"Nella strategia energetica nazionale del Governo le Rinnovabili hanno un ruolo importante. Quindi intendiamo svilupparle. Per il Fotovoltaico prevediamo misure di semplificazione amministrativa nei processi autorizzatori per l’installazione e di liberalizzazione del settore che quindi ne faciliterà lo sviluppo".
Ha risposto così il Vice Ministro allo Sviluppo Economico, Claudio De Vincenti, alle polemiche sollevate dalle imprese italiane della filiera delle Rinnovabili a pochi giorni all’annuncio del decreto "Spalma Incentivi" , che contiene norme che penalizzano gli investimenti già effettuati.
Incentivi sbilanciati
Il provvedimento prevede che i titolari di impianti fotovoltaici oltre i 200 kW il 4% della platea dei beneficiari (circa 8.600), che percepiscono però il 60% degli incentivi dovranno scegliere tra la dilazione dell’incentivo in 24 anni (da 20) e la riduzione dell’ammontare equivalente. Nel primo caso si può contare su una provvista dedicata o sulla garanzia della Cassa Depositi e Prestiti, che fornirà liquidità alle banche che finanziano i produttori.
"Abbiamo per il 4% degli operatori dei tassi di rendimento spropositati e quindi pensiamo che sia opportuno un riequilibrio per aiutare coloro che invece sono svantaggiati dal sistema". "Nel fare quella che si chiama una spalmatura, abbiamo ridotto di circa il 17% l’incentivo di cui si gode ogni anno che viene poi recuperato nei 4 anni finali.
Rischio incostituzionalità
Il provvedimento, tuttavia, è stato ritenuto per certi versi incostituzionale in materia di retroattività e tutela dell’affidamento, nonché di obblighi internazionali. Secondo il Presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida: "Da un lato, la misura si configurerebbe come un intervento su rapporti di durata già cristallizzati in contratti di diritto privato (le convenzioni con il GSE), o comunque su decisioni già assunte dai produttori, che hanno effettuato investimenti e contratto oneri in base a previsioni economiche di cui l’aspettativa dell’incentivo è parte determinante. Ciò risulterebbe in contrasto con i limiti costituzionali alla retroattività delle leggi, con il principio – connaturato allo Stato di diritto e riconducibile agli artt. 3 e 41 della Costituzione – di tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti che hanno avviato un’iniziativa energetica, nonché con l’esigenza di certezza dell’ordinamento giuridico.
Dall’altro lato, lo "Spalma Incentivi" apparirebbe in conflitto con gli obblighi internazionali derivanti dal Trattato sulla Carta Europea dell’Energia (reso esecutivo in Italia con la legge 10 novembre 1997, n. 415), e quindi anche con l’art. 117, primo comma, della Costituzione, poiché violerebbe l’impegno assunto dagli Stati firmatari (tra cui l’Italia) ad assicurare agli investitori "condizioni stabili" oltre che "eque, favorevoli e trasparenti", per lo sviluppo delle proprie iniziative. Ciò impone che gli investimenti, che devono godere della "piena tutela e sicurezza", non vengano colpiti da modifiche (in senso deteriore) delle condizioni giuridiche ed economiche in base alle quali sono stati effettuati".
Vizi di costituzionalità che sussisterebbero anche nell’ipotesi in cui venisse prolungata la durata dell’incentivo, a compensazione della riduzione del suo valore perché, spiega il Professor Onida: "un credito non ha lo stesso valore quale che sia il tempo in cui viene soddisfatto". Tutto questo ha portato il presidente di Assorinnovabili, Agostino Re Rebaudengo, ha lanciare un appello al Presidente della Repubblica Napolitano, perché chieda al Governo un riesame del provvedimento evitando: "la condanna di un settore che non solo sta producendo ricchezza in termini di PIL e occupazione, ma garantisce anche all’Italia un futuro più pulito, sostenibile e energeticamente indipendente".
Tagli in bolletta limitati
La norma conosciuta come "Spalma Incentivi" è stata inserita dal Governo nel decreto legge omnibus discusso di recente nel Consiglio dei Ministri con lo scopo di ridurre la bolletta elettrica alle PMI, andando però a tagliare in modo retroattivo le risorse destinate agli impianti fotovoltaici già funzionanti e rischiando così di causare il fallimento di molte imprese e il licenziamento di almeno 10.000 lavoratori.
Non solo: secondo le stime delle associazioni di categoria, il beneficio effettivo dalla riduzione degli oneri in bolletta destinati alle Rinnovabili andrebbe a vantaggio di una minoranza di imprese, tutte “di grosso taglio” (potenza impegnata maggiore di 16,5 kW), tagliando fuori l’85% delle PMI italiane.