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Poker di procedure per il via agli impianti da fonti rinnovabili

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Il decreto rinnovabili cambia anche le norme per le autorizzazioni degli impianti da fonti rinnovabili

Fonte: Il Sole24ore

Autore: Silvio Rezzonico Giovanni Tucci

Le novità più eclatanti del nuovo decreto legislativo sulle rinnovabili – soprattutto gli incentivi al fotovoltaico e la certificazione obbligatoria dei rogiti – hanno fatto passare in secondo piano altre disposizioni importanti, come quelle che riscrivono il regime delle autorizzazioni per installare gli impianti.
Il Dlgs, in buona sostanza, completa un quadro di assensi e di iter del tutto autonomo, delineando una sorta di "regime speciale". Viene recepito (ma anche modificato) quanto stabilito dal Dm dello Sviluppo economico dello settembre 2010 per le fonti rinnovabili che producono energia elettrica, e viene completato il quadro normativo per le fonti che producono energia termica (fatta eccezione per la geotermia, per la quale le decisioni sono rimandate a un futuro decreto). Si cancellano inoltre parte delle norme sulle rinnovabili contenute nel testo unico dell’edilizia.
Per finire – fatto molto importante – vengono delimitate le competenze di regioni e province autonome che potranno, nelle loro norme, rendere più semplici gli assensi (ma non più complicati), estendendo a impianti di potenza maggiore le procedure semplificate.
Occorre subito premettere che il nuovo Dlgs ha spesso il torto di creare alcune norme sostitutive a quelle esistenti senza abrogarle espressamente, con la conseguenza che tracciare un quadro complessivo degli assensi diviene complicato e talora opinabile: manca insomma un vero testo unico sulle rinnovabili.
Le procedure per le installazioni divengono quattro: semplice comunicazione al Comune, comunicazione al Comune con relazione asseverata redatta da un tecnico, Procedura abilitativa semplificata (Pas) sostitutiva dell’attuale Dia, Autorizzazione unica.
L’iter delle due Comunicazioni (quella con o senza relazione asseverata) non è dettagliato e perciò ricalca in toto quello previsto per tutte le opere edili. Viceversa la Pas è quasi una gemella siamese della vecchia denuncia di inizio attività, da cui si distingue solo per alcuni dettagli. Inoltre, si chiarisce che la segnalazione certificata di inizio attività (Scia) non si applica alle rinnovabili. Infine, come in passato, l’autorizzazione unica resta un procedimento del tutto autonomo e differente.
La nuova Pas prevede la presentazione al Comune di una dichiarazione almeno 30 giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori, accompagnata dagli opportuni elaborati progettuali e da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato che asseveri il progetto agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti e dichiari la non contrarietà agli strumenti urbanistici adottati, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie.
Allegati alla relazione sono il progetto e gli elaborati tecnici per la connessione redatti dal gestore della rete. I diritti di segreteria da versare variano da un minimo di 51,65 a un massimo di 516,46 euro, con aggiornamento biennale in base al 75% dell’Istat, almeno finché le regioni non decidano altrimenti. Trascorsi 30 giorni senza che il Comune abbia negato il suo assenso o abbia richiesto integrazioni necessarie della documentazione, l’opera si intende assentita.
Se occorrono altre autorizzazioni (per esempio quella paesaggistica) che non sono allegate alla richiesta, il Comune convoca una conferenza di servizi cui partecipano le amministrazioni delegate agli assensi e il termine di 30 giorni è sospeso, secondo i consueti meccanismi previsti dalla legge 241/1990.
Alla fine dell’intervento il progettista o il tecnico abilitato rilascia il certificato di collaudo. In definitiva la Pas si distingue dalla Dia solo per la necessità di ottenere gli elaborati tecnici dal gestore di rete, che è già (e resta) il principale ostacolo alla semplificazione delle procedure per le fonti rinnovabili.
Nel campo dell’Autorizzazione unica, invece,la novità sta nel dimezzamento dei tempi burocratici: si passa da 180 giorni a 90 giorni per la conclusione del procedimento unico. È fatta però eccezione per i progetti per cui siano eventualmente necessarie la verifica di assoggettabilità prevista dall’articolo 20 del Dlgs 152/2006 (che ha ulteriori 90 giorni di tempo) nonché la valutazione di impatto ambientale (articolo 26, Dlgs 125/2006).