Quale ulteriore monito ci viene dalla tragedia della Sardegna? Che dobbiamo accelerare l’avvio di politiche, a tutti i livelli, su tre assi ben definiti.
La prima linea d’azione è lo stop all’uso dissennato del suolo nel nostro fragile territorio, che può equipararsi a una persona, già indebolita dalle malattie, che dovrà affrontare periodi in cui gli assalti all’organismo aumenteranno. Lo scorso 7 novembre la Conferenza delle Regioni ha esaminato il disegno di legge sul contenimento del consumo di suolo, approvato dal Consiglio dei Ministri in via preliminare nel giugno 2012. Ci sono state proposte emendative “irrinunciabili”: l’importante è che non ci siano indebolimenti sostanziali e che lo spirito di questo provvedimento diventi patrimonio culturale del paese e si trasformi rapidamente in uno strumento operativo. I tentativi di stravolgere il Piano Paesaggistico di Soru in Sardegna, proprio nelle settimane precedenti l’alluvione, rappresentano un pessimo segnale. Come pure le proposte di sanatorie che periodicamente rispuntano.
Il secondo asse riguarda le politiche di contenimento del rischio idrogeologico, di adattamento ai cambiamenti climatici. Si tratta di valorizzare competenze esistenti e di formarne di nuove. Occorre affrontare temi complessi, fortemente interdisciplinari, sui quali va maturato un know how che servirà sempre di più anche a livello internazionale. L’università dovrebbe preparare nuovi profili professionali, lo Stato dovrebbe rafforzare le strutture adibite alla prevenzione dei rischi. E naturalmente servono risorse, che sono sempre più efficaci nell’azione di rafforzamento dell’organismo che nell’intervento per sanare i danni. A Varsavia, in questi giorni, alla Cop 19 sui cambiamenti climatici si sta discutendo molto di “adattamento”, con la proposta di istituire un apposito fondo. Le sequenze che in poche settimane hanno colpito Filippine, Usa ed Europa sono un potente monito di un futuro sempre più pericoloso.
Il terzo asse dovrà infine riguardare la prosecuzione della decarbonizzazione delle economie. I cambiamenti climatici sono responsabili di quanto sta avvenendo e sui media, con poche eccezioni, se ne parla molto poco. La strada principale di intervento riguarda l’accelerazione delle politiche di efficienza energetica. Il nostro patrimonio edilizio è in larga parte da riqualificare. La Direttiva sull’efficienza energetica in via di recepimento comporterà un raddoppio degli interventi, con un beneficio netto per le tasche dei cittadini, con un vantaggio per le minori importazioni di gas del paese e con un impatto occupazionale elevato tenuto conto che molte tecnologie sono italiane. Quello che occorre è un’innovazione nei sistemi di finanziamento che allarghi le possibilità di intervento riducendo o annullando i costi iniziali a fronte dei risparmi sulle bollette degli anni successivi. Ci si sta lavorando.
La decarbonizzazione è in fase avanzata in Europa nel settore elettrico. Nel 2013 un kWh su tre consumato nel nostro paese è stato generato dalle rinnovabili (vedi gli ultimi dati Terna). E’ un processo inarrestabile, favorito dalla continua riduzione dei prezzi delle tecnologie verdi. Ma è un cambiamento che va governato perché implica una profonda trasformazione del sistema elettrico e l’avvio di nuove strategie da parte delle utility. Il clima di attacco alle rinnovabili di questi mesi è pericoloso. Occorre invece proseguire riducendo incentivi e procedure autorizzative. Oggi gli oneri procedurali per installare un impiantino fotovoltaico su una casa pesano per oltre il 20% del prezzo finale. Un’assurdità. Semplifichiamo, come si fa da tempo in Germania.
Poi ci sono le rinnovabili termiche che potranno avere una forte accelerazione nei prossimi anni, si affacciano promettenti il biometano (vedi decreto in arrivo) e il bioetanolo di seconda generazione. E qui arriviamo al comparto dei trasporti la cui irrazionalità, segnalata dal traffico delle nostre città, consente interventi molto interessanti sia dal punto di vista tecnologico che da quello del governo della mobilità. Un esempio fra tutti il successo che sta avendo il car sharing nel nostro paese, proprio in un momento in cui sta calando l’acquisto e il possesso di nuove auto.
Insomma, occorre che in Italia, a partire dalle sue classi dirigenti, si acceleri un cambio di mentalità che consenta ai affrontare congiuntamente la crisi economica e la crisi ambientale elaborando strade di uscita innovative.
Anche di questo si parlerà in un paio di importanti appuntamenti che si terranno a Roma la prossima settimana. Martedì 26 novembre il convegno “Risanare il passato e progettare il futuro” organizzato da FREE, il coordinamento che raggruppa oltre 20 Associazioni delle rinnovabili e dell’efficienza. Mercoledì 27 e giovedì 28 i riflettori saranno puntati sul VI Forum di QualEnergia – “La ricetta per (com)battere la crisi”.