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Turismo a Santa Fiora: Quant’è dolce la cipolla che cresce nel convento.

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Dove mangiare. Dove dormire

Fonte: Corriere Fiorentino

Autore: Corriere Fiorentino

In lontananza svetta un campanile di pietra tra abeti bianchi e folte fronde di castagno. Al convento della Santissima Trinità alla Selva, nel Comune di Santa Fiora, diverse estati fa arrivavano schiere di giovinetti in brache corte per la colonia; mentre oggi rappresenta il luogo ideale per la coltivazione della (richiestissima) cipolla della Selva.
«È davvero speciale – racconta Alberto Balocchi dell’associazione “Per la Selva”, che si occupa di questo prodotto – Mangiandola risulta succosa e poco acida, mentre a livello cromatico appare una via di mezzo tra la cipolla bianca e quella di Tropea, e può superare i dieci centimetri di diametro. È dolciastra ma non troppo, quindi perfetta per la cucina toscana». Negli orti del convento, che risale all’XI secolo e si trova a seicento metri di altitudine, tutto viene coltivato a mano, come si usava secoli addietro, e senza concimi; soltanto di recente, aumentando la produzione, l’associazione si è dotata di alcuni semplici macchinari. «La cipolla è stata coltivata in questi posti per molti secoli – continua l’agricoltore – e tramandata oralmente dai religiosi. Inoltre abbiamo trovato descrizioni di questa cipolla nelle note di trasmissione dei frati, così ci siamo messi in testa di tornare a coltivarla. E per dimostrare l’appartenenza, abbiamo avviato una scrupolosa indagine scientifica con l’aiuto di vari enti, tra cui l’università di Siena. La piantiamo gli ultimi di aprile; una volta raccolta va letteralmente a ruba. Il merito è di questi terreni, lavorati quasi senza interruzione dal 1103, che un tempo garantivano la sopravvivenza ai religiosi. Si tratta di una cipolla tardiva, che raccogliamo a settembre e resta sul mercato appena tre mesi, la quantità non basta a esaudire le richieste. Per questo cerchiamo di coprire nuovi ettari, e per coltivarla applichiamo la rotazione biennale (usata nell’antichità dai contadini per reintegrare la fertilità del terreno), e dopo massimo tre anni ci spostiamo in un altro appezzamento. Tra i nostri clienti – conclude Balocchi – c’è la Coop locale, ma è sempre più richiesta dai ristoratori. Ci piacerebbe registrarla come marchio Dop».
Proprio tra i ristoratori c’è Ugo Quattrini, oste del Ristorante Aiuole, vicino ad Arcidosso, che annovera tra i clienti Francesco Guccini. «La uso da cinquant’anni — dice — e nella maggior parte delle preparazioni è un ingrediente fondamentale; su acquacotta, ribollita, brodi, stracotto al Brunello, cinghiale alla cacciatora, bollito di manzo, e numerose ricette. Un altro piatto eccellente è quello di cui si sono appropriati i francesi, chiamandolo soupe d’oignon, meno prosaicamente detta zuppa di cipolle. Il problema di questo bulbo – continua il ristoratore – riguarda la stagionalità: non si trova tutto l’anno. Inoltre vanta delle caratteristiche, anche organolettiche, eccezionali, e uniche: è dolce e saporita; e, valore aggiunto, la coltivano amici di cui mi fido. La produzione esigua la rende ancora più speciale. Un tempo in queste zone la cipolla della Selva era dominante; e non ha niente da invidiare a quella di Tropea, troppo dolce per i nostri piatti».
«È squisita — afferma la signora Marisa, del ristorante La Leggenda — La usiamo da poco, ma non possiamo più farne a meno. C’è chi la paragona a quella di Tropea, ma non sono d’accordo, questa è sicuramente migliore. È dolce, ma non troppo, è delicata, e in cucina si presta a svariate interpretazioni: zuppa di cipolle col pane raffermo, sott’olio in bollo di vino e aceto, caramellata con zucchero di canna, oppure friggiamo gli anelli con la pastella e viene molto croccante». «Noi la usiamo da un anno — sembra fargli eco Johann Strondl, della Tana dell’Orsa a Castell’Azzara — È perfetta da presentare come contorno, nei sughi o glassata al forno. Il sapore non è affatto aggressivo. Poi la seminano a undici chilometri da qui, e i nostri clienti sono soddisfatti perché assaggiano un prodotto locale, gustoso e di alta qualità». La bontà, e insieme il segreto di questa cipolla sono dati da un’antica sorgente di acqua purissima, che sgorga a monte del convento, e viene usata per irrigare i campi sottostanti. Ogni anno, sempre a Selva, a metà agosto viene organizzata la sagra dedicata a questa specialità.