Il 2018 non è stato un buon anno sul fronte dei cambiamenti climatici. Secondo l’Emission gap report redatto sotto l’egida dell’Onu le emissioni di gas serra sono tornate ad aumentare a livello globale, e si tratta di un dato molto preoccupante per l’Italia: anche se i principali Tg nazionali non affrontano quasi mai il tema, già oggi infatti il nostro Paese sta subendo le conseguenze del clima che cambia in modo più pesante rispetto alla media globale, come mostra chiaramente il dossier Cronaca di un’emergenza annunciata pubblicato oggi da Legambiente con il supporto del Gruppo Unipol.
In Italia il clima è già cambiato: secondo i più recenti dati diffusi dall’Ispra il 2018 si avvia ormai ad entrare negli annali come l’anno più caldo per il nostro Paese da due secoli, così come già il 2017 si era chiuso come il più siccitoso a partire dal 1800. A livello globale i cambiamenti climatici hanno portato a un incremento degli eventi meteorologici estremi provocando danni per decine di miliardi di dollari, con la sola siccità in Europa ad aver causato perdite per 7,5 miliardi di dollari. E in Italia?
Nel solo 2018 Legambiente ha documentato 32 le vittime in 148 eventi meteorologici estremi che si sono succeduti lungo tutta la penisola; 66 sono i casi di allagamenti da piogge intense; 41 casi, invece, di danni da trombe d’aria, 23 di danni alle infrastrutture e 20 esondazioni fluviali.
«Il cambiamento climatico, l’evoluzione demografica e la polarizzazione sono i fenomeni più dirompenti per le assicurazioni di oggi e, ancor più, per il loro ruolo futuro nella società – conferma Marisa Parmigiani, responsabile Sostenibilità del Gruppo Unipol – I fenomeni catastrofali collegati al cambiamento del clima sono cresciuti significativamente».
Qualche esempio? Il 2018 si è aperto con la già citata siccità record registrata nel centro-sud, iniziata nell’autunno 2017; in Sicilia questa emergenza è andata avanti fino ai mesi invernali con Palermo che ancora a metà gennaio 2018. L’anno che si sta concludendo è stato segnato anche da un incremento del numero e dell’intensità delle trombe d’aria che si sono abbattute su tutto il territorio italiano. Oltre alle vittime segnalate a causa dei violenti venti, il 2018 verrà ricordato anche per le conseguenze drammatiche delle colate di acqua e fango che hanno causato decine di morti come ad Isola di Capo Rizzuto, a Dimaro (TN), in Calabria e ancora in Sicilia.
«L’adattamento al clima rappresenta la grande sfida del tempo in cui viviamo – commenta Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – Purtroppo dalla Cop24 appena conclusa a Katowice non è uscita quella chiara e forte risposta all’urgenza della crisi climatica che ci si aspettava dai Governi dopo il grido di allarme lanciato con l’ultimo rapporto del Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc). La nostra ricerca rende evidente la diffusione e la dimensione degli impatti dei fenomeni meteorologici estremi nel territorio italiano, resi ancor più drammatici dal dissesto idrogeologico, da scelte urbanistiche sbagliate e dall’abusivismo edilizio».
Tutto questo si colloca in uno scenario per cui la tendenza è quella di un costante peggioramento delle condizioni climatiche che rende oggi non più rinviabile intervenire anche sul fronte dell’adattamento ad un clima che cambia, con l’obiettivo di salvare le persone e ridurre l’impatto economico, ambientale e sociale dei danni provocati. Dai dati Legambiente emergono infatti 437 fenomeni meteorologici che dal 2010 hanno provocato danni nel territorio italiano (264 i comuni dove si sono registrati eventi con impatti rilevanti), che hanno causato 189 vittime, di cui solo 38 nel 2018.
«Il Paese ha bisogno di approvare un piano nazionale di adattamento al clima come hanno fatto gli altri Paesi europei – conclude Zanchini –, in modo da coordinare le politiche di riduzione del rischio sul territorio». Peccato che tutto questo – mentre l’indice che misura la transizione energetica del nostro Paese è in peggioramento da otto trimestri di fila – non sembri una priorità neanche per il “Governo del cambiamento”, che ancora non ha reso nota la bozza del Piano energia e clima che l’Europa attende entro il 31 dicembre. In compenso sia il Gestore dei servizi energetici (Gse) sia l’Enea hanno messo in guardia sullo sviluppo tremendamente lento e non in linea con gli obiettivi di lungo periodo che caratterizza ormai le energie rinnovabili italiane, ma anche su questo fronte il “cambiamento” tarda ad arrivare.