L’Agenzia Regionale per l’Ambiente Toscana, Arpat, ha istituito nel 1996 il Gruppo di lavoro Geotermia, per seguire sotto vari aspetti ambientali l’attività geotermica ed i suoi futuri sviluppi. Nell’ambito di un progetto specifico, Arpat esegue il monitoraggio ambientale dell’area geotermica, che prevede le rilevazioni nell’area tradizionale di Larderello, nell’area dell’Amiata e in quella di Radicondoli.
Arpat ha inoltre contribuito, per quanto riguarda la caratterizzazione ambientale, allo studio sullo "Stato di salute delle popolazioni residenti nelle aree geotermiche della Toscana" curato dall’Agenzia Regionale della Salute, ARS, e dal CNR, i cui risultati e i relativi aggiornamenti sono stati presentati in diverse occasioni alle popolazioni dei territori geotermici e lo saranno in un prossimo appuntamento previsto sull’Amiata.
Abbiamo intervistato il coordinatore dell’Area Vasta Sud di Arpat, Marco Pellegrini.
Partiamo dalla qualità dell’aria: quali sono gli inquinanti più significativi presenti nelle aree geotermiche che ARPAT rileva?
«Una delle centraline della rete regionale di monitoraggio della qualità dell’aria, ubicata a Montecerboli e gestita da ARPAT, monitora anche l’idrogeno solforato (H2S). Per il resto il monitoraggio ARPAT è effettuato tramite due mezzi mobili e i parametri monitorati sono H2S e mercurio (Hg). Si tratta quindi degli inquinanti più significativi emessi dalle centrali geotermoelettriche.A questo monitoraggio si affianca quello effettuato da ENEL Green Power».
Nell’area geotermica sono quindi presenti sia stazioni di qualità dell’aria di ENEL Green Power, sia stazioni di qualità dell’aria e mezzi mobili ARPAT; ci può dire quali sono le principali differenze? C’è una sintonia dei dati registrati?
«La rete delle centraline di qualità dell’aria di ENEL Green Power (QA ENEL GP) è molto ampia ed è composta da 17 mezzi, che monitorano il parametro H2S. Questa rete fornisce una grande quantità di informazioni e copre praticamente tutti i centri abitati interessati dalle emissioni delle centrali geotermoelettriche. Come ARPAT ci siamo posti l’obiettivo di verificarne le modalità di gestione e la qualità dei dati. Nel 2012 abbiamo ad esempio verificato la qualità dei dati raccolti dalla centralina QA ENEL GP di Arcidosso, sia affiancandola per alcune settimane con un mezzo mobile ARPAT, sia tramite il confronto fra i dati da essa rilevati con quelli rilevati dal mezzo mobile Geotermia 1, che per l’intero anno è stato localizzato ad Arcidosso nel parco Scoiattolo.
Queste verifiche hanno mostrato un’ottima concordanza di dati, ma hanno anche permesso di individuare un periodo di circa 15 giorni in cui l’analizzatore della stazione QA ENEL GP non funzionava correttamente. Altre verifiche sono state effettuate a Montecerboli fra la stazione QA ENEL e quella ARPAT ed hanno fatto emergere come la stazione ENEL fosse mal localizzata, in quanto esposta ad una fonte locale di H2S. Dopo che la centralina è stata rilocata si è avuta una ottima concordanza dei dati. Lo stesso si è visto in alcune occasioni in cui nel corso del 2011 è stato possibile confrontare i dati rilevati dal mezzo mobile ARPAT con quelli rilevati nello stesso periodo dalle stazioni ENEL GP più vicine. Questo tipo di attività proseguirà anche nel 2013 e negli anni successivi e sono previste anche verifiche da parte di ARPAT sulle modalità di gestione e manutenzione delle stazioni QA ENEL GP. Nel complesso la rete QA ENEL GP fornisce un quadro molto dettagliato e rappresentativo della qualità dell’aria nelle e varie aree geotermiche.
Alcune centraline QA ENEL GP monitorano anche il gas radon ed i dati così raccolti confermano che non vi sono criticità per la qualità dell’aria relativamente a questo gas radioattivo che viene, anche se in misura limitata, emesso dalle centrali. I valori sono sempre dell’ordine del fondo naturale e dalle stime della nostra struttura specialistica viene confermato che le emissioni delle centrali portano un contributo aggiuntivo molto ridotto, tanto che non è possibile evidenziarlo».
