UN ALTRO tassello dello sviluppo della
geotermia italiana va al suo posto. E’ stata messa in produzione da
Enel Green Power, con un anticipo di alcuni mesi rispetto alla
previsioni, la centrale geotermica di “Sasso II”, a Castelnuovo
Val di Cecina (Pisa): un impianto da 20 Mw in grado di produrre 130
milioni di chilowattora, corrispondenti ai consumi di 50mila
famiglie.
Oggi la potenza installata in Toscana
(nella foto una centrale a Larderello) è di 810,5 Mw, pari a 711 Mw
di potenza efficiente. «Entro il 2011 — spiega Lio Ceppatelli,
responsabile produzione geotermica di Enel Green Power — contiamo
di installare altri 112 Mw e altri 88 seguiranno entro il 2024».
Come dire avere circa 1000 Mw di potenza — come una centrale a
carbone o gas di grossa taglia — installata al 2024. La centrale di
“Sasso II” fa parte dei 112 Mw e ad essa si aggiungeranno gli
impianti di Radicondoli (20 Mw), “Bagnore IV” (40mw), “Chiusdino
I” (20 Mw) e il rinnovamento di quello dei Lagoni Rossi (12Mw).
Andare oltre con il geotermico “classico” sarà difficile. «In
Italia c’è un potenziale in altre zone, ad esempio l’area di
Latera (tra Toscana e Lazio), quella vicino al lago di Bracciano, i
Campi Flegrei». Ma sfruttarle — come dimostra la vicenda
dell’impianto di Latera dove problematiche di tipo ambientale hanno
portato alla chiusura della centrale da 30 Mw — sarà molto
difficile.
C’è però il geotermico a bassa
temperatura, un settore nel quale Enel crede, come dimostra la
recente realizzazione di una centrale in Nevada. «Con l’evoluzione
dei cicli binari, che hanno avuto un notevole miglioramento in
termini di costi e di performance — osserva Ceppatelli — è
realistica la possibilità di sfruttare acque calde che fino a
qualche anno fa erano considerate non utilizzabili per la produzione
di energia elettrica. E in questo caso la prospettiva è più ampia
perchè si aprono delle possibilità anche per tuta la fascia
tirrenica che va dalla Toscana al Lazio alla Campania ma anche a
parte del Veneto, la Sardegna e il Piemonte».
Il potenziale utilizzabile è di molte
decine, se non oltre il centinaio, di megawatt. Ma anche qui i
problemi non mancano. In Nevada infatti vengono usate acque calde
alle quali non sono associati gas, e quanto prelevato viene
totalmente reimmesso nel sottosuolo riducendo quasi a zero l’impatto
ambientale. «Nel caso italiano, ad esempio nei Castelli Romani, ci
sono invece gas condensati, che non si possono reimmettere nel
serbatoio e vanno scaricati in atmosfera. Il che rende difficile lo
sfruttamento in presenza di una desità di popolazione molto alta».
Quel è fuor di dubbio è che in Italia
c’è un grande potenziale geotermico per il riscaldamento degli
edifici: acquiferi a 50-80 gradi a una profondità di poche centinaia
di metri. «E’ un potenziale molto più grande di quello per la
produzione elettrica — conferma Ceppatelli — e infatti “Enel
Si” intende entrare nel mercato del riscaldamento urbano con pompe
di calore geotermiche».