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Verso la fine del fotovoltaico tradizionale?

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Ricercatori californiani hanno individuato una nuova tecnologia per sfruttare al massimo il potenziale energetico dell’irradiazione solare.

Fonte: Rinnovabili e territorio

Autore: Redazione

Dato che i pannelli fotovoltaici diventano sempre meno costosi e in grado di generare più potenza, l’energia solare sta diventando sempre più una fonte commercialmente valida – e alternativa – per la produzione di elettricità. Tuttavia, le celle fotovoltaiche attualmente usate per trasformare la luce solare in energia elettrica possono assorbirne e utilizzarne solo una piccola frazione  e questo significa che una quantità importante di irradiazione solare non viene utilizzata.  Ma una nuova tecnologia creata da ricercatori del California Institute of Technology può rappresentare  un primo importante passo verso lo sfruttamento più ampio di questa fonte.
L’irradiazione solare è composta di molte lunghezze d’onda. In un pannello fotovoltaico tradizionale, atomi di silicio sono colpiti dalla luce del sole e gli elettroni più esterni degli atomi assorbono energia da alcune di queste lunghezze d’onda, causandone l’eccitamento. Una volta che gli elettroni eccitati assorbono energia sufficiente per uscire dall’orbita degli di atomi di silicio, possono essere utilizzati per produrre elettricità. Questo è chiamato effetto fotovoltaico – fenomeno che avviene appunto nelle celle di un pannello solare.
Le celle fotovoltaiche al silicio (la tecnologia attualmente utilizzata su vasta scala) possono assorbire lunghezze d’onda di luce che rientrano nello spettro visibile – luce che è visibile all’occhio umano – mentre le lunghezze d’onda più ampie, come la luce infrarossa, passano attraverso il silicio e non vengono convertiti in elettricità e sono normalmente perse come calore indesiderato. "Il silicio assorbe solo una certa frazione dello spettro, ed è trasparente per il resto. Se metto un modulo fotovoltaico sul mio tetto, il silicio assorbe quella porzione dello spettro, ma il resto finisce solo per riscaldare il mio tetto ", ha detto in un’intervista a Daily Science il prof. Harry A. Atwater, direttore del  Resnick Sustainability Institute, che ha condotto lo studio.
Ora, Atwater e i suoi colleghi hanno trovato un modo per assorbire e fare uso di queste onde infrarosse con una struttura composta non di silicio, ma interamente in metallo.  La nuova tecnica che hanno sviluppato si basa su un fenomeno osservato in strutture metalliche note come risonanza plasmonica. I Plasmoni sono onde o increspature coordinate di elettroni che insistono sulle superfici dei metalli nel punto in cui il metallo incontra l’aria.  Mentre le risonanze plasmoniche di metalli sono predeterminati in natura, Atwater e i suoi colleghi hanno scoperto che queste risonanze sono in grado di essere sintonizzate su altre lunghezze d’onda quando i metalli sono realizzati in piccole nanostrutture in laboratorio.
"Normalmente in un metallo come l’argento o rame o oro, la densità di elettroni in quel metallo è fisso, è solo una proprietà della materia", dice Atwater. "Ma in laboratorio, posso aggiungere elettroni agli atomi di nanostrutture metalliche e quindi la frequenza di risonanza cambierà. Abbiamo dimostrato che queste superfici metalliche risonanti possono produrre un potenziale elettrostatico che si può misurare”.  Questo potenziale elettrostatico è un primo passo nella creazione di energia elettrica.  Egli immagina una cella solare con l’effetto plasmoelettrico che un giorno possa essere utilizzata in tandem con celle fotovoltaiche “tradizionali” per sfruttare sia la luce visibile sia infrarossa per la creazione dell’elettricità, sfruttando al massimo il potenziale dell’energia solare.