Si chiama Poseidon, come il dio greco
del mare e dei terremoti ed è un occhio elettronico in grado di
rilevare cosa nasconde la terra, fino a 2 chilometri di profondità.
Il sensore, poco più piccolo di una scatola di fiammiferi, non è
stato progettato da un team di cervelloni della Silicon Valley.
È stato invece progettato da un perito
elettronico di Rosignano, Sergio Marchettini, e da suo figlio Marco.
E insieme al figlio, esperto di
informatica, hanno dato vita alla Tecnosystem. Il sistema si basa
sull’emissione delle onde Vlf a bassissima frequenza. Il Poseidon è
un progetto che Marchettini ha in testa da quasi 20 anni, quando era
vigile urbano al Comune di Rosignano e sognava di realizzare un radar
che riuscisse a recuperare i reperti archeologici seppelliti sotto il
terreno. Per quest’idea ha speso quasi 150mila euro e molte delle
sue notti. Il sogno è diventato realtà nel 2005 quando è riuscito
a mettere a punto l’occhio del Poseidon: il sensore. Oggi
Marchettini collabora con il professor Alessandro Sbrana del
dipartimento di Scienze della terra dell’Università di Pisa e
viaggia con il figlio in tutta Italia per scoprire che cosa abita
sotto terra.
L’elicottero. La nuova frontiera del
Poseidon è il cielo. Da qualche mese viene montato su di un
elicottero telecomandato da Marco Meini, un pilota professionista.
«In questo modo sorvoliamo i terreni che ci interessano – spiega
Marchettini – e riusciamo a scansionare una superficie di 100 ettari
in un solo volo».
Applicazioni. Il Poseidon può essere
usato per molti scopi, sia civili che privati. «La maggior parte dei
lavori – spiega Marchettini – riguardano la ricerca idrica e
archeologica. Ci chiamano per rilevare le falde che servono per la
costruzione dei pozzi. Ma lo strumento è utile anche a individuare
reperti archeologici, residui bellici, discariche abusive o corpi
sotto la neve. Inoltre, lo strumento può essere usato anche per
vedere sott’acqua, e individuare i relitti».
La centrale geotermica. Il Poseidon sta
sorvolando i cieli toscani alla ricerca di giacimenti geotermici a
media entalpia, indicati per fare centrali elettriche a impatto zero.
Il progetto è stato avviato dalla Regione in collaborazione con le
Università di Pisa e Firenze.