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Pannelli. Un duello assai poco solare

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L’energia verde a buon mercato fa arrabbiare i petrolieri e ora anche i vertici della Commissione europea.

Fonte: Corriere della Sera

Autore: ELENA COMELLI

Con i dazi imposti sui pannelli solari dei produttori cinesi, da anni accusati di dumping, il commissario Ue al Commercio Karel De Gucht ha piantato un paletto, abbastanza basso per ora, di fronte al dilagare del silicio made in China.

Le misure
In origine, erano previste barriere più elevate: i documenti che circolavano fino a pochi giorni fa parlavano di tariffe medie del 47%. Invece De Gucht si è limitato all’11,8% in media, dandosi un termine di due mesi per le trattative con Pechino. Solo in caso di mancato accordo, all’inizio di agosto entreranno in vigore le tariffe più alte, che metterebbero fuori combattimento i pannelli cinesi in Europa, così com’è già successo negli Stati Uniti. Ma il Vecchio Continente, con oltre 50 mila gigawatt installati, è un mercato di sbocco dieci volte più grande di quello americano e quindi è considerato essenziale per la sopravvivenza dei produttori cinesi, che l’anno scorso hanno esportato 21 miliardi di euro di pannelli in Europa. La mossa di Bruxelles, che porti ai dazi veri e propri o a una soluzione negoziale basata su un sistema di quote, sarà comunque un duro colpo per l’industria cinese dei pannelli, che sta già subendo gli effetti della sovrapproduzione, con una serie di fallimenti a catena. Il crollo dei prezzi, che da un lato ha tenuto in vita il fotovoltaico nel momento in cui gli incentivi statali venivano a mancare, dall’altro lato ha messo a dura prova i produttori mondiali, sia in Asia che in Europa. E l’eccesso di slancio cinese continuerà ad avere ricadute su tutto il mercato negli anni a venire, visto che la capacità produttiva globale è ancora il doppio della domanda prevista.
Effetti indesiderati
In presenza di barriere commerciali, paradossalmente, potrebbero essere solo i consumatori europei a farne le spese: già da qualche mese, infatti, i prezzi dei pannelli qui da noi hanno ricominciato ad aumentare. Da marzo, quando è stato imposto l’obbligo di registrazione che consente di applicare eventuali dazi consente di applicare eventuali dazi retroattivi sui loro prodotti, molti forni tori cinesi hanno tagliato le spedizioni in Europa, in attesa della decisone preliminare sulle misure antidumping. Tanto che larga parte dell’industria solare europea si sta opponendo alla guerra commerciale, temendo che porti al collasso di tutto il mercato, con danni fino a 175.000 posti di lavoro e 18 miliardi di euro in valore aggiunto, nell’arco dei prossimi tre anni, secondo le prime stime. «I dazi sui moduli fotovoltaici prodotti in Cina potrebbero essere condivisibili da un punto di vista ideologico. Ma contestiamo i tempi e le modalità con le quali la Commissione europea è intervenuta: un simile approccio avrà sicuramente ripercussioni negative sia sul mercato che sull’intera filiera» spiega Emilio Cremona, nuovo presidente del Gifi, l’associazione confindustriale del fotovoltaico. La decisione del commissario belga, infatti, è stata ferocemente avversata dal governo di Berlino, che sta allacciando legami commerciali sempre più stretti con la Cina. L’iniziale moderazione delle barriere imposte si spiega, a Bruxelles, proprio sulla base delle pressioni tedesche. Anche la ritorsione decisa da Pechino, che ha lanciato un’indagine sui vini d’importazione europea, potrebbe avere le stesse motivazioni. Il governo cinese ha giustificato la sua mossa con le proteste dei produttori locali, che attribuiscono i crescenti consumi interni di Bordeaux, Chianti e Champagne ai sussidi illegali europei. Ma il vino è anche il prodotto ideale per rispondere all’aggressione di Bruxelles senza danneggiare l’export tedesco.