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Riforma tariffe, “danneggia consumatori e FV per difendere i distributori elettrici”

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Con lo spostamento dei costi di rete sulla componente fissa della bolletta, secondo l’avvocato Emilio Sani, l’Autorità per l’Energia ha fatto una scelta politica che trascende il suo mandato indicato dal decreto 102/2014. Penalizzando efficienza energetica e autoproduzione, per tutelare invece i distributori elettrici.

Fonte: qualenergia.it

Autore: Giulio Meneghello

Nel varare la riforma della tariffa elettrica l’Autorità per l’Energia, nonostante le accese critiche di ambientalisti, mondo delle rinnovabili e consumatori, è rimasta fedele all’impostazione delineata nell’ultimo documento di consultazione.

Abbiamo spiegato in altri articoli i dettagli e i tempi della riforma, che vede cambiamenti graduali già dal 1° gennaio 2016 e che sarà completata entro il 2018, e abbiamo mostrato come  inciderà sulla convenienza del fotovoltaico in autoconsumo e come cambieranno i conti per varie tipologie d’utenza già dal prossimo gennaio e fino al 2018.

Riassumendo, la nuova tariffa, a riforma completata, vedrà eliminata la progressività (per la quale chi consuma di più paga la bolletta proporzionalmente più cara) e  i costi di rete saranno spostati sulla parte fissa della bolletta, quella che non varia in base al consumo, rendendo il conto più salato per chi ha consumi bassi e  meno conveniente investire in tecnologie per il risparmio o l’autoproduzione, come il fotovoltaico o la cogenerazione.

Cambiamenti che secondo l’avvocato Emilio Sani, tra i massimi esperti in Italia della normativa energetica e delle rinnovabili, tradiscono lo spirito della fonte normativa europea, colpendo efficienza energetica, consumatori e fonti pulite, mentre tutelano i distributori elettrici.

Avvocato Sani, come valuta la riforma approvata con la delibera?  La lunga consultazione è servita a far recepire al Regolatore qualche istanza del mondo delle rinnovabili?

La proposta presentata da alcune associazioni di varare una tariffa unica non progressiva con un malus per chi consuma più di 3.400 kWh/anno senza essere una famiglia numerosa o senza avere una pompa di calore non è stata accolta, perché, si legge nella delibera, “di troppo difficile applicazione”. C’è stata un’apertura, anche se non chiarissima, dove si annuncia che si aprirà una consultazione per estendere la tariffa D1 per le pompe di calore anche ad altri soggetti.

Poca cosa?

In sostanza l’Autorità ha mantenuto l’impostazione manifestata con l’ultimo documento di consultazione e oltre a superare la progressività, come da mandato, ha spostato i costi di rete sulla componente fissa. Il risultato è di aumentare il costo in bolletta a carico dei cittadini, di scoraggiare l’efficienza energetica e di ridurre in maniera significativa la convenienza dell’autoproduzione da rinnovabili, in contrasto con tutti i criteri che il Regolatore avrebbe dovuto seguire.

L’Autorità nel presentare questa riforma sostiene che la nuova tariffa porta maggiore equità per gli utenti e promuove l’adozione di tecnologie elettriche efficienti come le pompe di calore. Non ritiene sia così?

L’utilizzo di pompe di calore è sicuramente incentivato dalla fine della progressività che frenava questa tecnologia. Ma il complemento naturale per promuovere questa soluzione, come le altre soluzione elettriche efficienti, dai piani a induzione ai mezzi elettrici, era di favorire l’accoppiamento con il fotovoltaico. Anche secondo quanto stabilito dalla Comunità Europea con delibere come quelle sugli edifici a ‘energia quasi zero’. La scelta coerente con gli indirizzi comunitari non è quella di spostare i consumi dal gas all’elettricità in quanto tale, prodotta anche da impianti termoelettrici; bensì di spostare sì i consumi sul vettore elettrico, ma promuovendo nel contempo la generazione di elettricità sul posto con fonti pulite.

