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Road map: Tardi per l’Europa, tardissimo per l’Italia

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Poiché dobbiamo abbattere le emissioni del comparto edilizio del 90% entro il 2050, bisogna passare alla riqualificazione spinta, mentre oggi solo l’1% degli interventi sono fatti sull’intero edificio

Fonte: tekneco.it

Autore: Sergio Ferraris

e sull’efficienza energetica l’Europa rallenta lo si nota anche dal fatto che la nuova presidente di turno del Consiglio dell’Ue, la lettone Laimdota Straujuma, presentando il proprio programma di lavoro si sia “dimenticata” dell’ambiente e dell’energia – mentre si è ricordata molto bene il TTIP, il controverso accordo sul libero commercio tra Usa e Ue -, l’Italia sulla materia sta proprio peggiorando. «È un quadro sconcertante – afferma Gianni Girotto, senatore del Movimento Cinque Stelle -. Registriamo il ritardo sulle rinnovabili non elettriche che scadevano il 31 dicembre 2014, mentre sull’efficienza energetica c’è letteralmente una babele con una pletora di norme e regolamenti, alcune volte in palese contraddizione tra di loro, alle quali si aggiungono le interpretazioni degli enti locali. E non basta. L’Autorità per l’energia elettrica, il gas e l’acqua sta fornendo delle interpretazioni restrittive sui Sistemi efficienti d’utenza e persino sulla fornitura energetica delle isole minori». E chi si aspettava la semplificazione, secondo il senatore M5S, deve ammettere che è arrivata quella per la procedura della conferenza dei servizi che però è più efficace per le grandi opere che per le rinnovabili. «Il nostro è un sistema che è e rimane bloccato non favorendo la crescita dell’efficienza e delle fonti rinnovabili – afferma Livio De Santoli, Delegato per l’edilizia e le politiche energetiche della Sapienza Università di Roma e Presidente AiCARR -. L’esempio più eclatante di ciò è quello del decreto sull’efficienza energetica che recepisce la direttiva europea in materia, nel quale si stanziano complessivamente 800 milioni di euro per la ristrutturazione energetica del patrimonio edilizio pubblico nei prossimi cinque anni. Ebbene, questa operazione, se si rispettano le percentuali indicate da Bruxelles che rappresentano circa tre milioni di metri quadri ogni anno, costerebbe tre miliardi ogni anno. È chiaro quindi che o si sono sbagliati i conti, oppure si vuole scaricare il problema dopo il 2020». E dire che questa della ristrutturazione del patrimonio edilizio pubblico esistente, nelle intenzioni del legislatore europeo, avrebbe dovuto essere una sorta d’esempio, o meglio di “faro” per far intraprendere, da un lato, ai cittadini il percorso virtuoso dell’efficienza, dall’altro buttare le basi dei mercati nazionali e far risparmiare, sul lungo periodo, le amministrazioni pubbliche. «E siamo indietro anche su una cosa che l’Unione europea ritiene importante, come quella circa l’aumento della consapevolezza delle famiglie rispetto ai consumi – prosegue De Santoli -. Invece abbiamo dei ritardi notevoli sull’introduzione della contabilizzazione del calore, mentre abbiamo dei contatori elettronici che sono assolutamente complessi da consultare e danno una scarsa percezione dei consumi. La nostra proposta per uscire da questa situazione è quella di realizzare untesto unico sull’efficienza energetica che è un primo passo, per una reale semplificazione, senza il quale la burocrazia ucciderà il settore. Contemporaneamente l’Italia deve dotarsi di una seria strategia energetica ». In effetti l’ufficio complicazione degli affari semplici in questo settore è una costante. Sempre a proposito di obblighi europei, siamo l’unico Paese che ha dato per legge alle regioni l’incarico di normare sulla certificazione energetica. Con il risultato che ora ci si trova all’interno di una vera e propria babele di certificazioni, realizzate con approcci e sistemi diversi, mentre ci sono alcune regioni che a dieci anni di distanza non hanno ancora fatto nulla. Sempre secondo De Santoli, è necessaria una vera cabina di regia per l’efficienza energetica, anche perché quella istituita dal recente Decreto Legislativo 4 luglio 2014 n. 102 che recita testualmente: «è istituita […] una cabina di regia, composta dal ministero dello Sviluppo Economico, che la presiede, e dal ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare», è “falsa” visto che ha il compito di coordinare due soli soggetti. «Serve una cabina di regia seria, ossia un’unità di missione per l’efficienza energetica presso la Presidenza del Consiglio, – incalza De Santoli – senza la quale tra cinque anni ci ritroveremo nella stessa situazione di oggi, burocratizzata e incancrenita». «Poiché dobbiamo abbattere le emissioni del comparto edilizio del 90% entro il 2050, bisogna passare alla riqualificazione spinta, mentre oggi solo l’1% degli interventi sono fatti sull’intero edificio e non è più un problema tecnologico, ma finanziario visto che siamo in una fase di crisi – dice Gianni Silvestrini, presidente del Green Building Council Italia -. E per questo motivo mi sarei aspettato dal governo un intervento in questi senso, magari attraverso dei sistemi finanziari innovativi come sta succedendo in altri Paesi come gli Usa». E in effetti esistono fondi d’investimento disponibili a investire nel settore dell’efficienza energetica degli edifici fino a un punto di break even di dodici anni che però possono non essere sufficienti e qui sarebbe importante l’intervento del pubblico, che con cifre modeste può completare il quadro. E se si aggiungessero i Titoli d’efficienza energetica (Tee) applicati ai grandi progetti edilizi si potrebbero gettare le basi di un mercato solido e duraturo, ma anche le imprese dovrebbero fare la loro parte, facendo filiera per offrire agli utenti un servizio complessivo chiavi in mano. Forse varrebbe la pena sperimentare su questi punti per costruire una nuova finanza innovativa sui temi dell’efficienza energetica.