Impiegati in ambito residenziale soprattutto nel nord Europa e negli Stati Uniti, da qualche anno si stanno diffondendo anche in Italia. Cerchiamo quindi di capire meglio le caratteristiche e i vari aspetti di questa tecnologia con il presidente di Consorzio Bioenergia e Immobiliare Serena, Vincenzo Bagli.
Cosa s’intende innanzitutto per impianto geotermico a “bassa entalpia”?
Se la risposta a questa domanda deve avere un carattere di tipo scientifico, con mio “rammarico” e insieme con estremo piacere sarei costretto a girare subito la palla a chi all’interno del nostro gruppo di lavoro è noto a tutti per le sue competenze in materia, come il nostro direttore generale, ingegnere Norbert Klamsteiner. Ma se lo scopo è, invece, quello di far comprendere con semplicità e passione un po’ di più rispetto a ciò che facciamo e abbiamo fatto nelle nostre case, spero di poter essere utile. In primo luogo, non bisogna confondersi con la geotermia ad alta temperatura, che riguarda un anomalo ed elevato calore del sottosuolo utilizzato per produrre elettricità con grandi impianti. La geotermia a bassa entalpia sfrutta strati più superficiali del terreno e può essere utilizzata ovunque, senza eccezioni, per riscaldare e raffrescare gli ambienti e produrre acqua calda sanitaria.
Il principio di funzionamento, ridotto ai minimi termini, è molto semplice. Il terreno o l’acqua di falda mantengono una temperatura costante durante l’intero arco dell’anno: di conseguenza, trasferire questo calore all’abitazione (o sottrarglielo per rinfrescare d’estate) equivale a soddisfare le esigenze climatiche di un edificio durante l’intero arco dell’anno, assicurandosi un ambiente salubre, risparmiando dal punto di vista economico e adottando un comportamento energetico lungimirante e sostenibile (poiché l’impianto può produrre anche l’acqua calda sanitaria, se montate piastre a induzione al posto delle tradizionali cucine – come hanno fatto i nostri clienti –, la vostra casa avrà eliminato anche l’uso del gas metano).
Nel caso in cui si sceglie di trarre il calore dal terreno, bisogna installare sonde verticali in profondità (tipologia «a circuito chiuso»), ma quando l’acqua di falda è disponibile a bassa profondità, è preferibile la tipologia acqua/acqua, ossia un impianto «a circuito aperto». Siccome lo abbiamo iniziato a usare qualche anno fa ed è in uso sia nella Residenza dei Fiori (un complesso di 6 appartamenti è stato fra i progetti segnalati al Premio All’Innovazione Amica dell’Ambiente 2010), sia su vasta scala nel Borgo Antico, un ecoquartiere di 10.000 metri quadri, mi soffermerei su questa variante, che reputo la più efficace e di cui posso parlare per esperienza diretta. Semplificando, funziona così: l’acqua è prelevata direttamente dalla falda tramite un foro nel terreno di pochi centimetri di diametro, detto «pozzo di presa»; dopodiché è tratta in superficie e portata in un locale tecnico (la centrale termica). Qui viene incanalata nella pompa di calore (alimentata da energia elettrica, che è l’unica consumata dall’impianto) con cui scambia calore ed è poi restituita alla falda tramite un altro piccolo foro praticato nel terreno, detto «pozzo di resa». Grazie a questo scambio, d’inverno la pompa può portare la temperatura dell’acqua distribuita ai terminali radianti (“griglie” di tubi inseriti nelle pareti, nei soffitti o nei pavimenti) dai 14/15° di partenza ai 30-35° necessari a riscaldare gli ambienti: se si pensa quanto esiguo sia il “delta”, ossia la differenza utile a raggiungere questa temperatura, rispetto a quello necessario a raggiungere i 60-70° dei terminali tradizionali, è piuttosto intuitivo comprendere quanto poca sia l’energia sufficiente all’impianto. Non solo: grazie al cosiddetto «free cooling», d’estate il raffrescamento è addirittura quasi gratuito, perché i 14-15° dell’acqua di falda sono sufficienti a rinfrescare gli ambienti e allora in questo periodo basta il semplice scambio di calore, escludendo la pompa – e dunque anche il consumo di energia elettrica. In sostanza, quando con i tradizionali ed energivori condizionatori si consumerebbero quantità spropositate di elettricità, grazie a questo sistema l’esborso energetico ed economico è pressoché azzerato.