Invece l’impatto di questa riforma per l’autoproduzione sembra essere piuttosto negativo …

Sì, lo spostamento degli oneri di rete, che pesano per circa il 17% dei costi, sulla parte fissa incide in maniera determinante sulla marginalità degli impianti a rinnovabili per l’autoproduzione. Nel complesso i cambiamenti delineati riducono di circa un terzo la convenienza del risparmio energetico e di circa la metà quello del fotovoltaico in autoconsumo. Per fortuna almeno la riforma produrrà i suoi effetti con gradualità.

A essere avvantaggiati dai cambiamenti sembrano invece essere distributori e produttori elettrici che si mettono al riparo da un calo dei prelievi dovuto al fenomeno dei prosumer, gli utenti che si fanno l’energia da soli. È così?

Con questa riforma si stabilizzano i ricavi dei distributori. Questi hanno i loro ricavi fissati per legge con delle convenzioni fino al 2030. L’unica alea che avevano era legata all’incassare a seconda dei consumi, ora si elimina anche questa incertezza perché si obbliga tutti a pagare (tramite lo spostamento dei costi di rete, tra cui quelli di distribuzione, sulla componente fissa, ndr). Non mi sembra che questo sia un meccanismo cost reflective. L’indirizzo dell’UE non è che la sicurezza del sistema elettrico si persegua realizzando nuove infrastrutture in base al numero di utenti, ma che si risolvano le congestioni attraverso una politica di tariffe differenziate dei costi di rete per fasce orarie capaci di spostare i consumi.

Dalle sue parole sembra che questa riforma sia per molti aspetti in contraddizione con la volontà del legislatore europeo. Come sappiamo la riforma muove dalla direttiva europea 27/2012 sull’efficienza energetica, recepita in Italia dal decreto legislativo n. 102/14 che ne demanda l’attuazione all’Aeegsi. In quali passaggi sarebbe stato tradito o distorto l’indirizzo dato dall’Europa?

Soprattutto nell’attuazione da parte dell’Autorità: nel decreto di recepimento non sta scritto da nessuna parte che si dovessero spostare gli oneri di rete sui costi fissi. La direttiva UE sull’efficienza energetica dice chiaramente che le riforme tariffarie non devono in alcun modo scoraggiare gli interventi di efficienza energetica, come invece avviene con i cambiamenti appena deliberati.

Tra i critici della riforma c’è chi accusa l’Autorità di fare gli interessi del mondo dell’elettricità convenzionale. Cosa ne pensa?

L’Aeegsi non è un organo politico perché non ha rappresentatività, ma fa delle scelte che di fatto sono politiche. Un problema che andrebbe risolto alla radice, precludendo un certo tipo di scelte all’Autorità. Inoltre il tipo di consultazioni che il Regolatore conduce porta, in molti casi, soggetti più strutturati a dare contributi e suggerimenti in modo più facile e convincente rispetto ad altri soggetti più piccoli, ovviamente tutto alla luce del sole, dato che queste indicazioni si trovano nei documenti di consultazione pubblici. Questa, d’altra parte, è la seconda delibera in due settimane che colpisce le rinnovabili e favorisce i distributori.

Si riferisce alla delibera sulle reti private?

Sì, la 539/2015, approvata a metà novembre, di fatto stabilisce che le reti private si potevano fare solo fino al 15 agosto 2009 e se oggi metto un impianto fotovoltaico sul tetto di un edificio con molteplici utenti finali, anche pagando gli oneri di sistema, non posso servire queste utenze. Per tutelare l’esclusiva dei concessionari si stabilisce una cosa assurda, visto che la legge obbligherebbe a installare sui nuovi edifici impianti a rinnovabili per l’autoconsumo. Se l’esclusiva dei concessionari porta a questi paradossi, bisognerà ragionare su come cambiare la normativa, anticipare i termini di fine delle concessioni e iniziare una vera liberalizzazione del mercato della distribuzione elettrica.