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L’unica energia pulita è quella risparmiata

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Riccardo Basosi, Professore ordinario di Chimica fisica e docente di Energia sostenibile ed efficiente presso il Dipartimento Biotecnologie, chimica e farmacia dell’Università di Siena, risponde alle domande dell’Arpat

Fonte: Arpat

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Nell’ambito del percorso informativo che abbiamo intrapreso sul tema della geotermia, pubblicando nel mese di marzo 2018 una specifica scheda informativa ed un’intervista in merito all’impianto geotermico a ciclo binario progettato a Castelnuovo Val di Cecina (PI), abbiamo intervistato alcuni docenti delle tre Università toscane, che più volte nei loro studi si sono occupati del tema.

In questo numero risponde alle nostre domande Riccardo Basosi, Professore ordinario di Chimica fisica e docente di Energia sostenibile ed efficiente presso il Dipartimento Biotecnologie, chimica e farmacia dell’Università di Siena, che apre così la sua intervista: 

«Io penso e lo dico spesso nelle mie conferenze che l’unica energia pulita è quella che non si consuma, ovvero quella risparmiata. Quindi al primo posto in una strategia di sostenibilità c’è il recupero dell’efficienza energetica sia elettrica che termica. Per ciò che riguarda le fonti energetiche, tutte hanno un qualche impatto. Naturalmente hanno impatti diversi e in una scala di qualità le fonti fossili sono le peggiori.

Anche tra le rinnovabili è possibile definire una scala di qualità: per esempio, l’eolico ha talvolta impatti visivi che lo rendono inadatto a certe collocazioni; e lo stesso può valere per il solare fotovoltaico che eviterei di mettere sulla cupola del Duomo di Firenze. Per inciso, un sito eolico significativo a Firenze sta proprio fra il Duomo e il Battistero ed è il motivo per cui quelle alte funzioni religiose e civili sono lì collocate: fresco d’estate e caldo d’inverno, ma non ci metterei un aerogeneratore…

In generale, la valutazione su quale fonte energetica utilizzare, per tutte le fonti e anche per le rinnovabili, deve derivare da un’analisi costi/benefici e si deve puntare sulla minimizzazione dell’impatto, che non è mai nullo, sull’annullamento dei rischi sanitari e sull’ottimizzazione del processo energetico. Nel caso della geotermia mi pare evidente che si sia ancora lontani dall’aver ottenuto un risultato pienamente soddisfacente.

Per esempio, le potenzialità offerte dagli usi plurimi anche termici non mi pare che siano sfruttate in modo adeguato, con un’attenzione eccessiva al vettore più pregiato economicamente che è quello elettrico.

In buona sostanza, dopo oltre 40 anni di studio e di approfondimento sull’energia, non credo che esista una soluzione definitiva ai problemi energetici e penso che ogni fonte di energia, in particolare se rinnovabile, meriti di essere usata nel contesto storico-geografico che ne permetta il migliore sviluppo delle potenzialità».

La produzione di energia elettrica da fonti geotermiche in Italia è una peculiarità della Toscana. Alcuni mettono in dubbio che la geotermia sia effettivamente una fonte energetica rinnovabile, è così? In cosa è preferibile rispetto alle tradizionali fonti fossili?

«La storia della geotermia in Toscana è iniziata molto tempo fa, il 7 maggio 2018 si è tenuto infatti l’anniversario dei 200 anni del sito di Larderello e ad oggi gli impianti di Larderello sono tutti a regime e presentano anche la principale capacità produttiva della Toscana. Le riserve hanno conservato, in 200 anni di sfruttamento, le stesse potenzialità, nonostante l’attività sia stata portata avanti fin dall’inizio senza tenere assolutamente conto di aspetti come la rinnovabilità. È quindi fuori da ogni dubbio che la risorsa geotermica sia rinnovabile in tempi storici nella accezione corrente di una disponibilità temporalmente non limitata.

È necessario però non confondere la rinnovabilità con la "pulizia" di una fonte energetica: in Toscana, gli impianti attualmente presenti soddisfano il criterio della rinnovabilità, ma è noto che l’impatto delle centrali geotermiche tradizionali non è trascurabile e se non vengono adottati accorgimenti adeguati come la reiniezione dei fluidi incondensabili può in alcuni casi (geologicamente sfavoriti) risultare perfino paragonabile ad impianti alimentati a combustibili fossili.

