Secondo EWEA (European Wind Energy Association), in base ai documenti previsionali dei 27 Stati Membri dell’UE, si può desumere che 21 di questi riusciranno a raggiungere o a superare il target loro assegnatogli dalla direttiva europea 20-20-20 sulle rinnovabili al 2020. Tra quei sei paesi che non ce la faranno c’è l’Italia (vedi schema degli obiettivi 2020 per i vari paesi UE). Nel complesso comunque l’UE riuscirà ad raggiungere il 20% da fonti pulite.
L’EWEA evidenzia che tra i 21 paesi in grado di riuscire ad impattare l’obiettivo, otto prevedono addirittura anche il suo superamento. Al contrario, sei paesi membri prevedono che non riusciranno a raggiungere l’obiettivo solamente attraverso un’azione interna, anche se nessun paese ritiene di essere a più dell’1% di distanza dal target. Ma forse per l’Italia non sarà così.
Tra i paesi che stimano un superamento del target c’è la Spagna che potrebbe raggiungere il 22,7% di rinnovabili sul consumo finale lordo di energia entro il 2020: quasi 3 punti percentuali sopra il suo obiettivo nazionale (20%). Anche la Germania punta a sorpassare l’obiettivo dello 0,7% (obiettivo 18%). Gli altri paesi virtuosi sono Estonia, Grecia, Irlanda, Polonia, Slovacchia e Svezia.
Tra i sei paesi che non prevedono di essere in grado di raggiungere senza importazioni il target nazionale, come detto, c’è il nostro paese, che è anche quello che potrebbe registrare il maggiore distacco dal target, da colmare con le importazioni di energia da rinnovabili proveniente da paesi non-UE, come Albania, Croazia, Serbia e Tunisia.
L’Italia per raggiungere il suo obiettivo europeo del 17% dovrà più che triplicare la produzione di energie rinnovabili che veranno consumate, passando da 7,1 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) del 2005 a circa 22,2 Mtep nel 2020, se consideriamo che a quella data i consumi si attesteranno intorno a 131 Mtep. E’ proprio da questo numero che dipenderà l’obiettivo finale della quota di rinnovabili, quindi grande importanza dovrà essere data alla politica energetica dal lato della domanda.
Secondo alcuni scenari il target nazionale del 17% potrebbe essere assolto con un 15,4% di produzione nazionale e un 1,6% di importazione (import di circa 2 Mtep di energia da rinnovabili, di cui 1,4 Mtep relativa a importazioni di elettricità).
Va tuttavia notato che in Italia c’è anche un notevole ritardo nell’uso termico delle fonti rinnovabili, tanto che uno studio dell’Enea ha ipotizzato che, con un coerente sistema che incentivi di più quelle che producono calore, come biomasse, solare termico e geotermia a bassa entalpia, si riuscirebbe a centrare l’obiettivo del 17% con investimenti più che dimezzati: 40 miliardi di euro anziché 88. Anche per il Kyoto Club il potenziale tecnico dell’energia termica da rinnovabili al 2020 è ampiamente non utilizzato: per l’associazione è di 13,4 milioni di tep, mentre è di 12 per il governo. Oggi è valutato a soli 2,42 Mtep.
Insomma il lavoro tecnico e politico da fare è molto, anche e soprattutto entro giugno, quando dovrà essere presentato il piano d’azione nazionale.
Tra gli altri paesi “fuori-target” ci sono Belgio, Lussemburgo, Malta, Bulgaria e Danimarca, anche se per questi ultimi due i recenti meccanismi di incentivazione messi in atto potrebbero far ottenere il risultato previsto dalla direttiva al 2020.