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Rinnovabili, gli operatori di settore contro il servizio delle Iene: «Pseudo-denuncia priva di ogni fondamento»

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Fonte: greenreport.it

Autore: di Assoebios

 

L’associazione operatori elettrici da bioliquidi sostenibili (Assoebios) esprime tutto il suo disappunto per il servizio messo in onda nella trasmissione “Le Iene” dello scorso 2 novembre, dal titolo “Il business delle fonti rinnovabili“.

I nostri associati si sono sentiti direttamente coinvolti in una pseudo-denuncia priva di ogni fondamento tecnico-scientifico e normativo, volta essenzialmente a screditare l’attività di produzione di energia dalle biomasse, seguendo l’assunto che le fonti rinnovabili costano alla collettività e oltretutto molte di queste non sarebbero neanche annoverabili tra le fonti rinnovabili in quanto fonte di inquinamento (ad es. chi brucia oli vegetali puri sostenibili riempirebbe l’atmosfera di odore di patatine fritte).

Bene, abbiamo ravvisato nel servizio evidenti difetti di forma e, soprattutto di sostanza. Innanzitutto non condividiamo il fatto che non sia stato inserito nel servizio alcun tipo di contraddittorio; non è stata data voce neanche ad una delle migliaia di aziende, tecnici o imprenditori, enti locali che hanno sviluppato il loro business nel campo delle Fer.

È lampante l’assoluta mancanza di riferimenti normativi. Nessun accenno è stato fatto al contributo che tutte le fonti rinnovabili, biomasse in particolare, danno all’Italia al fine del raggiungimento dell’obiettivo Ue 20-20-20, ovvero produzione al 2020 del 20% dell’energia lorda (elettrica+termica+trasporto) da fonti energetiche rinnovabili con contestuale riduzione del 20% di emissioni di CO2. All’Italia era stato dato l’obiettivo del 17%, già raggiunto grazie al fondamentale apporto degli impianti a biomassa.

Si dimentica sempre un punto fondamentale, che è il seguente: gli impianti a biomassa rappresentano, insieme all’idroelettrico e al geotermico, le fonti rinnovabili programmabili, ovvero quelle che non dipendono da particolari condizioni meteorologiche (sole, vento, ecc), ma possono rimanere costantemente attive. Questo è un grande vantaggio se si pensa alla continuità di fornitura che deve essere garantita dal servizio elettrico nazionale. L’altro vantaggio è quello della possibilità di produrre contemporaneamente energia elettrica ed energia termica (in qualche caso si riesce anche a fare trigenerazione, aumentando l’efficienza energetica). Queste caratteristiche pongono gli impianti a biomassa come gli unici che possono essere inseriti in sistemi di teleriscaldamento (diversi sono gli esempi in regioni “virtuose” come Trentino Alto Adige, Veneto o Lombardia) in completa sostituzioni delle fonti fossili come metano o gasolio, o addirittura degli oli pesanti Atz o Btz.

Nessun riferimento vi è stato in merito alle eventuali multe che ogni nazione dovrà pagare se non raggiunge i suoi obiettivi: pertanto meglio pagare multe senza produrre energia o favorire lo sviluppo tecnologico del nostro Paese, o meglio destinare parte della nostra bolletta elettrica alle fonti rinnovabili? Meglio continuare ad incentivare le fonti assimilate e sostenere costi per il nucleare, oppure destinare parte della nostra bolletta elettrica alle fonti rinnovabili?

E veniamo alla sostanza: Nel servizio si parte dalla definizione di fonte rinnovabile come fonte pulita: non è corretto. In realtà si definisce energia rinnovabile “una qualsiasi fonte energetica che si rigenera almeno alla stessa velocità con cui si utilizza”. In accordo con l’Agenzia internazionale dell’energia – International energy agency (Iea) – rientrano in questa categoria: l’energia solare; l’energia eolica; l’energia geotermica; l’energia da biomassa; l’energia idroelettrica.

Inoltre viene da sé che qualsiasi attività antropica può generare livelli più o meno alti di inquinamento, ma le fonti indicate sopra, tra cui le biomasse, si contrappongono alle energie tradizionali ottenute da fonti fossili sia perché potenzialmente “infinite”, sia perché hanno un minore impatto sull’ambiente. Ad esempio tutti i bioliquidi utilizzati in Italia (come combustibile e come carburante) sono sostenibili e devono rispettare le condizioni poste dalla Direttiva UE 28/2009, altrimenti non potrebbero essere utilizzati. Un contesto in cui una parola ormai abusata, sostenibilità, ha ancora un senso profondo.

L’impiego dei bioliquidi sostenibili come biocombustibile permette di produrre energia a zero emissioni di CO2 in quanto la quantità di anidride carbonica emessa dalla combustione del bioliquido è la stessa che viene assorbita dalla pianta durante il suo ciclo di accrescimento e i suoi processi fotosintetici. Le rinnovabili, infatti, permettono di limitare le emissioni di CO2 la cui riduzione è il principale obiettivo fissato ad esempio dal Protocollo di Kyoto.

E ancora, nel servizio vengono enfatizzati i dati relativi al costo delle biomasse nel sistema incentivante italiano, in particolare si è dichiarato un costo annuo per le sole biomasse di 10 miliardi di euro: totalmente infondato. Il costo totale delle Fer non fotovoltaiche in Italia è stato nel 2014 pari a 5,4 miliardi di euro circa (fonte Gse), mentre le biomasse (solide, liquide e gassose) hanno influito per 2,5 miliardi di euro. Gli impianti a bioliquidi nella loro totalità (Cv+To) hanno inciso per circa 420 milioni di euro. D’altro canto il costo del fotovoltaico si attesta in Italia a circa 6,7 miliardi di euro: tali livelli di incentivazione rimarranno pressoché stabili fino al 2025 (si veda tabella a fianco). Non si capisce pertanto come possano essere stati attribuiti costi per 10 miliardi di euro annui alle sole biomasse, settore che nella sua totalità inciderà al massimo per il 20% del costo annuo delle fonti rinnovabili.

Ovviamente senza considerare i benefici occupazionali diretti e indiretti (filiere agroenergetiche, manutentori, ecc.) che necessariamente comportano la gestione di impianti a biomassa. Certamente i soggetti che hanno investito in questo ambito lo hanno fatto per raggiungere un buon tornaconto economico, ma va ricordato con forza che, nella maggior parte dei casi, si partiva da situazioni in cui la crisi economica cominciava già a manifestarsi (si è trattato di diversificazione e implementamento dell’attività aziendale), si partiva dalla necessità di abbattere i costi di produzione cercando, tuttavia, di mantenere (o innalzare in qualche caso) i livelli occupazionali.

In conclusione, il servizio è dal nostro punto di vista deprecabile in quanto fornisce una visione parziale e distorta della realtà di settore, fornendo dati incoerenti e non veritieri, attaccando ingiustamente un comparto che si è sviluppato tra mille difficoltà, ma sempre nel rispetto delle normative esistenti (internazionali, comunitarie e nazionali). I numeri ci danno ragione: in questi anni abbiamo creato sviluppo e abbiamo dato un sostegno all’economia, riducendo la dipendenza dalle fonti fossili e l’inquinamento, in linea con le politiche mondiali di contrasto ai cambiamenti climatici che sono in atto e ormai sotto gli occhi di tutti.