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Un mercato elettrico inadeguato. E se la soluzione venisse dall’Acquirente Unico?

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Sbilanciato sulle contrattazioni a breve termine, il mercato si sta dimostrando inadeguato alle sfide poste dalla crescita delle rinnovabili. Un uso più diffuso di contratti a lungo termine sarebbe più efficiente. Andrea Marchiso di eLeMeNS propone di dare un nuovo ruolo “verde” al grossista pubblico per garantire un futuro alle rinnovabili in market parity.

Fonte: QualEnergia.it

Autore: Giulio Meneghello

 

 

L’architettura del mercato elettrico italiano, centrata sulla contrattazione a breve termine del mercato del giorno prima (MGP) e basata su offerte sui prezzi marginali, a seguito del notevole cambiamento avvenuto nel parco della generazione, sta mostrando diverse criticità. Come si è visto di recente al convegno organizzato dal Coordinamento FREE, sembra condivisa in maniera ampiamente trasversale l’idea che sia necessaria una riforma che porti ad un uso maggiore di contratti a lungo termine. Ne abbiamo parlato con Andrea Marchisio, analista di eLeMeNS che ha un’idea per intervenire dando un ruolo al nuovo all’Acquirente Unico, il trader pubblico che rifornisce gli utenti nel regime di maggior tutela.

Marchisio, sembra ormai ampiamente condivisa l’opinione che l’architettura del nostro mercato elettrico sia diventata inadeguata a seguito della forte crescita delle nuove rinnovabili. Cosa è successo?

Con l’ingresso delle rinnovabili il parco di generazione ora è caratterizzato dalla forte presenza di impianti che richiedono investimenti ad alta intensità di capitale e hanno basse spese operative. L’architettura del mercato attuale, caratterizzata dalla valorizzazione del costo marginale di produzione, non è fatta per una presenza così massiccia di impianti con costi marginali praticamente nulli. La Borsa elettrica così com’è dà dei segnali descrittivi, cioè ad esempio rende evidente la forte situazione di overcapacity, ma non riesce a dare dei segnali prescrittivi, che indirizzino gli investimenti nella direzione più efficiente per il sistema. In questa situazione molta potenza rischia di essere smantellata, ma bisogna verificare che se questo accade la sicurezza del sistema non sia compromessa.

L’eolico e soprattutto il fotovoltaico hanno portato a un forte abbassamento dei prezzi sull’MGP in alcune fasce orarie e l’effetto più evidente di ciò è la crisi dei cicli combinati a gas, spinti fuori mercato per molte ore. Ma si segnala anche un impatto per gli impianti a rinnovabili, la cosiddetta cannibalizzazione, cioè il fatto che l’abbassamento dei prezzi dovuto a eolico e FV eroda i ricavi degli stessi impianti a rinnovabili. Si tratta di un rischio potenziale o di un effetto che è già rilevante ora?

È un effetto che si può già toccare con mano, specie per il fotovoltaico la cui produzione è concentrata in un’unica fascia oraria: basta vedere la differenza fra il prezzo medio di una zona del mercato elettrico e il ricavo che riesce ad ottenere un impianto FV. In particolare nella zona Sud siamo arrivati ad un ricavo medio tra i 30 e i 35 euro/MWh. Nell’arco di due anni, complice anche la bassa domanda, il ricavo medio di mercato si è dimezzato. L’effetto di quanto sta succedendo sui bilanci è stato addirittura più forte dello spalma-incentivi.

Con un’architettura di mercato così, dunque, sembra allontanarsi anziché avvicinarsi la market parity, cioè il momento in cui un impianto FV non incentivato sarà competitivo vendendo sul mercato tutta l’energia che produce. È così?

Sì. E’ un circolo vizioso, più potenza fotovoltaica c’è sul mercato, più i prezzi si abbassano aumentando l’effetto di cannibalizzazione. Se si dovesse raggiungere la market parity e si installasse altra potenza, i ricavi scenderebbero ancora, spostando l’asticella dell’equilibrio economico più in alto.

Tra le proposte per superare questi problemi c’è quella di rendere più utilizzabili contratti di compravendita di elettricità a lungo termine. Che vantaggi e criticità porrebbe questa soluzione?

