Home Cosvig Uno scenario elettrico per il 2020 (seconda parte)

Uno scenario elettrico per il 2020 (seconda parte)

609
0
CONDIVIDI
Sulla base del Piano di Azione per le Energie Rinnovabili, una sintesi di uno scenario per il settore elettrico italiano al 2020 curato da Sergio Zabot e Carlo Monguzzi che presuppone l’adozione di una strategia complessiva che coniughi la riduzione prioritaria dei consumi finali elettrici con l’incremento della produzione da rinnovabili. In questa seconda parte alcune indicazioni per un quadro più organico di politica energetica del target 2020.

Fonte: QualEnergia.it

Autore: QualEnergia.it

Una Strategia per un Piano di Azione condiviso

Le condizioni per raggiungere 116.000 GWh al 2020, pari cioè al 35% di produzione elettrica da fonti rinnovabili sul totale dei consumi finali, impongono l’eliminazione delle attuali inefficienze burocratiche e autorizzative, lo sviluppo della rete elettrica partendo dall’attuazione dei provvedimenti in buona parte già stabiliti ma tuttora non attuati, la costruzione di un quadro organico di regole di riferimento che superi l’attuale proliferazione di provvedimenti scollegati, incoerenti o in completa contraddizione con gli obiettivi di sviluppo delle rinnovabili.

In questa visione è fondamentale il coinvolgimento delle Amministrazioni Locali, la definizione concertata tra Governo Nazionale e Regioni degli obiettivi quantitativi delle singole fonti energetiche, la loro articolazione a livello regionale e locale (Burden Sharing), e, conseguentemente, che l’obiettivo nazionale sia formato dalla somma di target regionali e locali realistici e condivisi, con l’attivazione di un quadro stabile di incentivazione finanziaria.

In sintesi si tratta di attivare un quadro organico di politica energetica finalizzata a:

  • Ridurre la domanda di energia elettrica negli usi finali con sostegni a programmi innovativi di Demand Side Management (DSM). Il principale ostacolo alla realizzazione di programmi di DSM da parte delle Piccole e Medie Imprese, nei comparti industriale e terziario, ma anche per i singoli privati proprietari di abitazioni, consiste nella difficoltà di accesso al credito per disporre delle provviste finanziarie necessarie ad effettuare interventi di riqualificazione energetica. Uno strumento che è stato sperimentato con successo e facilmente replicabile, con costi modesti per le amministrazioni pubbliche, è rappresentato dai contributi in conto interesse in partnership con gli istituti di credito (vedi Incentivi in conto interesse, la soluzione più efficace).
  • Massimizzare il dispacciamento in rete dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, quale condizione necessaria per il raggiungimento degli obiettivi della Direttiva 2009/28/CE, con il potenziamento della rete elettrica esistente per superare le attuali congestioni strutturali e l’avvio della realizzazione di “reti intelligenti” magliate e non gerarchiche per l’ottimizzazione della produzione e immissione in rete delle fonti rinnovabili non programmabili.
  • Riequilibrare la domanda con l’offerta di Certificati Verdi (CV). Attualmente l’offerta di CV è quasi doppia rispetto alla domanda. Il riequilibrio può avvenire, da una parte, annullando l’eccesso di offerta mediante un meccanismo di ritiri annui effettuati dal Gestore dei Servizi Elettrici; dall’altra, incrementando la domanda di CV con un sensibile aumento della quota d’obbligo, attualmente del 5,7%, decisamente insufficiente non solo a garantire il raggiungimento degli obiettivi al 2020, ma anche a permettere la remunerazione del capitale delle iniziative già sviluppate. Inoltre, occorre rivedere la lunga lista delle esenzioni dall’obbligo di acquisto, che a partire dal 2003 ha ormai eroso la metà della base d’obbligo, portando l’energia soggetta ad obbligo da 360 TWh a circa 185 TWh.
  • Sviluppare un sistema di piccoli e medi bacini idroelettrici dotati di sistemi di pompaggio. Tale soluzione tecnologica rappresenta attualmente l’unica tecnica sufficientemente matura per consentire l’accumulo di quantità apprezzabili di energia e che può essere integrata anche in sistemi ad uso plurimo idroelettrico/irriguo.
  • Rendere stabili e scalabili i meccanismi di incentivazione, in una logica di adeguamento dinamico del livello di incentivazione ai sovra-costi marginali di produzione per ciascuna fonte, considerando anche le dinamiche di riduzione di costo delle nuove tecnologie in virtù dell’effetto “apprendimento”, tutelando le iniziative già avviate e garantendo i diritti acquisiti.
  • Riutilizzare a fini energetici le biomasse già disponibili, ma classificate come rifiuti; questo costituisce una delle soluzioni di maggiore efficienza consentendo di risparmiare materia prima. Attualmente questa pratica è ostacolata, non dalla scarsa disponibilità della risorsa, ma dalla mancanza di regole chiare.
  • Chiarire in maniera univoca le regole per la gestione delle biomasse di origine non vergine con la revisione degli adempimenti riservati ai rifiuti e con il corretto inquadramento del digestato o delle ceneri derivanti dai processi di produzione di bioenergia, il cui trattamento è applicato in maniera non uniforme.
  • Migliorare l’impiego delle biomasse forestali con una conoscenza più puntuale delle risorse disponibili, spesso caratterizzata da dati vecchi, mancanti, o diversi da fonte a fonte; migliorare l’accessibilità alle aree boschive, caratterizzate da una frammentazione in piccole proprietà non sempre accessibili, e prevedere una maggiore sensibilizzazione delle parti interessate verso i benefici di una corretta gestione forestale.