Va detto però che la geotermia è naturalmente preferibile rispetto a questi ultimi in quanto non porta all’esaurimento delle risorse naturali.

Nell’ottica della sostenibilità ambientale c’è ancora molto lavoro da fare per minimizzare l’impatto dello sfruttamento di questa importante fonte energetica. A questo proposito aggiungerei tra i pregi della risorsa geotermica anche il fatto che, tra le rinnovabili, essa si distingue dalle altre per essere indipendente dalle condizioni metereologiche (la presenza del sole per il fotovoltaico o di vento per l’eolico); cioè si ha produzione (elettrica) in modo non discontinuo».

Gli impianti geotermici presenti in Toscana sono tutti del tipo “tradizionale”. In relazione alle caratteristiche del fluido geotermico presente, si sostiene da più parti che questa sia l’unica soluzione possibile, cosa ci può dire in proposito?

«Sicuramente la tecnologia "a flash" è stata l’unica tecnologia possibile per molti anni, ma oggi la situazione è diversa avendo a disposizione sul mercato molte soluzioni che consentirebbero di adottare pratiche tali da ridurre, anche drasticamente, gli impatti ambientali delle centrali.

Gli esempi nel mondo non mancano, sono infatti molti i paesi che hanno scelto di basare lo sviluppo del geotermico su impianti ad impatto quasi zero. Gli Stati Uniti stanno infatti sviluppando impianti geotermici ad impatto quasi-zero, così come Filippine ed Indonesia, ma anche la Turchia, che in questo momento sta trainando lo sviluppo di queste innovative tecnologie. Anche in Europa, per esempio in Germania, ci sono diversi impianti con caratteristiche interessanti per noi poiché progettate avendo come primo obiettivo la minimizzazione dell’impatto ambientale, non solo in termini di emissioni, ma anche visivo e/o acustico.

Insomma, gli esempi sono tanti e questo è il risultato del naturale corso della ricerca scientifica, che si adopera per il benessere e la sicurezza della comunità e proprio questo sviluppo tecnologico è mancato in Italia, tanto che questa nostra immobilità non sta passando inosservata nel panorama internazionale, considerando anche il peso che abbiamo avuto nella storia della geotermia.

Negli impianti geotermici esistenti è stato installato un sistema di abbattimento delle emissioni inquinanti, l’A.M.I.S.; le emissioni residue sono ancora da considerare significative?

I sistemi di abbattimento degli inquinanti hanno sicuramente contribuito a ridurre le emissioni delle centrali geotermiche, soprattutto nell’area amiatina, ma l’impatto delle centrali è un tema non trascurabile. Da un lato perché l’A.M.I.S. abbatte solo una quota anche se elevata, delle emissioni in atmosfera, inoltre, perché l’impatto è determinato anche da sostanze che non vengono trattate da questo sistema.

L’impiego dell’A.M.I.S. consente di ridurre le emissioni di mercurio ed acido solfidrico (ed ammoniaca nel caso di Bagnore 3 e Bagnore 4) ma altre emissioni restano presenti in quote significative. E tra queste, troviamo i gas climalteranti più significativi come anidride carbonica e metano, magari non pericolosi direttamente per la salute umana, ma che contribuiscono al riscaldamento globale e quindi in ultima analisi ai cambiamenti climatici».

È stato presentato un progetto per la realizzazione di un impianto geotermico con sistema binario a Castelnuovo Val di Cecina, pensa che sia una via praticabile?

«Durante la COP21 di Parigi del dicembre 2015 la totalità della comunità scientifica ha deciso di provare a limitare l’aumento di temperatura (al 2030) ben al disotto dei 2 gradi, ed il lavoro che in rappresentanza dell’Italia ho fatto a Bruxelles, sia in H2020 che nel SET Plan, è stato fortemente e giustamente influenzato da questa decisione. In questo ambito e per perseguire i fondamentali obbiettivi della Unione Europea tutte le fonti rinnovabili vanno sviluppate con le tecnologie più pulite possibili e, per la geotermia, le centrali geotermiche a ciclo binario e con re-iniezione totale dei fluidi sono le più adatte allo scopo. Comportano una diminuzione di rendimento termodinamico e maggiori costi (come è giusto per conseguire vantaggi ambientali) e anche una taglia più contenuta che rende più facile l’intervento di inserimento nell’ambiente.