Lo strumento del contratto a termine al momento è teoricamente già disponibile, ma è depotenziato dal fatto che la normativa attuale consente di recedere anticipatamente dal contatto stesso. Servirebbero dunque delle modifiche che consentano di superare questo problema. Detto questo, resta da capire chi è disposto a stipulare questi contratti dal lato acquisti. Dato l’andamento incerto del mercato spot, le utility e gli altri operatori hanno timore a legarsi sul lungo termine con prezzi fissi.

E qui veniamo alla vostra proposta della quale abbiamo letto e che chiama in causa l’Acquirente Unico …

Si tratta di individuare un soggetto che sia in grado di affrontare il rischio di legarsi a contratti a lungo termine, perché orientato per mission ad approvvigionarsi inserendo nel proprio portafoglio energia da fonti rinnovabili. La nostra idea è che appunto all’Acquirente Unico possa essere assegnata una mission diversa, che lo allontani dall’essere un soggetto dominante nella fornitura delle piccole utenze e lo spinga a diversificare il proprio portafoglio con fonti rinnovabili in market parity. Una mission ambientale, quindi, che fornisca all’AU obiettivi di quote di approvvigionamento dell’energia elettrica da raggiungere gradualmente attraverso aste per contratti bilaterali di lungo periodo a prezzi fissi e allineati ai valori del mercato a termine, da stipulare esclusivamente con impianti rinnovabili non incentivati.

L’ultima bozza del DL Concorrenza prevede l’eliminazione del regime di maggior tutela entro giugno 2016 per il settore elettrico e mette evidentemente in discussione il ruolo dell’Acquirente: in questa prospettiva come si inquadra la vostra proposta?

Sarebbe una trasformazione della ‘maggior tutela’, alternativa allo smantellamento tout-court. L’AU darebbe ai consumatori delle garanzie in termini di stabilità dei prezzi e di sostenibilità della fornitura energetica. I consumatori aderenti al regime di maggior tutela rappresenterebbero un consorzio di acquisto di dimensioni tali da consentire sia la copertura del rischio-prezzo che la tutela ambientale. Per gli operatori delle rinnovabili avere un acquirente del genere consentirebbe di avere il segnale di stabilità di prezzo necessario a investimenti in impianti anche in market parity.

Questa ipotesi sarebbe conforme alle indicazioni di proseguire con la liberalizzazione che ci arrivano dall’Unione europea?

Se si desse una mission diversa all’Acquirente Unico ritengo di sì, dato che allora l’AU non opererebbe più a parità di prodotto e servizio con i privati, che è il motivo per cui adesso si impone di superare gradualmente la maggior tutela. È comunque un argomento da approfondire.

Tra le riforme annunciate dall’Autorità per l’energia c’è quella di rendere possibile anche agli impianti a rinnovabili la partecipazione al mercato dei servizi di dispacciamento, l’MSD. È un’opportunità per gli operatori delle fonti pulite?

Sicuramente può essere un’opportunità in più, nel momento in cui comunque la partecipazione all’MSD rimanga volontaria. Detto questo la presenza di incentivi al momento rende poco consigliabile agli impianti a rinnovabili partecipare all’MSD. Occorrono poi regole che consentano l’aggregazione di più impianti. È un tema interessante, sicuramente un sollievo per i costi di dispacciamento, ma non lo vedo come risolutivo dei problemi che le rinnovabili stanno affrontando sul mercato elettrico e aumenterebbe la concorrenza ai danni dei termoelettrici, che attualmente cercano di recuperare sul mercato del dispacciamento i margini che stanno perdendo sull’MGP.

Altro correttivo proposto da qualcuno è l’introduzione della possibilità di avere prezzi negativi: che conseguenze ci sarebbero per le rinnovabili in quel caso?

I prezzi negativi sono utilizzati in alcuni mercati europei che hanno un parco di generazione molto diverso da quello italiano, che sicuramente è più flessibile. In quei mercati, nei quali convivono molti impianti dalla produzione poco modulabile e impianti a rinnovabili incentivati, i prezzi scendono a valori negativi segnalando l’overcapacity. Se una soluzione del genere si adattasse anche in Italia questo eroderebbe ulteriormente i ricavi di mercato delle rinnovabili. Ma allo stato attuale l’impatto non sarebbe particolarmente forte. Su lungo termine potrebbe invece essere un incentivo all’adozione di sistemi di accumulo.