I vecchi pozzi di petrolio potrebbero essere presto riconvertiti come generatori di energia geotermica. Si sa che questa fonte energetica rinnovabile genera bassissime emissioni di CO2 e si sa anche che il limite principale alla sua diffusione è principalmente rappresentato dagli elevati costi di perforazione per la ricerca di "hotspot", ossia i punti caldi redditizi. Questo problema potrebbe essere superato utilizzando proprio i vecchi pozzi petroliferi, spesso profondi diversi chilometri. Riutilizzando le aste di perforazione sostanzialmente per far circolare l’acqua e “pescare” così l’energia geotermica imprigionata nel sottosuolo si otterrebbero discrete rese.
L’idea è venuta a un team di scienziati dell’istituto Chinese Academy of Sciences di Guangzho i quali ritengono che un vecchio pozzo petrolifero tradizionale così "convertito" sia in grado di produrre circa 54 kWdi energia elettrica: si tratta di una produzione modesta in confronto a fonti tradizionali ma certamente più inquinanti come una centrale elettrica a carbone, gas o energia nucleare. Ma stimando che vi sono 2,5 milioni pozzi abbandonati di petrolio e gas nei soli Stati Uniti, le prospettive economiche sono decisamente interessanti.