Dall’Ue arriva un’altra condanna per l’Italia in materia di energia. Stavolta si tratta del non corretto recepimento della disciplina sul rendimento energetico nell’edilizia (direttiva 2002/91/CE).
Secondo la Commissione, infatti, l’Italia è venuta meno agli obblighi comunitari perché non ha previsto nella normativa di recepimento l’obbligo di mettere a disposizione un attestato di certificazione energetica in caso di vendita o di locazione di un immobile.
L’Italia ha integrato nell’ordinamento interno la direttiva attraverso il Dlg 192/2005 nonché il decreto ministeriale “Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici”, del 26 giugno 2009. Tali atti, però, sono stati considerati dall’Ue incompleti.
La direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia stabilisce che gli Stati membri provvedano affinché l’attestato di certificazione energetica sia messo a disposizione del proprietario o che questi lo metta a disposizione del futuro acquirente o locatario. L’attestato comprende dati di riferimento che consentono ai consumatori di valutare e raffrontare il rendimento energetico dell’edificio ed è corredato di raccomandazioni per il miglioramento del rendimento energetico in termini di costi-benefici. La certificazione, le raccomandazioni che la corredano, l’ispezione delle caldaie e dei sistemi di condizionamento d’aria devono essere effettuate in maniera indipendente da esperti qualificati e/o riconosciuti.
Gli Stati dovevano conformarsi alla direttiva entro il 4 gennaio 2006. L’Italia invece ha previsto una deroga all’obbligo di consegnare un attestato relativo al rendimento energetico, in caso di locazione di un immobile ancora privo dello stesso al momento della firma del contratto: cosa che non rispetta la direttiva, la quale non prevede una deroga simile, così come non la rispetta il sistema di autodichiarazione da parte del proprietario per gli edifici aventi un rendimento energetico assai basso (altro elemento non previsto dalla direttiva).
In ogni modo, al momento della scadenza del termine impartito nel parere motivato complementare, l’Italia non aveva adottato i provvedimenti necessari per adattarsi alla disciplina.
Un provvedimento diverso è arrivato invece il 5 giugno scorso. Il Dl 63/2013 (pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 5 giugno 2013 n. 130) ha previsto una serie di disposizioni urgenti per il recepimento della direttiva 2010/31 sulla prestazione energetica nell’edilizia – che ha abrogato quella del 2002 – “per la definizione delle procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione sociale”. Non a caso il termine ultimo di recepimento della disposizione negli Stati scadeva il 9 luglio 2012.
Il Dl ha quindi previsto una serie di modifiche per il Decreto del 2005. Ha sostituito, ad esempio, l’attestato di certificazione energetica (Ace) con l’attestazione di prestazione energetica (Ape), documento obbligatorio sia per le compravendite che per le locazioni.
Il Dl ha inoltre previsto una serie di sanzioni in caso di mancato rispetto alla produzione dell’Ape nei confronti di tutti i soggetti coinvolti: ossia il professionista, il direttore dei lavori, il proprietario o il conduttore dell’unità immobiliare, l’amministratore di condominio, l’operatore incaricato del controllo e manutenzione, il costruttore, il proprietario e il responsabile dell’annuncio immobiliare.