L’eolico americano sembra avere il vento in poppa, ma c’è rischio di bonaccia dal 2017 in poi. Lo afferma un rapporto sull’energia del vento in Usa (2014 Wind Technologies Market Report – pdf), i cui toni entusiasti sarebbero quasi sospetti se provenissero da una associazione di categoria, e non dal governo americano, e in particolare dai ricercatori del Lawrence Berkeley National Laboratory, su commissione del Department of Energy (Doe).
Il rapporto sintetizza quanto avvenuto nel 2014 nel campo dell’energia eolica americana e i numeri che presenta sono decisamente impressionati. Innanzitutto nel 2014, dopo un 2013 fiacco, sono stati installati quasi 5 GW di nuove turbine eoliche (siamo comunque lontani dal record di 12 GW del 2012), il 24% di tutta la nuova potenza elettrica del paese, per un investimento di 8,3 miliardi di dollari. Questo porta il totale installato Usa a fine 2014 a 65 GW (vedi grafico) sui 372 GW installati nel mondo, e la produzione di elettricità dal vento americana seconda dopo quella cinese.
Visti gli enormi consumi del paese, il vento fornisce però ancora solo il 5% dell’elettricità americana (più o meno come in Italia), una percentuale che impallidisce rispetto al quasi 40% di della Danimarca, o al 20-30% di Portogallo, Irlanda e Spagna. Nel grafico qui sotto il contributo in termini di potenza installata annuale delle diverse fonti energetiche elettriche. Si veda (linea blu) la rilevante quota percentuale per l’eolico.
Ma forse più importante dell’attuale penetrazione dell’energia eolica in Usa, è notare che questa fonte sta diventando addirittura la più economica del paese. Negli Usa l’energia prodotta dalle centrali eoliche è in genere venduta con contratti di lungo termine alle compagnie elettriche locali e, sempre più spesso, a grandi corporation (famoso il caso dei data center dei giganti del digitale, che acquistano energia eolica per essere 100% Green): ebbene, nel 2014 il prezzo medio di questi acquisti (basato però, come ammettono i ricercatori stessi, su un campione di contratti stipulati soprattutto nelle regioni dove l’energia eolica è più economica) è sceso ad appena 23,5 $/MWh, un vero e proprio crollo dal picco raggiunto nel 2009 con 70 $/MWh, che rende ormai il vento una delle fonti di elettricità più economiche negli Usa.
Le ragioni del calo di prezzo sono legate soprattutto alla discesa del costo dei grandi impianti eolici, in media 1710 $/kW tutto compreso, circa 600 dollari in meno del 2009, ma anche da una continua crescita del fattore di capacità, oggi arrivato in media al 33% delle 8760 ore annue (tocca il 41% nel Midwest), ottenuto con l’installazione di torri sempre più grandi, ormai la media del nuovo installato è 1,9 MW per turbina, con torri di 83 metri di altezza e 100 metri di diametro del rotore, che intercettano quindi venti più forti e costanti.
L’aumento di dimensioni ed efficienza delle turbina eoliche, secondo i ricercatori, permetterà di estendere l’area tradizionale dell’eolico al di fuori del Midwest, ventoso ma lontano dalle aree più densamente abitate. In particolare il Department of Energy vorrebbe vedere conquistato dal vento il sudest Usa, dove oggi solo il 2% dell’elettricità è da fonte eolica, e le aree costiere, cominciando ad installare offshore, anche di tipo galleggiante, visto che i fondali costieri americani sono spesso molto profondi. Calcolano i ricercatori che solo il vento lungo le coste statunitensi, potrebbe fornire un potenza pari a 4 volte quella di tutte le centrali elettriche del paese.
Ma nonostante aiuti specifici alla ricerca e sviluppo nei sistemi offshore, nessun impianto di questo tipo è stato installato nel 2014, anche se in questi mesi è partito un progetto davanti alle coste del Massachusetts, finora rimasto bloccato da dispute legali con i locali “Comitati del No”.
Insomma, a leggere questo rapporto sembrerebbe che la corsa dell’eolico negli Usa proceda sicura, ma in realtà c’è una grossa incognita nel futuro. Al momento il governo di Washington dà aiuti federali all’eolico sotto forma di crediti fiscali pari al 30% di rimborso sul costo totale dell’impianto, o, in alternativa, pari a 22 dollari per ogni megawattora prodotto nei primi 10 anni di vita. La concessione di questi aiuti, però, è cessata il 31 dicembre 2014 e ne usufruiranno con certezza solo gli impianti che entreranno in servizio entro il 2015 e quelli del 2016 che dimostreranno aver iniziato la costruzione nel 2014.
Quindi, dicono nel rapporto, se è possibile prevedere con quasi certezza che il boom dell’eolico continuerà anche nel 2015 (previsti ulteriori 8 GW) e nel 2016 (7 GW in più), dal 2017 in poi è terra incognita: in mancanza di incentivi, con una bassa crescita della domanda elettrica e con i prezzi bassi dei combustibili fossili, si potrebbe anche assistere a una brusca frenata dell’industria eolica statunitense. Una stima fa scendere a soli 2 GW il nuovo eolico nel 2017, seguito da una graduale risalita fino ai livelli del 2014 solo nel 2020.
Potrebbe quindi essere la fine degli aiuti, a spiegare l’attuale boom dell’eolico americano, con tutti i costruttori che si sono affrettati a finalizzare i progetti per rientrare negli incentivi, e questo potrebbe preludere a un crollo di nuove installazioni dal 2016 in poi, a meno che il governo federale non preveda nuove forme di appoggio a una industria che, oltre a far risparmiare centinaia di milioni di tonnellate di emissioni di CO2, dà anche lavoro a 73.000 persone e alimenta una importante industria nazionale (General Electric ha fornito il 60% delle turbine installate negli Usa nel 2014)
Ma anche senza nuovi incentivi ci sono comunque fattori che fanno ritenere che l’eolico americano continuerà ad espandersi a ritmi sostenuti. Innanzitutto il continuo calo del costo degli impianti sta rendendo competitiva l’energia eolica in molti casi anche senza aiuti, soprattutto quando questa va a rifornire non le reti in generale, ma i consumi di grosse corporation, che spesso sono anche disposte a pagare qualcosa di più, pur di “rinverdire” la propria immagine.
Secondariamente, grazie al potenziamento delle linee elettriche, all’esperienza accumulata e a nuove tecnologie, si stanno risolvendo i problemi di trasmissione e distribuzione dell’intermittente energia eolica, per esempio la perdita di energia per il distacco delle centrali a causa di sovraccarico delle linee è sceso dal 17% del 2009 allo 0,5% del 2014, il che ne farà ulteriormente scendere il prezzo.
Infine, nel quadro della nuova spinta dell’amministrazione Obama alle politiche per contenere emissioni e cambiamento climatico, l’Ente di protezione ambientale americana, Epa, nei prossimi anni comincerà ad applicare molto più stringenti limiti alle emissioni inquinanti e climalteranti delle centrali fossili, il che dovrebbe condurre alla messa fuori servizio di decine di vecchie centrali, soprattutto a carbone, aprendo nuove prospettive di mercato per le energie rinnovabili e per l’eolico in particolare.
Ci sono ancora speranze, quindi, che si concretizzi la prospettiva illustrata dal Doe in un altro rapporto, il Wind Vision del 2015, in cui si stima un 10% di elettricità Usa dal vento entro il 2020, un 20% nel 2030 e un 35% entro il 2050.