Tra i parametri rilevati quelli che destano maggiore allarme sociale sono l’acido solfidrico e il mercurio; ci può dire qual è la situazione al riguardo e quali sono gli elementi di maggiore criticità?
«Le concentrazioni sia di mercurio che di H2S sono sempre inferiori ai valori di riferimento disponibili. Nel caso di Hg si tratta sempre di valori inferiori per ordini di grandezza al valore di riferimento. Si pensi che il valore di riferimento è pari a 200 ng/m3 come media annua, mentre i valori rilevati sono al massimo pari a qualche unità. Ad Arcidosso nell’anno 2012 il mezzo mobile ARPAT ha rilevato una media annua pari a 0,16 ng/m3.
Per H2S negli anni 2011 e 2012 sia i dati della rete ENEL GP che quelli ARPAT sono stati sempre inferiori ai valori di riferimento (fatto salvo il dato della centralina QA ENEL di Montecerboli, prima che venisse rilocata), ma vi sono differenze fra le varie aree. Tanto per capire, la media dei due anni 2011 e 2012 delle concentrazioni di H2S è più elevata nell’area tradizionale di Larderello (8,27 μg/m3) e dell’Amiata senese (7,28), rispetto all’area di Radicondoli-Chiusdino (4,18) ed all’area dell’Amiata Grossetana (1,56)».
Le concentrazioni rilevate possono avere effetti negativi sulla salute ?
«Non è una cosa a cui possa rispondere ARPAT. Dai dati di qualità dell’aria risulta però che la concentrazione di H2S per parte delle ore dell’anno causa maleodoranze. La frequenza e l’intensità delle maleodoranze può essere valutata sulla base del numero di ore con concentrazione di H2S superiore alla soglia di odorabilità, che in letteratura è fissata a 7 μg/m3. Anche in questo caso la presenza di maleodoranze è maggiore nell’area di Larderello e nell’Amiata Senese».
Ci sono sostanziali differenze rispetto al passato? Si può ancora migliorare?
«L’installazione degli AMIS nelle centrali che ne sono prive o la chiusura di centrali prive di AMIS porta sicuramente a forti benefici. Fortunatamente entro poco tempo entreranno in funzione ulteriori AMIS in alcune centrali dell’area tradizionale. Un evidente miglioramento si è avuto a Piancastagnaio con la chiusura della centrale PC2, che non solo era priva di AMIS, ma era collocata anche in vicinanza dell’abitato. Dove a mio parere c’è di più da lavorare da parte del gestore è sulle condizioni di emissione non a regime. Quando cioè la centrale va in blocco o è l’AMIS ad andare fuori servizio. In queste situazioni si ha un forte incremento delle emissioni ed è quindi molto probabile causare fenomeni anche gravi di maleodoranze. Non a caso nel procedimento di VIA relativo alla centrale di Bagnore 4 si è cercato in tutti i modi (e con buon successo) di limitare le situazioni in cui si hanno extraemissioni. Altri momenti critici per quanto concerne le emissioni e le maleodoranze sono dovuti alle manovre sui pozzi».
Altro elemento di grande preoccupazione – in particolare sull’Amiata – è la presenza di arsenico nella risorsa idrica destinata al consumo umano. Arpat non è il diretto esecutore del monitoraggio delle acque potabili, che è invece condotto dall’Asl, ma saprebbe comunque dirci quali sono i risultati? Oltre all’arsenico ci sono altri elementi che rappresentano particolari criticità e che devono essere tenuti sotto controllo?
«ARPAT effettua dal 2002 il monitoraggio di 10 importanti sorgenti e pozzi dell’acquifero dell’Amiata. L’insieme dei dati mostra una situazione di stazionarietà e se per qualche parametro ed in qualche sorgente si individua una tendenza, il trend è di piccola entità. Per gli anni anteriori al 2002 ci sono pochi dati, raccolti con modalità di campionamento ed analisi che sono variate da zona a zona e nel corso degli anni. La presenza di arsenico nelle acque con valori vicini e – in parte dei casi – superiori al limite per le acque potabili di 10 μg/m3 è cosa nota da ben prima dell’anno 2000. Mi sembra però che il gestore del servizio di acquedotto abbia ben chiara la necessità di garantire nelle acque potabili valori di arsenico inferiori al limite».