Nonostante le difficoltà tecnico/economiche, la realizzazione di una centrale con queste caratteristiche rappresenterebbe un notevole passo in avanti e il confronto con il passato non può che giovare allo sviluppo della geotermia nel territorio.

Ritengo anche che un impegno più sistematico dell’ARPAT nel monitoraggio delle emissioni ex-ante ed ex post avrebbe un ruolo importante nell’attenuare l’allarme sociale e una ricerca volta ad analizzare tutti gli impatti della produzione di elettricità, con approccio LCA (dalla culla alla tomba), darebbe risultati comparabili con la generazione elettrica da fonte fossile oltre a consentire il confronto degli impatti generati dalla produzione di elettricità con le differenti tecnologie utilizzabili per le centrali geo-termoelettriche».

Nelle aree geotermiche si sono costituiti vari comitati di cittadini che contestano gli impianti esistenti e quelli possibili per il futuro, anche di tipo binario. Cosa ne pensa delle preoccupazioni che esprimono?

«In generale le preoccupazioni espresse da questi comitati hanno sicuramente un fondamento per la carenza di attenzione alle esigenze della collettività manifestata in passato dai produttori e una certa riluttanza della politica a rappresentare queste esigenze al di fuori di una logica di monetizzazione, comprensibile, ma un po’ perversa, almeno fino al 2007.

Anche grazie all’impegno delle Associazioni ambientaliste e dei Comitati, il profilo emissivo delle centrali attualmente in funzione in Toscana è migliorato. Ritengo però che si debba evitare di gettare via il bambino con l’acqua sporca e diffido da sempre della logica NIMBY. Per questo ritengo errato l’atteggiamento di chiusura indifferenziata verso soluzioni molto diversificate.

La geotermia, fatta bene, con l’impatto ambientale minimizzato come quella di un ciclo binario, può essere un formidabile elemento di sviluppo sostenibile per il territorio in cui si realizza, a condizione che i vantaggi che ne derivano ricadano prevalentemente in termini occupazionali e sociali sul territorio stesso.

Osteggiare lo sviluppo della geotermia innovativa, senza tenere in considerazione i vantaggi che ne potrebbero conseguire è controproducente. Nei nostri studi ho evidenziato come alcune centrali geotermiche Toscane dell’Amiata abbiano un impatto tutt’altro che trascurabile, ma ho anche suggerito che la scelta di soluzioni tecnologiche migliori disponibili sul mercato è obbligata per il futuro.

Questa affermazione, di valenza puramente scientifica e non orientata da interpretazioni politiche, mi consente di criticare tecnologie tradizionali che ritengo oggi ambientalmente inadeguate, anche se mantengono una loro giustificazione economico/finanziaria e di esprimermi a favore di soluzioni innovative».

In conclusione quale dovrebbe essere, dal suo punto di vista, il futuro per la geotermia in Toscana?

«Le potenzialità della geotermia in Europa e nel mondo sono molte, ma ancora largamente inespresse, non solo guardando alla generazione elettrica, ma anche all’utilizzo degli usi diretti del calore a cascata. Questo sviluppo, però, non può essere portato avanti senza considerare i problemi ambientali legati allo sfruttamento geotermico, non solo dal punto di vista dell’impatto ambientale, ma anche in considerazione dell’accettabilità sociale di questa tecnologia, fattore che riveste un’importanza sempre maggiore.

Come dicevo nella premessa, la minimizzazione dell’impatto, l’annullamento dei rischi sanitari e l’ottimizzazione del processo energetico devono essere condizioni irrinunciabili e preliminari a qualunque progetto di sviluppo. Questo deve nutrirsi di trasparenza e di un rapporto corretto con la realtà sociale.

L’Italia, e la Toscana in particolare, hanno aperto la strada alla geotermia due secoli fa e i passi avanti fatti sono notevoli, anche se non esenti da problemi; oggi gli impianti hanno un impatto inferiore al passato, ma credo che si debba continuare su questa strada potenziando da subito l’attenzione agli aspetti ambientali, perché il futuro di uno sviluppo sostenibile rende necessario l’apporto di tutte le risorse rinnovabili presenti nella biosfera per poter fare a meno del carbone, del petrolio e anche del Gas. Non c’è alternativa a cercare di rendere tutte le rinnovabili più fruibili e ambientalmente compatibili grazie agli avanzamenti della ricerca e della tecnologia».