Bravi: «Qui si fa agricoltura biologica che dà lavoro a persone svantaggiate, contribuendo a re-inserirle nel tessuto sociale di cui tutti facciamo parte». Cosentino: «Lancio un appello a grande distribuzione e decisori politici»
Quello dello sviluppo sostenibile è un mantra sempre più applaudito nel dibattito pubblico, ma quanto vale per la collettività chi s’impegna davvero, ogni giorno, su questo fronte?
La domanda sorge spontanea guardando alla cooperativa sociale Parvus Flos di Radicondoli (SI), che ha la sostenibilità nel sangue ma nonostante questo rischia di essere travolta – insieme a molte altre attività, agricole e non – dalla crisi in corso legata ai continui rialzi delle materie prime, gas naturale in testa.
Parvus Flos è un’azienda biologica, che dal 1999 aiuta persone in difficoltà a rifarsi una vita (il 30% dei suoi dipendenti è socialmente svantaggiato) coltivando un basilico d’eccellenza: 40 tonnellate l’anno finiscono nelle vaschette che troviamo nella grande distribuzione, cui si aggiungono 650mila vasetti, tutti prodotti grazie a un’energia rinnovabile come la geotermia, che nella sede di Radicondoli riscalda 20mila mq di serre senza emettere un ingente quantitativo di gas climalteranti: il basilico necessita di temperature attorno ai 22-24°C anche quando fuori si scende sotto lo zero, e senza la geotermia, le serre dovrebbero essere riscaldate usando combustibili fossili.
Per questo Parvus Flos è una realtà premiata anche da Legambiente, insieme alla Comunità del cibo a energie rinnovabili (CCER) di cui fa parte sin dall’inizio: una realtà nata nel 2009 grazie ad un’intesa tra Slow Food Toscana, Fondazione Slow Food per la Biodiversità e il Consorzio per lo Sviluppo delle Aree Geotermiche (CoSviG).
«La Parvus Flos rappresenta un’attività sostenibile a tutto tondo – sottolinea il presidente CoSviG, Emiliano Bravi –, che il Consorzio sostiene da sempre con convinzione. La sua storia mostra chiaramente come la geotermia rappresenti una fonte rinnovabile fondamentale non solo per la produzione di elettricità ma anche per l’impiego diretto di calore, favorendo la diversificazione economica e dando una risposta costruttiva alle difficoltà locali: qui si fa agricoltura biologica che dà lavoro a persone svantaggiate, contribuendo a re-inserirle nel tessuto sociale di cui tutti facciamo parte».
Un’attività, quella della Parvus Flos, che negli ultimi anni ha continuato a credere nella sostenibilità – indebitandosi per investire in un impianto fotovoltaico, nella coltivazione aeroponica e in nuove celle di germinazione – ma ora è in forte difficoltà, come ci spiega il responsabile della produzione, Enea Cosentino: «Noi lavoriamo unicamente per la grande distribuzione e i prezzi in salita di materie prime ed energia ci stanno mettendo in un angolo. I costi degli imballaggi sono cresciuti del 10-28%, cui si sommano i forti rincari di terriccio, semi, del carburante per la logistica e i prezzi triplicati dell’energia elettrica», che l’azienda acquista sul mercato da Dolomiti Energia per la parte non coperta dall’impianto fotovoltaico di proprietà.
«I pochi centesimi di aumento che siamo riusciti farci riconoscere dalla grande distribuzione per i nostri prodotti non coprono neanche il 50% dei rincari che stiamo subendo – aggiunge Cosentino – La situazione è davvero difficile, come mi confermano anche colleghi e competitor che producono basilico».
Mal comune, ma nessun mezzo gaudio, anche perché nel comparto toscano Parvus Flos rappresenta una realtà unica per le sue caratteristiche di sostenibilità ambientale e sociale: «Non voglio assistenzialismo o qualcuno che ci paghi le bollette, ma lancio un appello a grande distribuzione e decisori politici per un’etica che non sia solo a senso unico. Altrimenti viene da chiedersi a cosa servono tutti gli impegni per la sostenibilità che stiamo mettendo in campo, se non vengono riconosciuti. E pensare che potremmo migliorare ancora, grazie alla geotermia».
Cosentino anticipa infatti che per settembre dovrebbe partire la sperimentazione sul campo di un progetto per la concimazione carbonica, che prevede la cattura della CO2 naturale rilasciata dalle centrali geotermoelettriche per poi impiegarla nelle serre, in modo da ridurre ulteriormente le emissioni in atmosfera, migliorare la fotosintesi del basilico e incrementarne così la produttività: «È un progetto in essere da un anno e mezzo con CoSviG, Enel e Università di Pisa, nei prossimi mesi dovrebbero partire i lavori – dichiara Cosentino – Per noi la geotermia è sempre stata fondamentale, senza credo che avremmo già chiuso i battenti durante la crisi economica del 2010-2012, in quanto per un’azienda come la nostra riscaldare le serre rappresenta la seconda voce di costo dopo il personale, mentre la geotermia ci permette di farlo praticamente gratis anche adesso e senza emettere gas climalteranti. Per noi è una manna dal cielo».
Che però da sola non può bastare, se la collettività non si impegna a sostenere davvero le avanguardie di quello sviluppo sostenibile che tutti sosteniamo di volere.