda Università di Napoli e Università della Calabria" spiega Magagna. "Due aziende italiane – racconta Magagna – stanno portando avanti progetti pilota e collaborano con partner statunitensi e britannici. 40SouthEnergy, basata a Viareggio, sta conducendo test a Castiglioncello, mentre ‘Wave for Energy’, uno spin off del Politecnico di Torino, sta effettuando test a Pantelleria".

In fase iniziale sono altre due tecnologie. Progetti di ‘conversione termica oceanica’ sfruttano la differenza di temperatura fra acque profonde e superficiali, specie in acque tropicali. In Italia potrebbe interessare invece la conversione tramite osmosi, che sfrutta la differenza fra acqua dolce e salata e può essere effettuata in zone in prossimità di estuari o delta dei fiumi e del mare. Cosa può fare l’Europa per mantenere la leadership nel settore? "Deve indirizzare le politiche di sostegno distinguendo le varie tecnologie e creare strumenti migliori per l’analisi della performance, per arrivare alla standardizzazione" afferma l’esperto, che raccomanda di raccogliere dati a livello Ue anche sulla valutazione d’impatto ambientale delle tecnologie. A dare le linee guida nel giro di due anni ci penserà una ‘road map’ ad hoc Ue per l’energia marina, elaborata dall’Ocean Energy Forum, che riunisce ricercatori e sviluppatori europei.