In ogni caso, per chi volesse approfondire gli aspetti più tecnici, basta una rapida ricerca in rete per trovare ormai molto materiale, anche in italiano. Però, in tutta sincerità, è mia abitudine far notare sempre a chi mi fa domande sulla geotermia perché ne ha letto qualcosa, che a tutta questa letteratura ancora non corrispondono altrettante esperienze consolidate. È una tecnologia eccezionale e conveniente sotto tutti i punti di vista, ma bisogna fare attenzione. Ogni luogo, con le sue caratteristiche climatiche e geologiche, necessita di attenzioni progettuali diverse: per esempio, prendendo soluzioni adottate per un impianto realizzato nelle aree di lingua tedesca, dove in effetti usano la geotermia da parecchi anni, e adottandolo pari-pari in altri luoghi, si va incontro a molti problemi (pensate per esempio alla presenza o meno dell’umidità).
Per cui: geotermia sì, ma con cognizione ed esperienza da parte di chi la propone. Anche perché se non si esegue l’impianto a regola d’arte, chi ci abita vive un’esperienza deludente e dà vita a un passaparola ingeneroso per una soluzione che invece, a mio parere, dovrebbe addirittura diventare la norma nella nuova edilizia, insieme al solare termico e fotovoltaico.
Perché scegliere un impianto geotermico invece del tradizionale impianto di riscaldamento? Quali vantaggi offre?
I benefici sono molti e interessano tre aspetti fondamentali per la qualità della nostra vita: benessere, ambiente e portafoglio. Partiamo dal benessere. Come detto, si parla sempre più di impianti geotermici, ma poche persone hanno avuto modo di entrare in case che li utilizzano. La sensazione è sorprendente: innanzitutto, la temperatura è omogenea all’interno dell’ambiente, a differenza di ciò che succede con i sistemi i tradizionali e i loro terminali radianti, che concentrano caldo o freddo in prossimità della fonte (come il classico calorifero: se si sta vicini a esso ci si “brucia” e magari, allontanandosi, si ha quasi freddo). Inoltre, è una climatizzazione salubre. Nulla a che vedere con la spiacevole sensazione di “secchezza” data per esempio da caloriferi e split. Per intenderci, d’estate la sensazione di freschezza è simile a quella che proviamo nelle vecchie case dai muri spessi, ma senza umidità (grazie alla deumidificazione controllata). Per ciò che riguarda la sostenibilità, non c’è neppure bisogno di dilungarsi: zero emissioni in loco. Le uniche emissioni sono quelle per la produzione dell’energia elettrica necessaria alla pompa di calore, ma se si abbina all’impianto geotermico anche un impianto fotovoltaico, allora il sistema può divenire autosufficiente. Infine, il portafoglio: il risparmio in bolletta è considerevole. Prendendo in esame un valore medio, riferito a una casa con un buon isolamento, parliamo di 7-800 euro all’anno per riscaldamento, raffrescamento e acqua calda sanitaria. Con un isolamento ancora migliore, la cifra può diminuire. E se l’elettricità è autoprodotta con il fotovoltaico si ridimensiona: o, addirittura, può azzerarsi. Torniamo però all’isolamento, perché è proprio sul cosiddetto involucro edilizio che si fondano i presupposti del risparmio e dell’efficienza energetica. Infatti, se non garantisce il massimo contenimento di calore d’inverno e la massima schermatura degli ambienti d’estate, serramenti e tetto compresi, allora qualsiasi impianto sarà costretto a lavorare di più (tanto per intenderci: pensate allo sforzo che dovreste fare per gonfiare un palloncino bucato, soffiandoci dentro). Pertanto, il punto di partenza è realizzare un buon involucro: dopodiché, ciò che ancora manca per garantirci il benessere climatico in inverno ed estate lo si può affidare alla geotermia.
Qual è la diffusione a livello nazionale della geotermia a uso domestico?
Per dare l’idea della sua diffusione, farei riferimento al recente “Rapporto Comuni Rinnovabili 2011” di Legambiente, un censimento realizzato in collaborazione con GSE e Sorgenia, da cui emergono 69,7 MW termici suddivisi in 290 comuni – per un totale di circa 200 impianti.
Se una persona, per esempio, volesse acquistare una casa con un impianto geotermico (o eventualmente installarlo) a chi dovrebbe rivolgersi?
