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Rinnovabili Il made in Italy punta forte sul verde

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L’Italia si candida a diventare campione dell’economia verde.

Fonte: Corriere della Sera

Autore: ELENA COMELLI

L’Italia si candida a diventare campione dell’economia verde. Con 360 mila imprese – oltre il 25% del sistema industriale italiano – che investono in tecnologie pulite e il 40% dei nuovi occupati nel 2011 legati a investimenti verdi, la green economy si rivela il comparto più dinamico dell’economia nazionale e quello più proiettato verso la crescita futura. Tutti gli alfieri di questo esercito in movimento saranno presenti dopodomani a Rimini, a EcoMondo, dove il 7 e 8 novembre si terranno gli Stati Generali della Green Economy, un evento a cui lavorano da mesi 40 associazioni di categoria suddivise in 8 diversi settori.
Iniziativa
«È un’iniziativa molto interessante perché parte dal basso e nasce dalla percezione, che hanno diversi gruppi industriali, di far parte di un mondo molto dinamico ma poco rappresentato», spiega il ministro dell’Ambiente Corrado CIini, che interverrà al meeting.
«Nelle grandi associazioni industriali e nelle anticamere del governo, le imprese che si portano dietro i problemi del passato contano più di quelle proiettate verso le opportunità del futuro, ma se vogliamo intercettare l’onda lunga della crescita è da qui che dobbiamo partire, dall’energia verde, dalle tecnologie avanzate della domotica, dall’agricoltura sostenibile, più che dalle realtà vecchie e decotte», sostiene Clini.
In questo senso, arriva a proposito l’appello del ministro Corrado Passera a far partire una consultazione popolare sulla strategia energetica del governo, presentata a metà ottobre dal premier Mario Monti dopo un’attesa di oltre i vent’anni. Il piano punta ad aumentare il peso delle fonti rinnovabili sui consumi energetici almeno fino al 23% nel 2020 e a tagliare l’incidenza dei combustibili fossili dall’86 al 76%.
Sugli interventi pratici per realizzarlo la green economy nostrana avrà parecchio da dire.
«Con gli incentivi, in parte esagerati, concessi negli anni scorsi alla produzione di elettricità pulita, abbiamo innescato un flusso favorevole di investimenti, che ora vanno incanalati nella ricerca e nelle soluzioni tecnologiche più innovative con meccanismi diversi, da un lato con crediti d’imposta mirati, dall’altro con forme di tassazione che diano più peso ai consumi di energia, concedendo vantaggi a chi è più efficiente», ragiona Clini.
Nel 2011, gli investimenti mondiali nelle rinnovabili hanno raggiunto i 257 miliardi di euro e i cinque milioni di occupati. L’Italia è stato il quarto Paese al mondo, con 28 miliardi di investimenti nelle fonti pulite – un punto e mezzo di Pil – in forte crescita rispetto ai 20 miliardi del 2010.
Sostegno
«Dobbiamo sostenere questi investimenti per rilanciare la competitività del made in Italy, puntando sulle eccellenze che già abbiamo, nel solare a concentrazione, nella geotermia, nel piccolo eolico, nelle tecnologie per l’efficienza energetica, negli inverter, tutte produzioni che già oggi fanno l’80% delle loro vendite all’estero e quindi danno una forte spinta all’economia italiana», ribadisce Clini.
Gli otto gruppi di lavoro dedicati ai settori ritenuti più importanti per lo sviluppo della green economy hanno già stilato in questi mesi una batteria di proposte che saranno discusse nella due giorni di Rimini e poi girate al governo.
«Non chiediamo soldi, ma una strategia politica precisa e stabile nel tempo, con un piano d’interventi per tradurla in pratica», precisa Pietro Colucci, presidente di Kinexia e coordinatore del gruppo energie rinnovabili. «Le fonti rinnovabili hanno già fornito in questi anni un deciso contributo in termini di maggiore sostenibilità ambientale, economica e sociale del Paese. Oggi la nuova sfida è di indirizzare questa crescita repentina verso la creazione di un modello industriale sano, stabile e rivolto al futuro, che sia in grado di produrre innovazione, attirare investimenti e creare occupazione», auspica Colucci.
Se il comparto verrà sostenuto in maniera adeguata, al 2020 la quota di consumi energetici soddisfatta da fonti rinnovabili sarà superiore all’ obiettivo iniziale del 17% e potrebbe arrivare al 30% al 2030, allineandosi così alla recente roadmap europea, con una minore dipendenza dai combustibili fossili, che si tradurrà in un risparmio sulle importazioni energetiche di 18-20 miliardi di euro all’anno al 2020 e di 26-30 miliardi di euro all’anno al 2030, secondo un’elaborazione della Fondazione per lo sviluppo sostenibile di Edo Ronchi, fra gli organizzatori degli Stati generali.