La produzione di energia pulita è infatti concentrata nel Mezzogiorno, a cui va a attribuito il 66% di tutta la produzione contro il 34% del centro-nord (al netto di geotermico e idroelettrico). La regione più rinnovabile in assoluto è la Puglia, in cui si produce il 18,6% di tutta l’energia prodotto per mezzo di fonti rinnovabili.
Eppure, l’Italia soffre di una forte dipendenza energetica rispetto ai paesi europeo ed extra-europei. A certificarlo è una relazione dello Svimez (Associazione per lo Sviluppo Industriale nel Mezzogiorno) presentata nel corso del convegno “Energie rinnovabili e territorio”, tenutosi a Napoli il 15 aprile scorso.
Il tasso di dipendenza energetica dell’Italia, ossia il tasso di export-import di energia, è dell’81%, in luogo di una media europea che si attesta al 53% (in Gran Bretagna è del 36% e in Francia del 48%). L’energia elettrica utilizzata entro i confini italiani, inoltre è pesantemente sbilanciata verso fonti non rinnovabili, inquinanti e costose, come gas naturale (54% contro una media europea del 22) e petrolio (10% contro una media europea del 3).
L’energia elettrica, nonostante l’ascesa delle rinnovabili, cosa ancora moltissimo. Un’impresa italiana paga, infatti, mediamente 1572 euro in più di un’impresa europea. A pagare di più sono le imprese sarde, a seguire quelle lucane, abruzzesi e pugliesi.
Il Direttore si Svimez Franco Padovani ha sottolineato nel corso dell’intervento la necessità di sviluppare la geotermia al sud, poiché “Lo sviluppo della geotermia si presenta come uno dei fattori economici centrali nell’interscambio energetico del Mediterraneo, in vista di un’espansione della domanda energetica stessa da parte dei Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente”.
Per adesso, esistono in Italia solo 33 impianti di geotermia, tutti siti in Toscana.