«Dopo Chernobyl le fonti rinnovabili erano agli inizi. Oggi è diverso: la potenza eolica è cento volte superiore, quella solare mille volte più ampia e i costi sono scesi notevolmente. Si apre una straordinaria occasione per le nostre imprese, anche quelle piccole». Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club e direttore di QualEnergia, legge così le conseguenze del disastro nucleare di Fukushima: il nucleare non è più un’alternativa. Anzi, non lo è mai stato.
Le energie rinnovabili hanno conosciuto un boom negli ultimi anni: quanto sono cresciute?
«Negli ultimi dieci anni nel mondo gli impianti eolici sono cresciuti con un tasso pari al 30% l’anno e quelli per il solare fotovoltaico addirittura del 40%. In Italia, le cose sono cominciate a cambiare nel 2007 e oggi per il fotovoltaico siamo il secondo Paese al mondo dopo la Germania, mentre per l’eolico siamo al sesto posto». Questa crescita è dovuta soprattutto agli incentivi. Ora però verranno tagliati, cosa accadrà?
«Gli incentivi nel nostro Paese sono stati troppo alti. È come se, per far partire una macchina ingolfata, avessimo dovuto darle una grande spinta che ora però rischia di farla precipitare nel burrone. I costi degli incentivi ricadono sulle bollette: quando il numero delle installazioni cresce così tanto, l’impatto sulle tariffe diventa importante. Del resto, i costi si sono abbassati: un impianto fotovoltaico oggi costa la metà di quello che costava nel 2005. Il governo ha cercato di porre mano alla questione con il decreto Romani, il problema però è che quel decreto mette in discussione diritti già acquisiti: in sostanza si applicano i tagli anche a quelle imprese che hanno già fatto un investimento e questo non si può fare. Tuttavia, si dovrà trovare una soluzione per evitare quello che è accaduto in Spagna dove il mercato è stato ammazzato: nel 2008 i forti incentivi avevano favorito un eccesso di installazioni, il governo, spaventato dai costi, ha tagliato drasticamente gli incentivi e nel 2009 si è fermato tutto. In Germania, invece, governo e imprenditori hanno definito una corsia di riduzione degli incentivi proporzionale alla potenza installata nell’anno precedente: se si installano più impianti, si riducono gli incentivi. Potrebbe essere la strada».
Si può pensare di coprire il 100% dell’energia di cui abbiamo bisogno con le rinnovabili?
«Partiamo dal fatto che l’obiettivo europeo del 20% entro il 2020 è vincolante. Siccome, però, riguarda anche i trasporti e i bioconbustibili che non potranno coprire oltre il 10%, vuoI dire che la produzione di elettricità da fonti rinnovabili dovrà arrivare al 30%. Nel 2020, quindi 1 kWh su 3 verrà da fonti rinnovabili. Ma c’è di più: molti studi usciti negli ultimi anni dimostrano che coprire il 100% del fabbisogno elettrico è tecnicamente e economicamente fattibile. Tanto che la Germania si è data l’obiettivo di arrivare almeno all’80% entro il 2050».
Quanto territorio servirebbe?
«Con un’area di 70-80 chilometri quadrati dedicata al fotovoltaico riusciremmo a soddisfare i bisogni elettrici del Paese. Non è molto se si pensa ai tetti degli edifici, ai siti industriali abbandonati, alle aree marginali. Il problema è ancora quello dei costi: oggi il fotovoltaico costa 20-30 centesimi di euro al kWh, ma Steven Chu, ministro dell’energia degli Stati Uniti, ha lanciato un piano per portarlo nel 2020 a 6 centesimi di dollaro a kWh».
Come si farà a gestire una rete energetica di questo genere?
«Ci vorranno sistemi di accumulo e smart grid,reti intelligenti in grado di far dialogare una domanda che varia nel tempo con una produzione che non potrà seguire passo passo la domanda come oggi, ma varierà nel tempo anch’essa. Si può pensare a un microchip nel frigorifero collegato a un contatore che, se la domanda di elettricità in quel momento è troppo alta, dica al frigo: per i prossimi 20 minuti non ti accendere. E poi servono le supergrid, le grandi reti che porteranno l’energia dai parchi eolici del Nord e dagli impianti fotovoltaici dei deserti nordafricani in tutta Europa. Il sistema sarà sempre più decentrato: già oggi l’Italia ha 200.000 punti di generazione, la Germania un milione».
Il nostro Paese importa buona pane del solare e dell’eolico che installa.
«Un vero peccato: in Germania questo comparto è diventato un pilastro dell’economia con 340.000 addetti».
Come fare a prevenire le infiltrazioni della mafia in questo settore?
«Ridurre gli incentivi, in modo da rendere meno appetibile l’affare alla malavita e aumentare la trasparenza delle procedure».
Cosa dovrebbe fare il governo?
«Un progetto finalizzato per l’energia che metta insieme gli enti di ricerca e definisca le priorità d’intervento per quanto riguarda l’innovazione. Per ora, invece, c’è un silenzio preoccupante».