CONCLUSIONI
In Italia, lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili sono caratterizzati da provvedimenti sempre attesi e mai adottati, dall’instabilità e inorganicità della normativa, da un’assenza cronica di pianificazione energetica condivisa a livello nazionale e regionale.
La mancanza di riferimenti certi e stabili, di prospettive sicure che possano guidare le scelte per il prossimo decennio, provocano il permanere di incertezze negli ambienti imprenditoriali e finanziari, bloccano la competitività di interi comparti industriali, frenano la nascita e lo sviluppo di piccole e medie industrie radicate sul territorio e in ultima analisi impediscono lo sviluppo di nuova occupazione.

Ma il mercato dell’energia non è fatto solo di “Offerta”. Esiste anche la “Domanda” e se sul lato dell’Offerta di energia non possiamo incidere più di tanto, possiamo invece intervenire sulla Domanda di energia e quindi sul comportamento delle persone, promuovendo l’uso razionale dell’energia, l’efficienza energetica, le fonti rinnovabili, che possono e devono essere promossi e sviluppati dagli Enti Locali, che devono acquisire un ruolo fondamentale nella costruzione e nella diffusione della conoscenza in termini di “Capacity Building”.
Ma la nostra visione di “Capacity Building” va oltre la percezione convenzionale del saper fare e della formazione. La tematica centrale della gestione ambientale, che significa gestire i cambiamenti, risolvere i conflitti, gestire il pluralismo istituzionale, valorizzare il coordinamento, sviluppare la comunicazione e assicurare la condivisione dei dati e delle informazioni, richiede una visione ampia ed olistica della capacità di costruire e sviluppare.

A tal proposito, il requisito chiave è il riconoscimento e la consapevolezza che anche sul lato della domanda di energia esistono risorse e che queste risorse hanno valore economico. Compito delle Amministrazioni Locali è di confrontare queste risorse con le risorse sul lato dell’offerta e scegliere le più convenienti tenendo conto anche dei costi sociali, sanitari e ambientali che l’uso dei combustibili di ogni tipo provocano.

Inoltre, assumendo che nel breve termine non ci saranno grandi spostamenti di risorse verso l’ambiente o verso lo sviluppo delle tecnologie energetiche e che nemmeno le politiche attuali verranno modificate granché, per cambiare lo status quo allora abbiamo bisogno di nuove strategie per far sì che la gente cambi le modalità d’uso dell’energia.
In molti casi abbiamo potuto verificare come la popolazione sia più avanti dei propri governanti. L’uso di approcci che migliorino il capitale sociale per rafforzare e incanalare molti aspetti delle relazioni sociali verso la riduzione dei consumi di energia, può servire a stimolare un cambio di paradigma nell’approccio alle modalità di uso dell’energia stessa.

Per concludere, in un contesto in cui il Governo pontifica su un improbabile ritorno al nucleare e le Utilities non sono ancora capaci di disaccoppiare i profitti dalle vendite e quindi offrire servizi per il risparmio energetico e per le fonti rinnovabili, riteniamo che la parola d’ordine “pensare globalmente e agire localmente” sia ancora valida; l’unico problema è che bisogna fare in fretta; i treni passano veloci e noi dobbiamo ancora decidere quale prendere.

 

Sergio Zabot e Carlo Monguzzi

 

Scarica articolo completo in pdf (prima e seconda parte)