L’installazione di un impianto geotermico in un contesto costruito già esistente è piuttosto difficoltoso: in aree ad alta densità abitativa può essere addirittura impossibile (tra l’altro, non bisogna dimenticare che l’operazione di trivellazione, oltre che costosa, necessita anche di spazio). In ogni caso, per l’utilizzo di un impianto geotermico, come detto, sono necessari terminali a bassa temperatura: i classici “caloriferi”, ventil convettori, vecchi impianti a pavimento, etc. sono invece ad alta temperatura (lavorano a 65-70°), e in loro presenza il risparmio sarebbe vanificato. L’offerta di nuove costruzioni che adottano la geotermia è invece in crescita, così come le società specializzate. Però, poiché è un mercato ancora relativamente giovane, è difficile consigliare network specifici senza affidarsi, molto semplicemente, all’esperienza e alle referenze.
L’impianto geotermico può essere installato dappertutto? Quando conviene?
Può essere installato dappertutto, senza distinzione, perché tutto il terreno è una fonte di calore a temperatura costante. Poi, a seconda delle caratteristiche geologiche del sottosuolo, può essere più o meno prestante. Come anticipato, è molto consigliato quando la falda è vicina alla superficie, perché il sistema acqua-acqua rende molto bene. Ma ripeto: a parte casi particolari, è consigliabile adottare la geotermia in nuove costruzioni o ristrutturazioni complete. Anzi a mio parere nei nuovi interventi dovrebbe addirittura divenire un “obbligo”, insieme a solare termico e fotovoltaico.
Il solo impianto geotermico è sufficiente per il riscaldamento di una casa o bisogna installare elementi di supporto? Esistono, ed eventualmente quali sono, delle problematiche comuni connesse a questo sistema?
Se si è in una buona classe energetica (almeno in B), l’impianto geotermico è quasi sicuramente sufficiente a riscaldamento, raffrescamento e produzione di acqua calda sanitaria per abitazioni di qualsiasi metratura, basta che il suo dimensionamento sia corretto. Il già citato Borgo Antico di Cormano è un quartiere di 10.000 mq. alimentato interamente da impianti geotermici. E i suoi appartamenti misurano 100 mq.
Gli unici avvertimenti che mi sento di dare – e che rivolgo proprio a noi operatori, più che agli acquirenti – è di non improvvisarsi progettisti, perché senza la dovuta esperienza un impianto geotermico può creare inconvenienti di non poco conto: deve essere correttamente dimensionato ed essere misurato sulle caratteristiche climatiche e geologiche del sito. Infine, bisogna tenere conto che nei primi tempi d’esercizio è necessario un affinamento delle impostazioni di sistema da parte di chi segue l’impianto, per raggiungere la configurazione più efficace (che è sempre diversa da impianto a impianto, ed è importantissima per la sua migliore resa). Ciò è contemporaneo e conseguente all’assestamento dei comportamenti energetici da parte dei residenti, che provenendo dall’utilizzo di impianti tradizionali devono sempre abituarsi a al nuovo sistema, più efficiente e razionale.
Quali sono i costi in media per questo tipo d’impianto? Qual è il tempo di rientro dell’investimento?
Il costo è variabile a seconda delle dimensioni dell’abitazione e delle specifiche soluzioni adottate. Innanzitutto, in caso di intervento concomitante alla ristrutturazione vale l’incentivo del 55%. Per l’impianto in sé e nel caso di intervento su un edificio esistente, si potrebbe stimare un costo di circa 20/30 mila euro per una unità di 100 mq. Ma, ripeto, è davvero una proiezione intesa solo a fornire un ordine di grandezza: le variabili progettuali sono innumerevoli. Anche perché, come detto, il geotermico lo si trova soprattutto nelle nuove costruzioni e nelle ristrutturazioni radicali (ed è proprio in questi casi che ha più senso l’investimento). Di conseguenza, l’argomento diviene più complesso, perché sta al costruttore, rapportandosi a un mercato immobiliare che sta mutando radicalmente, dare un prezzo al proprio prodotto, valutandone le caratteristiche e rimettendolo a un contesto che non consente più di costruire a cuor leggero, senza responsabilità e competenza. Di “prodotto” vero e proprio, con la sua specifica personalità, bisogna iniziare a parlare anche per ciò che riguarda le case: per esempio, credo che nella nuova edilizia possa anche venire meno la classica prezzatura al metro quadro, proprio perché (e torniamo così all’adozione del geotermico) assume una diversa importanza il sistema edificio-impianto. Il “prodotto”, appunto.
Da parte dell’acquirente, il ragionamento deve essere rivolto principalmente al rapporto tra costo iniziale e risparmio in bolletta: ci si accorgerà che acquistando una casa costruita a regola d’arte e dotata di impianti a energia rinnovabile e ad alta efficienza energetica questo risparmio, sulla media e lunga scadenza, può davvero ripagare l’investimento. Oltre a garantire una migliore esperienza abitativa.