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Parte la guerra sulle rinnovabili. Soci stranieri al Wsj: “Diritto calpestato” Il governo tira dritto

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Tra le accuse agli “speculatori” e i difetti della legge sugli incentivi si dimenticano politica e ambiente

Fonte: La Repubblica

Autore: ANDREA GRECO

 
Sulla dilazione agli incentivi alle rinnovabili, studiata per ridurre del 10% la bolletta delle Pmi, siamo alla guerra ideologica. Gli investitori internazionali, invocando la certezza del diritto (non proprio una specialità italiana tipo pizza e gelato), chiedono con toni duri di ripensare il dl Competitività alla firma del Quirinale, che allunga da 20 a 24 anni i contributi ai grandi produttori di energia solare. «Il governo ha una relazione scomoda con i capitali privati», ha scritto sul Wsj Michael Bonte-Friedheim, ad di Next Energy Capital. L’ex di Goldman Sachs, ora in proprio, ha un centinaio di milioni di clienti sulle rinnovabili italiane. È andato giù duro: lo spalma-incentivi è «segno premonitore per investimenti in ogni settore in Italia: Renzi è convinto che i mercati abbiano corta memoria, ma la prossima volta non bussi alla mia porta». C’è chi minaccia azioni legali alla Corte Ue, come per simili misure retroattive prese in Spagna dal 2012. Enfatizzando, Assorinnovabili paventa poi ricadute su decine di miliardi di crediti «che finiranno in sofferenza» (ogni 100 euro in rinnovabili almeno 70 sono debito), disoccupazione perché «la stragrande maggioranza degli operatori fallirà», minor gettito fino a 700 milioni. Al Ministero dello sviluppo si replica con sdegno: «Incideremo solo sul 4% degli operatori, che hanno tassi di rendimento spropositati », ha detto il viceministro Claudio De Vincenti. Forse quei rendimenti, ora sul 10%, sono elevati, ma basano su leggi e contratti che gli operatori, arruolando le menti più svelte con la persuasione del denaro, hanno sfruttato palmo a palmo. E più di loro guadagnarono i cessionari di autorizzazioni e impianti, tra cui la pubblica Terna. Da tre anni numerosi correttivi e tasse hanno ribilanciato quella cattiva norma, limando di un terzo la redditività di settore. Ma prima di imbastire una crociata si ricordi che l’energia da sole e vento è una scelta del paese. Politica (no al nucleare e veti Nimby), sicura ed ecologica: ma con ovvi costi sociali perché meno economica.