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Rinnovabili, in arrivo le nuove regole

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Il ministro dell’ambiente Clini: «Gli incentivi? Hanno un costo elevato per la comunità»

Fonte: Il Sole24ore

Autore: Andrea Curiat e Cristiano Dell’Oste

Poche cose riescono a dividere l’opinione pubblica e gli addetti ai lavori come gli incentivi alle fonti energetiche rinnovabili. Un fardello insopportabile sulle bollette degli italiani, secondo alcuni. Un investimento per il futuro, secondo altri. Tra le voci critiche c’è quella del ministro dell’Ambiente, Corrado Clini: «Non possiamo immaginare che in una situazione come quella attuale la comunità debba farsi carico di un costo così elevato per sostenere dei rendimenti che spesso sono solo finanziari». Tra i sostenitori, invece, ci sono molti operatori del settore. Che ricordano, tra l’altro, come nel costo complessivo dei bonus vengano spesso – e impropriamente – inclusi gli incentivi Cip6 per le fonti assimilate, che incidono per circa un miliardo di euro all’anno.
Il fotovoltaico, arrivato in pochi anni alla quarta versione del conto energia (attualmente regolato dal Dm 5 maggio 2011), è oggetto della stretta sulle aree agricole contenuta nel decreto "cresci-Italia". Valerio Natalizia, presidente del Gruppo imprese fotovoltaiche italiane (Gifi-fv), rileva: «Gli incentivi distribuiti sino ad oggi hanno permesso di installare 12,6 GW di potenza fotovoltaica in Italia. Non solo: i soldi investiti sono serviti all’evoluzione del settore, sia dal punto di vista tecnologico sia, soprattutto, dei costi. C’è ancora molta strada da percorrere prima che l’energia alternativa sia fruibile allo stesso prezzo di quella convenzionale». Il timore degli operatori, aggiunge Natalizia, è che una serie di provvedimenti sbagliati possa mettere a repentaglio tutto quanto realizzato sinora. «È vero, oggi gli incentivi pesano sulle bollette delle famiglie e delle aziende energivore. Ma bisogna guardare al lungo periodo: in futuro i prezzi dell’energia da fonti rinnovabili si ridurranno al punto da generare una riduzione consistente del costo dell’energia per il Paese intero». Per il momento, però, il presidente Gifi ritiene ancora impossibile pensare a un fotovoltaico libero da forme di incentivazione di varia natura.
Anche secondo Gianni Chianetta, presidente di Assosolare, il punto fermo sul tavolo del dibattito deve essere la stabilità delle regole: «I nostri associati temono in particolare l’instabilità normativa che ha caratterizzato l’ultimo biennio. L’incertezza ha frenato fortemente il rilascio dei finanziamenti bancari e allontanato gli investitori stranieri. Il contatore Gse non si muove più ai ritmi dello scorso anno, e questo è un segnale di rallentamento del mercato». Servono, secondo Chianetta, misure che favoriscano le «numerose sinergie che si possono mettere in moto con alcuni settori a noi complementari e affini. Pensiamo all’efficienza energetica, alla mobilità sostenibile, all’avvio delle cosiddette smart cities».
Allargando lo sguardo alle altre fonti alternative, le richieste delle aziende non cambiano. Dall’Associazione produttori di energia da fonti rinnovabili (Aper), il direttore Marco Pigni commenta: «Gli operatori delle rinnovabili in Italia si aspettano prima di tutto certezze. Certezze autorizzative, certezze rispetto gli incentivi e certezze sui tempi d’allaccio degli impianti. Tutte cose che sono, è bene ribadirlo, a costo zero per le istituzioni». Per quanto riguarda gli incentivi, Pigni ribadisce: «Non difendiamo a spada tratta il livello d’incentivazione del conto energia del 2007, ma siamo per un accompagnamento coerente, costante e pragmatico verso la grid parity. Nel frattempo occorre salvaguardare gli investimenti già intrapresi e in avanzata fase di sviluppo». Secondo i dati di Aper, gli incentivi hanno prodotto 100mila posti di lavoro e colmato il gap che l’Italia aveva nelle rinnovabili in Europa. Una buona parte dei bonus, inoltre, finisce nelle tasche delle 300mila famiglie che hanno investito nel settore e risparmiano sulle bollette. «Ciò che temiamo di più – spiega Pigni – è la sovrapposizione di competenze, che deriva dalla stratificazione negli anni di leggi e norme. Oggi l’iter autorizzativo per un impianto eolico, idroelettrico o a bioenergie dura tra i quattro e i sei anni, cosa che condanna il settore a un costante "rimanere indietro" nelle tecnologie e nelle applicazioni, oltre a scoraggiare qualsiasi forma d’investimento», conclude Pigni.
Parole che non suonano troppo distanti da quelle del presidente dell’Autorità per l’energia, Guido Bortoni, secondo cui «oltre al quadro normativo e alle giuste incentivazioni, servono anche le procedure autorizzative, la regolazione dell’accesso alle reti e la definizione di modalità di cessione dell’energia prodotta». Lo stesso Bortoni – intervenendo martedì scorso a un convegno – ha sottolineato l’importanza di ripensare il mix degli incentivi: le rinnovabili termiche possono essere incentivate con una spesa di 350 euro per Tep (Tonnellate equivalenti di petrolio) e gli interventi in efficienza con 600 euro al Tep, mentre un Tep di rinnovabili elettriche – categoria in cui rientra il fotovoltaico – costa invece dai 900 ai 3mila euro.
In attesa di vedere che forma prenderà il grande scenario, comunque, la scadenza più ravvicinata riguarda le nuove regole per il dispacciamento delle energie pulite. Il Dl 1/2012 ha anticipato al 28 febbraio il termine entro cui l’Autorità per l’energia deve definire i nuovi orientamenti per far sì che la rete elettrica possa sostenere senza problemi lo sviluppo delle fonti rinnovabili, che per loro natura non sono programmabili nell’erogazione dell’energia.