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Sviluppo. Situazione, problemi, prospettive e confronti con l’Europa nel dossier di Safe presentato oggi a Roma

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Energia in cerca di efficienza
Ha costi minori rispetto alle rinnovabili, ma non gode di analoghi incentivi

Fonte: Il Sole24ore

Autore: Rossella cadeo

Immancabile, con l’arrivo dell’inverno e dei consumi record di kilowattora, scatta l’allarme sulla vulnerabilità energetica dell’Italia. Una situazione che quest’anno si è manifestata in tutta la sua gravità, complice la lunga ondata di gelo nell’intera Europa e in particolare in Russia con il rallentamento delle forniture di gas. Mai come in queste situazioni di allarme emerge quanto risolvere la questione energetica sia fondamentale per ridurre la dipendenza dall’estero nonché le spese di approvvigionamento.
Problemi e rimedi
Importiamo l’87% dell’energia che usiamo, più della metà dell’energia primaria fossile che adoperiamo ci arriva da tre soli Paesi, sul Pil la fattura energetica pesa per il 3,3%: questo – a grandi linee – lo scenario dipinto dal rapporto «L’efficienza energetica come contributo alla sostenibilità economica» curato da Adriano Piglia, direttore del Centro Studi Safe (Sostenibilità Ambientale Fonti Energetiche), che viene presentato oggi a Roma presso l’Ambasciata della Repubblica di Polonia, alla presenza anche del ministro dell’Ambiente Corrado Clini.
La risposta ai molteplici interrogativi ambientali, energetici ed economici del mondo attuale si può trovare – secondo il rapporto di Safe – proprio in queste due parole: efficienza energetica. «Uno strumento che, pur rappresentando una soluzione complementare alle fonti di energia rinnovabili (Fer) – osserva Piglia – è stato spesso considerato un’alternativa di secondo piano. Eppure costa circa 15 volte meno delle Fer: basti considerare che un intervento medio in efficienza energetica costa circa 2.100 euro/tep mentre per produrre lo stesso tep (con un’eguale emissione di CO2) usando la tecnologia eolica occorrono, su uno stesso periodo di ammortamento di dieci anni, circa 29mila euro/tep».
Evoluzione
Invece finora in Italia – come in tutta l’Europa – si è dato più spazio alle fonti rinnovabili, anche con l’adozione di una politica di incentivi sbilanciata a loro favore, quando invece efficienza energetica e Fer rappresentano due strade complementari da percorrere. Non solo per incrementare la sicurezza degli approvvigionamenti, ma anche per ridurre le emissioni di gas a effetto serra, migliorare la competitività del sistema produttivo, creare nuova occupazione. «Un milione di euro investiti in progetti di efficienza energetica – sottolinea Piglia – possono generano in media 13 posti di lavoro contro i tre o quattro che si realizzano investendo la stessa cifra in Fer. Certo è più complicato fare efficienza perché occorre un approccio più complesso, un cambiamento culturale e si devono superare barriere, anche di informazione, che sono diverse da settore a settore. Invece va tenuto presente, soprattutto per quanto riguarda le Pmi, che a volte può addirittura non essere necessario investire risorse, ma basterebbe semplicemente cambiare priorità o processo produttivo, magari lanciando in parallelo alcune operazioni». Finora, tuttavia, l’andamento dell’indice di efficienza energetica non ha fatto registrare progressi rilevanti, pur con qualche divergenza tra i diversi comparti: infatti dal 1990 – si legge nel rapporto – l’indice a livello europeo viaggia con un progresso del 10%, mentre a livello italiano si limita al 3,5%, compensato dal miglior andamento solo nel settore dei trasporti e in quello residenziale. Il notevole miglioramento dell’efficienza energetica nei settori di chimica, acciaio e carta non è stato sufficiente però a bilanciare la perdita di efficienza nelle industrie meccanica, tessile e alimentare.
Interventi
Ma anche la dimensione di impresa gioca sulla scelta dell’intervento di efficienza energetica da attuare. «Le aziende da mille dipendenti in su – spiega Piglia – sono tenute a nominare l’energy manager, una professionalità che deve avere competenze specifiche. Le Pmi invece devono trovare sistemi in grado di surrogare questa figura professionale: una soluzione sono le Esco, società esterne che forniscono servizi energetici e altre misure di miglioramento energetico, e che accettando un margine di rischio finanziario, gestiscono il progetto fino al ritorno dell’obiettivo stabilito».
Incentivi
Ma è dalla revisione del sistema degli incentivi che per l’efficienza energetica si attende il vero salto di qualità. «Occorre stabilire dei criteri generali – osserva Piglia – per uscire dall’incertezza che sta bloccando i progetti in questa direzione, con un riequilibrio tra gli incentivi da destinare alle fonti di energia rinnovabile e quelli volti a sostenere l’efficienza energetica. Anche alla luce del Dlgs 28/11, si attendono risposte per una serie di azioni. La defiscalizzazione per gli interventi domestici sta dando buoni risultati, mentre non si sa ad esempio quale futuro avranno i certificati bianchi».
I numeri
33%
PERDITE
Oltre un terzo di energia primaria si perde in Europa prima di diventare energia disponibile al consumo finale
75%
IMPORTAZIONI
L’Italia dipende da tre Paesi (ex Urss, Algeria e Libia) per il 75% di importazioni di gas e per il 61% di quelle del petrolio
-10,86
RISPARMIO MTEP/ANNO
Obiettivo fissato al 2016 dalla Direttiva del 2006 energetico (9,6% rispetto alla media dei 5 anni precedenti)