Secondo l’inventario Nazionale delle Foreste e del Carbonio e le immagini satellitari, la superficie forestale italiana continua ad aumentare e ha superato i 10,5 milioni di ettari. L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) evidenzia che «Dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi, le foreste sono pressoché raddoppiate. Ormai oltre un terzo (34,7%) della superficie nazionale è coperta da boschi, una percentuale paragonabile a quelle di altri Paesi del centro e nord Europa. Questa trasformazione è legata sia a interventi attivi di creazione di nuovi boschi (afforestazione e riforestazione), sia, soprattutto, a processi naturali di espansione del bosco su coltivi e pascoli abbandonati in zone di collina e montagna. Anche nel Lazio, il bosco è in lenta ma continua espansione e ha superato 600 mila ettari, una percentuale pari al 35,2 percento del territorio laziale, sopra la media nazionale».
Questi dati sono stati presentati oggi alla Conferenza nazionale “Quanta energia possiamo sottrarre dalle foreste senza ferirle? Il caso del Lazio”, organizzata dall’Ispra in collaborazione con la Regione Lazio, per presentare i risultati del progetto Ue Proforbiomed, finanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (Fesr) della Commissione Europea, all’interno del programma Med “Improving of the energy efficiency and promotion of renewable energy sources”, al quale Ispra partecipa come partner.
Proforbiomed vuole promuovere l’uso della biomassa come fonte rinnovabili di energia, attraverso lo sviluppo di una strategia integrata di uso sostenibile della biomassa forestale nell’area mediterranea. Elementi chiave di questa strategia sono il recupero e la valorizzazione del potenziale di biomassa forestale inutilizzato e il coinvolgimento degli attori in qualche modo coinvolti nell’intera filiera, che va dalla gestione forestale all’uso finale dell’energia. Nell’ambito del consorzio, a cui partecipano 18 istituzioni, l’Ispra svolge azioni riguardanti il monitoraggio degli impatti che l’utilizzo delle biomasse forestali e delle piantagioni legno-energia possono arrecare alle biocenosi naturali.
I ricercatori dell’Ispra sottolineano che «Le foreste sono alla base della ricchezza di biodiversità del nostro Paese (ricettacolo di quasi metà del numero di specie animali e vegetali dell’intera Ue) e da millenni questa ricchezza di geni, di specie e di habitat offre alle comunità che hanno abitato e abitano la penisola e le isole, una serie di beni e servizi, ora conosciuti con l’espressione “servizi ecosistemici”, che comprendono il contenimento dell’erosione, delle piene e delle frane, l’infiltrazione delle acque e la funzione di ritenzione, la regolazione del clima locale, la mitigazione dei cambiamenti climatici, ma anche la tutela di valori spirituali, storici, didattico-scientifici, ricreativi e turistici e, non ultimo, la fornitura di prodotti legnosi (per l’industria e per fini energetici) e non legnosi (funghi, frutti di bosco, resine, aromi e medicinali».
Dalla Conferenza romana è enerso anche un altro dato abbastanza sorprendentwe: l’Italia è il Paese Ue con il minor rapporto tra legna prelevata e legna prodotta. Uno studio dell’Ispra realizzato all’interno di Proforbiomed, stima che «Dalle foreste nazionali (dal taglio di legna dei boschi cedui, dalla raccolta dei residui della cura e dei tagli delle fustaie, dal taglio di legna e dai filari), si possono ottenere 3 milioni di tonnellate di petrolio (Tep) equivalenti l’anno, senza ferire le foreste e mantenendo le necessarie misura di salvaguardia e protezione della biodiversità. Questa quantità è pari all’1,6% circa dei consumi energetici nazionali (che nel 2012 si sono attestati intorno a 178 milioni di Tep equivalenti, in lieve calo rispetto al 2011 per effetto della crisi economica). Le foreste del Lazio possono produrre quasi 220 mila Tep, l’1,8% del consumo regionale di energia».
Secondo lo studio Ispra nel Lazio siano stati realizzati appena 80 ettari di piantagioni forestali di robinia, eucalipti e salici, con tagli periodici a turno breve (pochi anni), per produrre legna per energia e «In linea teorica, nel Lazio sarebbero potenzialmente disponibili circa 640 mila ettari di aree agricole e pascoli abbandonati e degradati utilizzabili per questo genere di piantagioni. Nell’ipotesi concreta, sostenibile dal punto di vista ambientale ed economico, di realizzare, 10 mila ettari di nuove colture forestali a ciclo breve, si potrebbero produrre 85 mila tonnellate di legna, in grado di alimentare 4 centrali da 1 megawatt».
Venendo ai dati nazionali dalla Cnferenza è emerso che «La legna di provenienza forestale rappresenta una quota significativa del totale della bioenergia. Per bioenergia si intende l’energia derivante da diverse forme di biomassa: legna prelevata dai boschi, residui delle potatura di frutteti e colture erbacee, residui dell’industria del legno e dell’agro-industria. La bioenergia in Italia contribuisce per 5,2 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti al consumo interno lordo, una quantità che corrisponde a poco meno del 3% del totale. La bioenergia rimane tuttora una delle principali forme di energia rinnovabile». Ma secondo l’Ispra «Le statistiche ufficiali sottostimano il contributo reale della bioenergia, perché ci sono molte tipologie di uso (dai consumi di legna da ardere nelle abitazioni agli impieghi di residui di lavorazione del legno nei processi industriali) di difficile registrazione statistica».
Lo studio Ispra suggerisce di «Perseguire lo sviluppo di filiere corte, integrate e su piccola scala, per la produzione e l’impiego di biomasse, poiché ciò potrebbe avere ricadute migliori sul piano della sostenibilità economica, ecologica e sul controllo sociale delle fonti energetiche e una riduzione dei costi ambientali legati al trasporto del combustibile biomassa legnosa».