Il ministro Zanonato, titolare dello Sviluppo economico, in conferenza stampa ha confermato due fonti essenziali da cui trarre i denari per in bolletta. E cioè bioliquidi (300 milioni, 40% in meno del bonus) e Cip6 (250 milioni, il 20% degli incentivi che dal 1992 pesano per un miliardo sulle bollette degli italiani). Ma ha taciuto su una terza fonte che ha fatto discutere assai i ministri, entrata nel testo, poi ritoccata e ora all’analisi dei tecnici, forse ripristinata nel decreto ufficiale che sarà diffuso in questi giorni. Questa fonte è la Robin Tax, la maggiorazione sull’Ires, in pratica un’addizionale sul reddito delle società del comparto, introdotta nel 2008 al 5,5%, poi negli anni ritoccata al 6,5%, l’ultima volta da Tremonti nel 2011 rialzata al 10,5% per il triennio 2011-2013. E che dal 2014 planerà di nuovo al 6,5%.
Ebbene, questa tassa fino ad oggi era versata solo dalle “grandi”. Imprese con ricavi sopra i 10 milioni di euro e reddito sopra il milione. Queste due soglie sono state abbassate e di molto. Il testo entrato nel Consiglio le portava a 500 mila e 80 mila, rischiando di toccare anche aziende medio-piccole. Dopo un braccio di ferro, i limiti sono saliti a 3 milioni e 300 mila euro. Se rimanessero questi, la tassa peserebbe anche sui grandi impianti fotovoltaici (da 6-7 megawatt, 20 ettari, circa 40 campi di calcio), ricavandone non tanto però, all’incirca 30 milioni. Ma dando un segnale molto forte ai produttori “verdi”. Ecco perché lo stesso Zanonato, sapendo che la materia è scivolosa, ha lasciato la norma in stand-by. Per recuperarla nel “decreto fare” o in un decreto ad hoc sulle rinnovabili