TOKYO – Con la simbolica consegna di un esemplare al primo ministro giapponese Shinzo Abe la Toyota ha aperto una nuova finestra sulla mobilità del futuro, sposando la tecnologia che, secondo molti tecnici e analisti, rappresenta la soluzione più credibile per garantire un futuro libero da emissioni dovute al traffico privato: le celle a combustibile.
Il traguardo è ancora lontano, come ha sottolineato durante la cerimonia di consegna il presidente del colosso automobilistico nipponico (e mondiale) Akio Toyoda: «Sarà un lungo percorso, e per rendere questo momento davvero storico sarà necessario collaborare a più livelli, perché un costruttore da solo non può riuscirci». È però fuor di dubbio che la Mirai, prima auto a fuel cell prodotta in serie, rappresenti una tappa importante di questo cammino, e la sua nascita potrebbe in futuro essere considerata come l’anno zero dell’era dell’idrogeno.
Sotto un vestito che sembra confezionato nella “sartoria” di un film di fantascienza, la Mirai nasconde l’architettura di una comoda e spaziosa berlina (è lunga 4,89 metri), accreditata di un’autonomia che sfiora i 500 km e di un tempo di 5 minuti per fare il pieno d’idrogeno. È dotata di un ampio ventaglio di sistemi di sicurezza – dal sistema di mantenimento della corsia di marcia al monitoraggio dell’angolo cieco – e di specifiche soluzioni di connettività come la possibilità di visualizzare sul display di navigazione la posizione delle tre stazioni di rifornimento dell’idrogeno più vicine, oppure l’app per smartphone che segnala l’operatività delle stazioni stesse in tutto il territorio nazionale, l’idrogeno presente nel serbatoio con l’indicazione della relativa autonomia, il tempo di ricarica delle batterie da un’eventuale sorgente esterna.
Perché la Mirai rappresenta in un certo senso la sublimazione della tecnologia ibrida nella quale Toyota rivendica la primogenitura e detiene l’indiscussa leadership. In caso di difficoltà di reperimento dell’idrogeno, l’energia necessaria per azionare il motore elettrico da 155 cv può essere attinta collegandosi alla rete elettrica domestica come un’ibrida plug-in. Ma il processo – secondo una logica molto sentita, per ovvi motivi, dai costruttori giapponesi – funziona anche in senso inverso: in caso di interruzione dell’erogazione della corrente elettrica, per esempio in seguito a una calamità naturale, la Mirai può “restituire” energia alla casa, permettendo il regolare funzionamento degli apparecchi elettrici.
Presentata ufficialmente in novembre, all’ultimo Salone di Los Angeles, la Mirai – parola che non a caso in giapponese significa “futuro” – ha iniziato la sua vita commerciale in Giappone e metà dicembre, con un listino di 7.236.000 yen che equivalgono a circa 53.000 euro. Un prezzo che non le ha impedito di superare tutte le più rosee aspettative di vendita, quantificate in 400 unità entro la fine dell’anno. In un solo mese la raccolta ordini – nel 60% dei casi sottoscritti da uffici governativi e aziende – ha superato le 1.500 unità, determinando da subito un consistente allungamento dei tempi di consegna. E il gigante di Nagoya ha subito annunciato che, per seguire la domanda, aumenterà la produzione prevista.