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Rinnovabili: del doman non v’è certezza…

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Per il settore delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, il panorama normativo in continuo movimento crea profonde incertezze

Fonte: Rinnovabili&Territorio

Autore: Redazione

La certezza del quadro normativo è  –in ogni settore– uno dei presupposti essenziali per permettere una programmazione efficace ed investimenti adeguati  e quindi per garantire politiche di sviluppo mirate.
Ma come avviene in altri settori, anche quello delle energie rinnovabili è invece soggetto, nel nostro paese, a continui rimaneggiamenti del quadro delle regole: una situazione che  determina uno stato di perpetua incertezza che non favorisce certo l’ottenimento di risultati adeguati.
Qualche giorno fa (il 29 gennaio ) il Senato ha approvato un emendamento al Ddl di "Conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative" il cosiddetto milleproroghe, che posticipa di un anno l’adeguamento ai nuovi obblighi di utilizzo di fonti rinnovabili per la copertura (in determinate percentuali) del fabbisogno di calore, elettricità e raffrescamento, negli edifici di nuova costruzione o sottoposti a rilevanti ristrutturazioni.
Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 che ha recepito la Direttiva 20-20-20 (2009/28/CE) aveva, infatti,  introdotto l’obbligo entro il 2013 di coprire  -negli edifici di nuova costruzione o in ristrutturazione rilevante- una quota dei consumi previsti con fonti energetiche rinnovabili, anche  in   combinazione tra loro o con soluzioni tecnologiche che, sommate, fossero in grado di raggiungere le percentuali richieste.
Le percentuali e la tempistica indicate dal suddetto Ddl prevedevano un primo step del 20% (al 31 dicembre 2013) della somma dei consumi di acqua calda, riscaldamento e raffrescamento, che diveniva il 35% al 31 dicembre 2016 e il 50%  a partire dal 1° gennaio 2017.
In base alla modifica introdotta dall’emendamento presentato al Senato questo passaggio dell’obbligo dal 20 al 35% si sposta dal primo gennaio 2014 al primo gennaio 2015.
Un obbligo, vale la pena ricordare, che non si applica alle utenze allacciate a reti di teleriscaldamento come recita il comma 5 dell’allegato 3 del Dm 28/11: “L’obbligo di cui al comma 1 non si applica qualora l’edificio sia allacciato ad una rete di teleriscaldamento che ne copra l’intero fabbisogno di calore per il riscaldamento degli ambienti e la fornitura di acqua calda sanitaria”.
Un altro rimaneggiamento potrebbe poi subirlo anche il limite di potenza previsto per gli impianti fotovoltaici per poter usufruire del meccanismo di scambio sul posto. Il ventilato emendamento  di fonte governativa al Dl 145 “Destinazione Italia” (che non è stato però ancora presentato) ridurrebbe da 200 kW a 20 kW il limite per usufruire dello scambio sul posto (SSP).
L’attuale sistema di scambio sul posto –che interessa 388.000 impianti quasi esclusivamente fotovoltaici- permette agli impianti a fonti rinnovabili fino a 200kW di potenza di immettere in rete l’energia elettrica prodotta in eccesso rispetto ai consumi dell’utenza e di prelevarla in un secondo tempo. In sostanza lo SSP permette di usare la rete come un accumulatore virtuale: il produttore  paga regolarmente al fornitore l’energia prelevata dalla rete ma il GSE (Gestore dei Servizi Energetici) ne rimborsa il costo, e rimborsa, in maniera forfetaria, anche il costo degli oneri generali di sistema e dei costi di rete (trasmissione, distribuzione, dispacciamento).
L’emendamento previsto risponderebbe ad una volontà espressa dall’Autorità per l’energia (che ha pubblicato in tal senso due documenti di consultazione) di rimodulare i meccanismi di Scambio sul Posto (SSP) e di Ritiro Dedicato (RiD) per quanto riguarda i Prezzi Minimi Garantiti (PMG), con l’obiettivo di evitare che queste modalità di scambio e ‘vendita assistita’ dell’energia elettrica possano essere fonte di incentivazione indiretta per gli impianti alimentati a fonti rinnovabili. Altro obiettivo è diminuire il costo delle bollette elettriche, dato che il  costo di SSP e RiD ricade sulla componente A3 della bolletta.
L’Autorità ha manifestato -nel documento di consultazione- l’orientamento a limitare il rimborso degli oneri di sistema solo agli impianti FV di piccole dimensioni (entro i 20 kW di potenza ) ed a quelli di medie dimensioni che non ricevono gli incentivi del Conto Energia;  agli impianti FV tra i 20 ed i 200 kWp di potenza, che godono di incentivi, il corrispettivo per gli oneri di sistema non verrebbe quindi più riconosciuto, e verrebbe inoltre posto un tetto al rimborso degli oneri, agli impianti con potenza tra 20 e 200 kWp, che non godono di incentivi.
L’ipotesi di accogliere questa volontà del GSE in un emendamento governativo (non ancora confermato) ha suscitato l’indignazione delle associazioni del settore, per le quali questo emendamento, “insieme alle altre norme già contenute nel Dl (abolizione dei prezzi minimi garantiti e spalmatura degli incentivi), rappresenterebbe l’ennesimo colpo basso alle rinnovabili”.
“Nascondendosi dietro il paravento di una riduzione delle bollette elettriche, che avrebbe un’incidenza del tutto trascurabile –sostengono in una nota congiunta assoRinnovabili, Coordinamento FREE, GIFI e IFI-  si va ad impattare enormemente su quasi 50.000 piccoli impianti gestiti prevalentemente da quelle piccole e medie imprese che compongono l’ossatura manifatturiera portante del nostro Paese e che dallo scambio sul posto avevano trovato una modalità di riduzione dei costi energetici, peraltro i più elevati nel contesto nazionale”.