Le norme per la crescita tornano ancora una volta nei cassetti. Il Ddl collegato alla stabilità con norme sullo sviluppo e nuove semplificazioni – atteso per oggi in consiglio dei ministri – slitta, a meno di sorprese dell’ultima ora, alla prossima settimana.
Il lungo pressing del ministero dello Sviluppo economico per introdurre l’atteso taglio da 2-3 miliardi degli oneri sulla bolletta elettrica per le imprese (ma anche per le famiglie) non ha portato frutti. L’Economia ha rinviato al mittente tutte le ipotesi di copertura trovate finora dal Mise e così ieri sera si è preferito rinviare tutto il Ddl di cui questo taglio al caro-energia – promesso da mesi dal ministro Zanonato – è uno dei pilastri. Le preoccupazioni del Mef sono legate soprattutto al fatto che il ricorso all’emissione di bond da parte del Gse (il gestore unico per i servizi energetici) per «spalmare» i costi legati agli incentivi per le rinnovabili – una delle strade suggerite che secondo il Mise ridurrebbe gli oneri del 15-20% – potrebbe rientrare nel computo del deficit. Da qui la decisione di approfondire il dossier con l’Europa.
Resta il fatto che ancora una volta il pacchetto di misure sulla crescita – su cui si lavora da subito dopo l’estate e che in una prima ipotesi doveva diventare un decreto (prima «Fare due» poi «Destinazione Italia») – viene stoppato, come mostra l’ordine del giorno della riunione di Palazzo Chigi di oggi dove compare solo il collegato ambientale (si veda articolo qui sotto).
La norma sul taglio bollette non è comunque l’unica sotto osservazione. Tra le misure più in bilico che potrebbero uscire dal testo finale c’è anche quella relativa alla portabilità dei conti correnti (si veda il Sole 24 Ore di ieri) che punta ad estendere l’applicabilità del diritto di recesso, senza spese aggiuntive per il cliente, anche ai conti per i quali è stato pattuito un termine a favore della banca creditrice.
Nel mirino ieri è finita anche la norma che prevede una razionalizzazione della rete carburanti (con taglio previsto di 5mila impianti). Critiche sono arrivate da Franco Ferrari Aggradi, presidente di Assopetroli e Assoenergia che ha parlato di norme «non opportunamente condivise con gli operatori e pertanto inaccettabili». Ma anche all’interno dello stesso Governo, dallo stesso sottosegretario allo Sviluppo economico Simona Vicari, che ha definito la misura come «scorretta» in quanto su questo dossier «è convocato un tavolo di lavoro».
Non ci dovrebbero essere invece sorprese su un altro dei pilastri del provvedimento: il credito d’imposta sulla ricerca pari al 50% delle spese incrementali sostenute dalle imprese rispetto all’anno precedente (con tetto massimo a 2,5 milioni e minimo a 50mila euro). La fruizione dell’agevolazione avverrà con piattaforma informatica per evitare graduatorie e code. L’effetto in termini di minore gettito è stimato nella relazione tecnica del Ddl in 187 milioni per il 2014, 134 nel 2015 e fino a 78 milioni per il 2016. Per il primo anno, il 60% del credito d’imposta complessivo dovrebbe andare alle Pmi. E, sempre per il 2014, si stimano investimenti in R&S aggiuntivi per 600 milioni. La copertura per la norma arriverà dai fondi Ue 2014-2020, un passaggio che al Mise si spera faccia da battistrada per finanziare altre misure in futuro.