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Pompe di calore, sconti a confronto lettere

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Conviene il bonus del 65%, ma se non si paga un’Irpef elevata, c’è l’opzione Conto termico

Fonte: Il Sole 24 Ore

Autore: Dario Aquaro

Il testo del Ddl di conversione del decreto sull’efficienza energetica approvato la scorsa settimana al Senato ha riaperto l’eco-bonus alle pompe di calore. Il Dl 63/2013 varato dal Governo all’inizio di giugno aveva infatti escluso dal perimetro degli sgravi del 65% sul risparmio energetico le spese per la sostituzione di impianti di riscaldamento con pompe di calore ad alta efficienza o impianti geotermici a bassa entalpia; e per la sostituzione di scaldacqua tradizionali con quelli a pompa di calore, dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria. Con un emendamento che ha cancellato quell’esclusione, lo stesso esecutivo è tornato sui suoi passi. La modifica sarà operativa dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, e rinfocola di fatto la partita degli incentivi alle pompe di calore, giocata da bonus fiscali e Conto termico.
Si è andati dunque incontro alle richieste di esperti e addetti del settore. Ma soprattutto degli utenti, visto il progressivo successo di una tecnologia vantaggiosa sotto il profilo economico ed energetico.
L’eco-bonus, salito dal 55 al 65%, dura fino al 31 dicembre 2013 (fino al 30 giugno 2014 per i condomini). Consente di detrarre dalle imposte, spalmato su dieci rate annuali, un importo massimo che, per la sostituzione di generatori termici, è di 30mila euro. Ogni contribuente può però detrarre la quota nei limiti dell’Irpef dovuta per l’anno in questione: deve quindi valutare la capienza Irpef in relazione al proprio reddito, perché non c’è rimborso per le somme che eccedono l’imposta. Se si ha un basso reddito, e magari si portano già in detrazione altre somme come la spesa per il mutuo, si rischia di non poter accogliere anche solo in parte il bonus.
Stesso discorso per l’agevolazione del 50% sulle ristrutturazioni, prorogata per tutti i pagamenti effettuati fino a tutto il 2013 e con limite di detrazione pari a 96mila euro (tornerà al 36%, nei limiti di 48mila euro, dal 1° gennaio 2014). Questo bonus include in generale tutte le opere finalizzate al risparmio energetico, e nello specifico agevola (anche in assenza di interventi edilizi) l’installazione di condizionatori in pompa di calore da usare anche ai fini del riscaldamento per l’inverno, a integrazione o sostituzione dell’impianto autonomo o centralizzato già esistente. A differenza del bonus del 65%, che agevola l’intervento solo se si tratta di impianto sostitutivo e non integrativo di quello esistente.
Fuori dalle agevolazioni fiscali, restano gli incentivi del conto termico: il regime di sostegno per interventi di piccole dimensioni per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili. Non una detrazione d’imposta ma un contributo diretto del Gse, bonifico su conto corrente, a coprire parte dei costi sostenuti per la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale esistenti con altri dotati di pompe di calore, elettriche o a gas; o la sostituzione di scaldacqua elettrici con quelli a pompa di calore.
È vero che, rispetto ai bonus del 50 o 65%, il rimborso è molto più veloce (due anni, in rate uguali, per gli impianti di taglia domestica) ed è svincolato da calcoli fiscali. Ma la percentuale di questo "riotrno" dipende molto dalle spese di installazione e dalle prestazioni dell’impianto, influenzate da variabili quali la taglia o la zona climatica. Così, mentre le stime ministeriali parlano di circa il 40%, il rimborso per la sostituzione di una caldaia con una pompa di calore può in realtà rivelarsi assai più basso. Una percentuale fissa del 40% è prevista solo per la sostituzione degli scaldacqua a pompa di calore (tetto massimo di 700 euro).
Gli importi sono al netto del corrispettivo versato a copertura dei costi tecnico-amministrativi di Gse e Enea, pari all’1% del contributo totale riconosciuto (con un massimale di 150 euro). Ma il conto termico (che per i privati vede un impegno annuo complessivo pari a 700 milioni di euro) comprende le spese sostenute per diagnosi e certificazione per chi si avvale di un finanziamento tramite terzi o di un contratto di rendimento energetico ovvero di servizio energia, anche tramite una Esco. Incentivate al 50% (5mila euro il valore massimo erogabile), queste spese non concorrono a determinare l’incentivo complessivo.