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Sonde geotermiche contro il caro bollette, ferme in attesa del decreto MiTE

La Piattaforma Geotermia, cui CoSviG partecipa, ha condiviso una bozza con la segreteria tecnica del ministero

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La Piattaforma Geotermia, cui CoSviG partecipa, ha condiviso una bozza con la segreteria tecnica del ministero


In collaborazione con gli altri stakeholder presenti all’interno della Piattaforma Geotermia, il Consorzio per lo Sviluppo delle Aree Geotermiche (CoSviG), ha condiviso con la segreteria tecnica del MiTE – il Ministero della Transizione Ecologica – una bozza di decreto per contribuire a superare lo stallo in cui è finito lo sviluppo delle sonde geotermiche lungo lo Stivale.

Lo scorso marzo il decreto Energia, una volta pubblicato in Gazzetta Ufficiale, sembrava aprire una prima seppur timida svolta allo sviluppo sostenibile dell’energia geotermica a livello nazionale, dopo troppi anni di stallo.

L’art. 15 del decreto indicava infatti nuove semplificazioni per l’installazione di impianti a sonde geotermiche a circuito chiuso, seppur da stabilire con apposito decreto da parte del Ministero della Transizione Ecologica (MiTE), che avrebbe dovuto arrivare entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto.

Nel mentre sono trascorse sia la primavera sia l’estate, ma del decreto neanche l’ombra.

Perché tale decreto è ancora fermo?

È questa la domanda che il Consiglio Nazionale Geologi (CNG), l’organo di rappresentanza istituzionale di circa 14.000 geologi professionisti italiani – nonché coordinatore della Piattaforma Geotermia – ha posto al ministro Cingolani.

«Nell’ambito dell’energie rinnovabili, la geotermia sta assumendo sempre maggiore importanza – sottolinea il presidente del CNG, Francesco Violo – dato che il ministro ha condiviso negli Stati Generali della Geotermia che si sono tenuti a Roma nello scorso mese di giugno, costituendo una importante fonte energetica alternativa caratterizzata da continuità e programmabilità della produzione ad elevata sostenibilità. Su questa sfida il Cng si sta impegnando attraverso il coordinamento della “Piattaforma geotermia” a cui aderiscono le associazioni del settore, nonché importanti enti pubblici e privati, istituti scientifici e ministeriali».

Uno sforzo per provare a buttarsi alle spalle una doppia beffa: mentre lo sviluppo degli impieghi termici della geotermia è bloccato in attesa del decreto sulle sonde, la crescita del comparto geotermoelettrico è invece in sofferenza da anni (anche) per l’assenza del decreto sui relativi incentivi, ovvero il FER2, mercoledì all’esame della Conferenza Unificata Stato-Regioni-Autonomie Locali ma ancora in attesa della pubblicazione definitiva.

«L’emergenza energetica in atto determina la necessità di una scelta immediata riguardo lo sviluppo della geotermia come fonte rinnovabile strategica sia per la produzione elettrica che per le applicazioni termiche, e per quest’ultime – sottolinea Violo – risulta fondamentale la firma del decreto che le regolamenti a livello nazionale, in attuazione dell’art. 15 del 1° marzo 2022 n. 17, che consentirebbe l’installazione fino ad 1 milione di impianti a bassa entalpia in ambito locale con conseguente consistente risparmio nelle bollette delle famiglie».

Un tema di particolare interesse, non solo ambientale ma anche economico, specialmente in tempi di bollette salatissime.

Un recente studio condotto dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) mostra che le pompe di calore geotermiche sono la scelta più economica per sostituire le tradizionali caldaie alimentate a gas fossile, anche in Paesi freddi come Svezia, Francia, Danimarca, Germania, Regno Unito e Canada.

Se pensiamo che il 50% circa del consumo energetico a livello europeo ed italiano è rappresentato dalla domanda di calore, allora l’utilizzo del calore geotermico (inesauribile, costante, disponibile ovunque e a limitatissimo impatto) è di gran lunga la fonte rinnovabile più adatta a soddisfare questa domanda con il massimo rendimento; eppure ancora oggi il gas metano rimane la fonte energetica più utilizzata per il riscaldamento, mentre tutte le fonti energetiche rinnovabili (comprese le pompe di calore) forniscono in Italia solo il 20% circa dell’energia consumata nel settore termico.