Sarebbe di 450 megawatt il potenziale geotermico dell’Uganda, seriamente intenzionata a puntare sulle rinnovabili come fonti energetiche alternative o complementari. Come ha detto Godfrey Bahati, dirigente del dipartimento di indagine geologica e miniere, il Paese africano “ha un considerevole potenziale di energia rinnovabile da sfruttare attraverso progetti di geotermia, in particolare nelle regioni con attività vulcanica". Bahati ha spiegato che i più interessanti studi del settore sono concentrati su tre aree interessanti quali Katwe, Buranga e Kibiro, tutte situate nella cintura vulcanica nella Rift valley occidentale lungo il confine tra Uganda e Repubblica Democratica del Cong .
L’utilizzo attuale è principalmente per la produzione di sale a Katwe e Kibiro con acqua geotermica, utilizzata anche per scopi curativo-termali. “Una volta che il progetto sarà completato come da piano di sviluppo nazionale, si cercherà di integrarlo alla la rete nazionale di energia elettrica, alimentata da idroelettrico e da altre fonti energetiche", ha spiegato Bahati, aggiungendo che il calore geotermico può essere utilizzata per l’essiccazione dei prodotti agricoli e per l’estrazione di minerali da Katwe e Kibiro. L’Uganda sarebbe molto più avanti nell’utilizzo di energia geotermica rispetto al Kenya, pure molto impegnata e molto ricca a livello geotermico. Finora però il governo ugandese ha investito dal 1993 solo 2 milioni di dollari e ne servono ancora 35 per le attività esplorative. Ma pare che oltre l’impegno del governo locale a finanziare il programma di esplorazione geotermica, il progetto può beneficiare, come assicurazione per la perforazione, della Banca Mondiale e del fondo finanziario WB and KfW Risk Mitigation Fund (RMF) in parte legato alla African Rift Geothermal Development Facility, in parte legata al governo tedesco.