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Rinnovabili, obiettivo 1 per cento contro il climate change

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Promuovere l’energia rinnovabile con lo stanziamento di almeno l’1 per cento del budget statale annuale, ridurre gli incentivi pubblici all’uso di combustibili fossili, impegnare i governi per il successo del vertice di Parigi sul clima del 2015.

Fonte: Europa.it

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Questi in sintesi i contenuti, e le conclusioni, del forum parlamentare internazionale organizzato a Shanghai dal "Climate Parliament", la rete internazionale di parlamentari per il contrasto al cambiamento climatico, tenutosi nella città cinese dall’11 al 13 luglio.
Un meeting che ha visto la consacrazione, grazie all’intervento degli esperti di Ipcc (la commissione intergovernativa sui cambiamenti climatici istituita presso le Nazioni Unite), di un dato indiscusso e ormai assodato: se procederemo di questo passo, immettendo in atmosfera ogni giorno 90 tonnellate di anidride carbonica in più, a fine secolo la temperatura del nostro pianeta subirà un innalzamento compreso tra i due e i quattro gradi Celsius.
Il che, tradotto in pratica, significa scioglimento della calotta polare dell’Artico e dei ghiacci della Groenlandia, scomparsa di tutti i ghiacciai delle Alpi, aumento vertiginoso del dissesto idrogeologico e innalzamento dei mari tra i 3 e 7 metri.
Per dirla ancora più in pratica, entro un secolo potrebbero essere invasi dall’acqua il delta del Nilo, quello del Mekong, ma anche quello del Po; e continuando di questo passo finirebbero sotto il mare il Bangladesh, le Mauritius, le Maldive, Reunion, oltre a metropoli tra le quali la stessa Shanghai che ospitava il confronto.
Uno scenario da incubo, ma non figlio della fantasia di un futurologo allucinato, quanto delle proiezioni indiscutibili di scienziati riconosciuti che da ogni parte del mondo convergono sulla insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo basato sul largo impiego di fonti fossili e sull’immissione in atmosfera di Co2 che aumenta di giorno in giorno l’effetto serra.
Scenari che portano con sé effetti da esodo biblico, visto che sarebbero colpite popolazioni a fortissima crescita demografica e a fortissima povertà, che inevitabilmente si metterebbero in marcia verso le zone del pianeta dove la crescita dei mari lascia immuni terre emerse. Ovvero, anche l’Italia.
È ormai evidente che sia necessario un cambio deciso, avviando la transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili, sfruttando la rivoluzione tecnologica e l’innovazione per rimpiazzare progressivamente il potenziale energetico oggi assicurato da carbone, petrolio e gas.
Dal confronto di Shanghai, che ha visto dibattere numerosi parlamentari provenienti soprattutto dalle aree più povere del pianeta, emerge quindi con chiarezza che in gioco sulla vicenda dal cambiamento climatico c’è solo una cosa: il futuro della stessa umanità.
E per evitare quella che, senza perifrasi, tra i corridoi del Crowne Plaza di Harbour City a Shanghai veniva definita la "catastrofe climatica", serve che la politica faccia ciò che le è proprio: governare per cambiare il futuro.
Secondo il Fondo monetario internazionale, le sovvenzioni e gli incentivi fiscali accordati su scala globale alla produzione dei combustibili fossili arrivano a coprire l’8% dei budget pubblici nazionali mondiali. Pensare di destinare un 1% dei budget pubblici in favore delle energie rinnovabili, e di iniziare un processo di diminuzione delle immissioni in atmosfera, non appare quindi un sogno velleitario né una provocazione, ma semplicemente l’attivazione di una direzione di marcia.
Oggi Usa, Italia e Germania stanziano a favore delle rinnovabili tra lo 0,2% e lo 0,3% del proprio bilancio annuale. Regno Unito, Australia e Giappone oscillano tra lo 0,4% e lo 0,6%. Non a caso, sono proprio gli stati che sono più a rischio ad avere già raggiunto la soglia dell’1%: Costa Rica, Nicaragua, Isole Mauritius, Marocco, Filippine, Arabia Saudita.
Obiettivo 1% non è solo il modo con il quale riorientare la nostra spesa pubblica a favore del nostro futuro, pensando di più ai nostri figli e meno ai nostri egoismi quotidiani, ma è anche un obiettivo concreto in vista del vertice sul clima di Parigi del dicembre 2015.
Molti paesi guardano in quella direzione con speranza e fiducia nei confronti dell’Italia, sia per il suo ruolo attuale di presidenza dell’Ue sia per la sua distanza da concezioni colonialiste o tentazioni post-imperialiste.

 

Proprio da noi, quindi, può arrivare il futuro. Basta crederci