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Sociale, Toscana: L’accoglienza dei rifugiati in quattro parole: cuore, fantasia, testa e metodo

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Tanta fantasia, con un obiettivo sopra tutti: facilitare le relazioni tra chi è arrivato, scappato dalla guerra o dalle persecuzioni e alla ricerca di un futuro migliore, e i toscani che abitano i paesi e le città che li hanno accolti. Anzi, con due obiettivi: perché c’è anche quello di rendere i profughi, la maggior parte giovani o giovanissimi, progressivamente autonomi.

Fonte: Toscana-Notizie

Autore: Walter Fortini

C’è dunque il teatro, per raccontarsi e conoscere, o il coinvolgimento nelle feste di paese. C’è chi aiuta a pulire gli argini dei fiumi che attraversano le città: non da soli, ma insieme ad altri volontari italiani. C’è chi accompagna i bambini del paese a scuola e dalla scuola a casa, a piedi in fila indiana, chi si prende cura di un giardino pubblico scartando e ridipingendo i giochi per più piccoli e le panchine per gli anziani e chi ridona nuova vita a rottami di bicicletta abbandonati, poi messi all’asta.

E poi i corsi di italiano, certo, ma anche di agricoltura e floricoltura, l’abc sulle regole del lavoro in Italia, due dritte ed altrettanti anticorpi contro il caporalato, il lavoro nero e cosa si rischia, anche colloqui, simulati prima e poi veri, con agenzie interinali e aziende. Progetti non strettamene richiesti dai protocolli, ma utili.

Cuore e fantasia, appunto. "Perché per gestire un’emergenza che diventa ordinarietà il primo obiettivo – sottolinea l’assessore all’immigrazione della Toscana, Vittorio Bugli – non può che essere la coesione sociale. E se i profughi smettono di essere profughi  e diventano persone…" (continua)